Sarà colpa della crisi, ma in Italia un congruo numero di commercianti, artigiani, e piccoli imprenditori guadagna meno di operai e impiegati. Almeno a dar retta ai modelli unici in possesso del fisco. La fotografia è scattata dal ministero dell’Economia attraverso la pubblicazione integrale dei contenuti delle dichiarazioni dei redditi che fanno riferimento agli studi di settore per l’anno 2009, l’ultimo di cui si hanno a disposizione dati completi. Un lungo elenco nel quale compaiono le categorie soggette a prossima liberalizzazione. Le stesse che, e questo è il dato singolare, dichiarano talvolta di incassare meno di addetti alle catene di montaggio o impiegati di livello più basso di enti pubblici o uffici privati. Certo la crisi ha inciso sugli affari di molti, ma non può non far riflettere che alcuni modelli unici riportano per queste categorie un reddito dichiarato inferiore ai mille euro al mese.
Alla fascia dei meno fortunati appartengono gli istituti di bellezza il cui reddito medio era tre anni fa di 5.300 euro. Non se la passano bene neanche tintorie e lavanderie con i loro 8.800 euro, che guardano con una punta di invidia i redditi da 11.900 euro di albergatori e affittacamere. Gli stessi dei giocattolai, che, vittime del rigore delle economie domestiche e del taglio sul budget destinato ai regali dei bambini, registrano giri di affari da 11.900 euro. Il 2009, a quanto pare, è stato anche l’anno buio degli autosaloni, i cui redditi hanno viaggiato a quota 12 mila euro, persino meno dei fiorai che hanno intascato 12.300 euro se proprietari di bancarella, e 300 euro di più se titolari di un negozio. A dar retta ai numeri snocciolati dal dipartimento delle Finanze, una bancarella di fiori e piante rende quanto l’attività di un orefice, che nonostante tratti in oro e preziosi riesce a intascare ogni mese solo qualche spicciolo in più dei canonici mille euro.
Va solo un po’ meglio agli stabilimenti balneari: chi ha in concessione un pezzo di spiaggia destinato a ospitare lettini e ombrelloni porta a casa in media 13.600 euro ogni anno. Poco sembrerebbe, ma a loro discapito, la categoria spiega di lavorare solo tre o quattro mesi all’anno. I tassisti, anima barricadera della protesta anti-liberalizzazioni contro il governo di salvezza nazionale, intascano in media 14.200 euro l’anno, duecento in meno del reddito di impresa o da lavoratore autonomo dei rivenditori di barche, più fortunati però a loro volta dei concessionari di auto, nonostante un giro d’affari inferiore. Crisi o no, gli italiani non rinunciano a cappuccino e cornetto, così i baristi nel 2009 sono riusciti a incassare 15.800 euro, mentre i peccati di gola hanno fruttato ai pasticcieri «ben» 19 mila euro, permettendogli di distinguersi tra i meno fortunati.
Un capitolo a parte lo meritano i professionisti per i quali i redditi d’impresa sono mediamente più alti: gli architetti toccano i 30.500 euro, gli avvocati i 58.200 euro, mentre gli studi medici possono contare su 68.300 euro all’anno. Almeno sino a quando terminerà l’era ante-liberalizzazioni.
La Stampa 17.01.12