I tassisti hanno qualche buona ragione (una licenza pagata a caro prezzo), ma toni e modi della loro lotta sono molto controproducenti, specialmente agli occhi di chi ha memoria di altre lotte, e di ben altra compostezza. Non si tratta di fare l´elogio del Quarto Stato, di quell´incedere severo e compatto che discendeva dall´idea che il passo dei contadini e degli operai coincidesse con il passo della Storia. Sono cose passate, e quel magnifico e imponente corteo, per altro, è stato sconfitto e disperso. Si tratta, però, di giudicare un linguaggio, una cultura, una visione dello stare in società che paiono mutuati pari pari dalle curve di stadio, come se a competere sulla scena sociale non fossero più le classi, ma tribù ingaglioffite dall´astio e dalla paura. La fatica di chi lavora in mezzo al traffico per molte ore va rispettata, e non deve accadere che intere vite lavorative rischino la rottamazione. Ma se una lotta sindacale viene vissuta come un regolamento di conti da risolvere a urla e mazzate, diventa automaticamente impopolare. I tassisti con la testa sulle spalle spieghino ai loro colleghi ultras che in questi giorni noi clienti appiedati siamo molto contenti di prendere il tram.
da La Repubblica del 21 gennaio 2012