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"Vita da supplente", di Giovanni Belfiori

Storie normali di un paese anormale: la prof che pianta la tenda nel giardino della scuola perché non ha più i soldi per la benzina, la precaria che attende invano lo stipendio e intanto forma docenti di ruolo, l’assessore che paga le supplernze rischiando di violare la legge. Tempi duri per i supplenti. A Oristano, così riporta il quotidiano La Nuova Sardegna, Maddalena Calvisi,40 anni, docente precaria dal 2002, due figli, ha deciso, suo malgrado, di diventare un’insegnante a ‘chilometri zero’: ha montato una tenda da campeggio nel giardino della scuola e si è sistemata lì dentro. La scuola, infatti, non le paga più le supplenze e lei aveva due possibilità: rinunciare all’incarico o tagliare le spese di trasporto. Nel contratto che ha firmato c’era scritto che sarebbe stata pagata solo quando la scuola avesse avuto dal ministero dell’Istruzione i fondi necessari per la liquidazione degli stipendi, quei fondi non sono arrivati e lei non è stata pagata. “Non è solo una questione economica – ha commentato l’insegnante – ma anche l’inizio di una battaglia personale per diventare cittadina di uno stato civile che si basa sul lavoro e interrompere lo stato di sudditanza a cui ci stiamo tutti dolorosamente abituando”.

Sempre in tema di precariato scolastico, un blog di Orizzonte Scuola ospita la lettera aperta di una docente che è sì precaria ma da due anni insegna a docenti di ruolo l’uso delle Lim e della tecnologia didattica. “Ho vinto un concorso nel 2000 –scrive Alessia- a distanza di 12 anni attendo ancora che arrivino al mio numero (perché siamo solo numeri)”. Anche lei ha problemi a essere pagata, e infatti racconta: “Questa mattina ho telefonato alla segreteria della scuola dove ho insegnato per alcuni giorni chiedendo (per la seconda volta) come mai ancora dopo 2 mesi non abbia ricevuto il pagamento! In segreteria mi hanno risposto che non è colpa loro, che il ministero non manda i soldi e la cosa che mi ha fatto andare in bestia è stato sentirmi dire” Vabbè… tanto sono soldi conservati! Prima o poi le arriveranno! Noi i soldi per pagare non li abbiamo e poi è stata lei a scegliere questa scuola quindi perché si lamenta?”. Non solo non pagata ma anche umiliata!”.

Anche a Bologna, nel settore delle scuole dell’infanzia comunali, la situazione è precaria, come segnala il sito di L’informazione.com, e non è un bel segnale se si pensa che il capoluogo emiliano romagnolo è da sempre all’avanguardia nei servizi educativi. L’assessore alla Scuola Marilena Pillati continuerà ad affidare supplenze e sostituzioni, pur rischiando di incorrere nelle sanzioni di legge; l’alternativa, ha spiegato l’amministratrice bolognese, sarebbe quella di chiudere il servizio. Il problema riguarda i vincoli cui sono costretti anche i comuni più virtuosi: la spesa del personale non può superare il 50% della spesa corrente e i posti vacanti possono essere sostituiti con contratti a tempo determinato solo nella misura del 20%. Con un paradosso in più: “La scuola statale – ha sottolineato la Pillati – è esonerata da questi vincoli, ma non lo è quella comunale che, però, supplisce proprio alle mancanze della prima”.

da www.partitodemocratico.it