Qualunque sia la decisione della Corte costituzionale, l´eliminazione del porcellum costituisce solo un tassello di una più complessiva trasformazione del sistema politico dopo la fine della lunga stagione iniziata nel 1994. Molte cose, infatti, sono cambiate rispetto a diciotto anni fa, anche se il panorama politico era multipartitico e tale è rimasto. Del resto, dalla fine del fascismo a oggi, i partiti in Italia sono sempre stati molti. Diverso, invece, è il discorso sui “poli” principali del sistema politico. Per la prima fase repubblicana, si è parlato di multipartitismo polarizzato, perché all´interno di un panorama multipartitico due formazioni egemonizzavano rispettivamente maggioranza e opposizione: la Dc e il Pci. Altri hanno parlato invece di bipartitismo imperfetto, perché uno dei due soggetti principali, il Pci, non aveva alcuna possibilità di andare al governo. La seconda fase della storia repubblicana, invece, è nata con la speranza di sbloccare questa situazione e di creare un sistema veramente bipolare. Ma l´esperienza degli ultimi diciotto anni ha dimostrato che il bipolarismo elettorale non si trasforma automaticamente in bipolarismo politico.
Per diverso tempo, infatti, mentre sulla destra formazioni politiche diverse costituivano un polo effettivamente unificato dalla leadership berlusconiana, sulla sinistra prevaleva la frammentazione. Si potrebbe parlare, in questo senso, di bipolarismo asimmetrico. Dopo la nascita del Partito democratico nel 2007, invece, è partito – in entrambi gli schieramenti – il tentativo di trasformare il bipolarismo elettorale in bipartitismo o, almeno, in effettivo bipolarismo politico. Ma il tentativo è fallito. E i contraccolpi sono stati così forti da travolgere i suoi protagonisti: il progressivo sfarinamento della maggioranza berlusconiana è stato innestato dalle reazioni alla “rivoluzione del predellino” e alla formazione del Pdl. Siamo così giunti all´oggi. Il panorama politico si presenta ancora una volta multipartitico, non è qui la novità. Più difficile appare, invece, identificare i poli principali all´interno di tale panorama. Le tre forze politiche che sostengono il governo Monti dichiarano di rappresentare tre poli diversi e, sia alla loro destra sia alla loro sinistra, altre formazioni si muovono in modo autonomo. Almeno apparentemente, dunque, la questione non è ristretta solo all´esistenza o alla consistenza di un Terzo Polo: la politica italiana sembra oggi segnata non solo dal multipartititismo ma anche dal multipolarismo.
Un sistema politico, però, non è fatto solo di partiti e di poli, ma anche di principi condivisi e di dinamiche profonde. Non si esaurisce in uno scambio tra domanda e offerta, tra le scelte degli elettori e le proposte dei partiti. Ha bisogno anche di fondamenta solide e di un centro di gravità. Nella fase iniziale della storia repubblicana, il sistema politico ha trovato il suo centro sistemico nell´accordo tra i sei partiti del Cln, cementato dalla scelta antifascista. Successivamente, invece, la questione comunista ha ristretto questo spazio a un solo partito e ai suoi alleati: la Dc non è stata solo al centro dello scenario politico ma è diventata anche il centro del sistema politico. Nel 1994, in assenza di un nuovo accordo generale tra i partiti che prendesse il posto di quello antifascista e dopo la scomparsa della Dc, Berlusconi è diventato, a suo modo, il centro del sistema, in grado di controllare la maggioranza e di condizionare l´opposizione. Ora questo ruolo è finito ma, fortunatamente, il sistema politico italiano non è entrato nel caos, non perché la democrazia sia sospesa ma perché Giorgio Napolitano ha interpretato efficacemente il comune sentire della comunità nazionale e svolto egregiamente il ruolo di baricentro istituzionale. Qualcuno vorrebbe introdurre l´elezione diretta del Presidenza della Repubblica e trasformare il baricentro istituzionale in centro politico, ma proprio l´azione svolta da Napolitano mostra quanto sia importante il suo ruolo istituzionale super partes. Poco praticabile, d´altra parte, appare l´ipotesi che il centro del sistema torni a collocarsi in una specifica forza politica, come la Dc, o, peggio, in una singola persona, come Berlusconi. Sembra, invece, possibile dar vita, come all´inizio della storia repubblicana, ad un “accordo tra i partiti” basato su fondamenta ampiamente condivise – a partire da una solida prospettiva europea – e in grado di garantire la stabilità al di là dei cambiamenti della maggioranza di governo. Si favorirebbe, in questo modo, anche in Italia un normale avvicendamento delle forze che guidano il Paese.
La Repubblica 11.01.12