attualità, politica italiana

"Il governo ascolti l'antitrust guai se fa di meno", di Antonio Lirosi

Sarà il Rapporto inviato al Parlamento dall’Antitrust la cartina di tornasole per misurare la determinazione e il coraggio del governo Monti nel resistere a chi vuole frenare le liberalizzazioni. Stiamo parlando delle pressioni che poteri economici e corporazioni stanno esercitando in questi giorni per eliminare il rischio che la possibile traduzione in legge delle indicazioni del Garante possa arrecare problemi agli interessi che essi rappresentano.
Lo stesso governo, caricando sul decreto una aspettativa eccessiva circa la sua portata, si è assunto il grande rischio di poter deludere le attese dell’opinione pubblica e dei mercati qualora il provvedimento che sarà varato risultasse circoscritto a pochi interventi, a misure di dubbia o differita efficacia, o escludesse qualche settore. Ma più si susseguono gli incontri (ufficiali e non), più si ascoltano le dichiarazioni dei ministri e del sottosegretario Catricalà (come quelle dell’altro ieri nel salotto tv di Vespa) e più si ha l’impressione che il numero delle disposizioni
della bozza di decreto si va assottigliando.
Si vocifera, per esempio, che sulla liberalizzazione della vendita dei medicinali di fascia C, sulla separazione proprietaria della rete di trasporto del gas e sul controllo
del settore autostradale da parte dell’Autorità indipendente le pressioni dei soggetti interessati avrebbero trovato accoglienza. Sulle liberalizzazioni sarebbe un secondo consecutivo e drammatico flop per il trio Monti-Catricalà-Passera. Se questo è il trend, un altro errore di metodo che potrebbe commettere il governo (dopo aver creato l’effetto annuncio, ancor prima di scrivere il provvedimento) è quello sui tempi della decisione: aspettare il 20 gennaio per l’adozione del decreto-legge potrebbe essere un tempo infinito per la tenuta di norme realmente incisive, specie se contrastate dalle lobby. E non solo. Eventuali passi indietro si valuteranno anche
sull’efficacia e la qualità delle misure che approderanno in Gazzetta ufficiale più che dai titoli con i quali verranno presentate le novità agli organi di
informazione. Per tamponare gli eventuali buchi si potrebbe cadere nella tentazione di voler far passare per nuove misure di liberalizzazioni previste da leggi vigenti: sulla libertà tariffaria nel campo delle professioni, sulla facoltà dei commercianti di praticare sconti o sulla vendita di prodotti diversi dai carburanti nelle stazioni di
rifornimento, eventuali norme sarebbero di precisazione applicativa perché le vere innovazioni sono state già decise dal legislatore. Sulle riforme avviate ci si aspetta invece l’impegno dei singoli ministri a seguire da vicino la fase attuativa adottando al più presto i regolamenti che mancano. In definitiva ci sarebbe bisogno, più che mai, di una nuova ed efficace lenzuolata di liberalizzazioni e di semplificazioni burocratiche per migliorare le condizioni di acquisto di beni e servizi da parte delle famiglie, per stimolare investimenti e occupazione, per favorire l’esercizio di professioni e imprese da parte dei giovani, per invertire la tendenza sul clima di fiducia e di aspettative di consumatori e imprese, che costituisce una precondizione
necessaria per la ripresa economica. L’ampio ventaglio di proposte indicate dall’Autorità garante il 5 gennaio offre elementi di grande utilità per rimuovere
molti ostacoli allo sviluppo di mercati maggiormente concorrenziali in tanti ambiti e
non contro qualcuno. C’è una quasi totale assonanza tra gli interventi richiesti dall’Autorità e il pacchetto di liberalizzazioni proposto invano dal Pd per tutto il
2011, anche sotto forma di emendamenti durante l’esame delle pesanti manovre di finanza pubblica.
Si ricorda che lo scorso marzo Bersani propose formalmente a Tremonti un’intesa bipartisan sul Programma nazionale per le riforme. Banche, assicurazioni, energia, trasporti, professioni, farmaci e carburanti sono i settori prioritari di intervento che il Pd un anno fa aveva inserito nel suo Programma alternativo a quello – inconsistente sul piano della crescita economica – che il governo Berlusconi poi presentò a Bruxelles. Da Monti ci si aspetta di recuperare il tempo perduto e di andare oltre con coraggio, adottando subito un provvedimento a largo spettro e con un contenuto che
corrisponda agli impegni assunti con l’opinione pubblica e di fronte al Parlamento con le dichiarazioni programmatiche e al momento del voto finale sul decreto Salva-Italia.

L’Unità 11.01.12