Nuovo stop alla legge Gelmini. Dopo la frenata del Consiglio di stato al piano di attuazione dei concorsi, infatti, i giudici di Palazzo Spada bocciano un altro tassello cruciale della riforma universitaria (la legge n. 240/10).
Si tratta dello schema recante criteri generali per la disciplina del dottorato di ricerca inviato ai giudici di Palazzo spada per il consueto parere di legittimità solo pochi giorni prima delle dimissioni del precedente governo Berlusconi.
Due, in particolare, le obiezioni sollevate sul testo. La prima è relativa alla mancanza, nella documentazione presentata, della «relazione preliminare di analisi di impatto regolamentare» (Air) e della relazione «tecnico normativa» (Atn). Senza questa documentazione, rilevano i giudici di Palazzo Spada, non si può effettuare un compiuto esame dell’intervento regolatorio ed è per questo, infatti, che se ne «chiede l’invio».
Seconda e ancor più rilevante obiezione è connessa al fatto che, a parere del Consiglio di stato, il complesso delle previsioni contenute nel regolamento non si limita a definire «criteri generali e parametri per l’esercizio della potestà regolamentare da parte dei soggetti accreditati», ma estende l’area di intervento «alla introduzione di analitiche prescrizioni, riservate, in parte qua, quanto meno all’autonomia universitaria».
In sostanza lo schema in questione ha allargato il raggio di competenza quando, invece, la norma primaria (articolo 4 della legge n. 240/10) demandava a un successivo decreto ministeriale la disciplina delle modalità di accreditamento e delle condizioni di revoca delle qualificate istituzioni italiane e di formazione e ricerca, così come la definizione dei criteri e dei parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano l’istituzione dei corsi di dottorato.
Le future scuole di dottorato, infatti, per essere accreditate dovranno passare il vaglio dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Il Cds rileva, poi, che «analoghe perplessità» suscita la previsione che riguarda l’introduzione delle scuole di dottorato (contenuta nell’art. 7 dello schema di regolamento) giacché, di questa ipotesi ordinamentale, non vi è traccia nella norma primaria. Infine, per il Consiglio di stato, sono necessari ulteriori chiarimenti circa le modalità relative al contributo annuale al finanziamento dei dottorati attivati dalle università.
In conclusione, la sezione dei giudici suggerisce di «rimeditare» il testo alla luce delle considerazioni esposte con l’obiettivo di arrivare ad una maggiore coerenza con al norma originaria. Gli obiettivi principali con cui era stato costruito il regolamento erano principalmente due: da un lato quello di assicurare, che i corsi di dottorato siano legati a doppio nodo con il mondo del lavoro tanto che potranno essere attivati corsi in collaborazione con le imprese, dall’altro quello di garantire che siano spendibili e riconoscibili, anche solo nella loro denominazione, a livello internazionale e che siano accreditati e quindi certificati.
da Italia Oggi del 24 gennaio 2012