Adesso bisogna stringere con le decisioni, perché non è che i mercati abbiano bisogno di cavare informazioni dalla libera stampa, visto che sanno già tutto e speculano sui nostri tentennamenti e sulle nostre divisioni. Bisogna dare un segnale inequivocabile adesso: l’Euro costi quel che costi lo si difende assieme». Unico leader di partito presente alle celebrazioni del 215 ̊ anniversario del Tricolore, Pier Luigi Bersani, lascia il Valli dopo aver ascoltato il presidente del Consiglio pronunciare parole «di verità» sulla realtà dell’emergenza economico-finanziaria che investe l’Italia, e l’Europa.
Frasi che capovolgono il “tutto va bene” distribuito a piene mani in questi anni. Dietro le transenne c’è la gente che applaude il nuovo premier e ci sono indignados, leghisti e militanti di Rifondazione che lo contestano chiedendo elezioni. «Vedo la Lega laggiù commenta Bersani Ecco fin quando si tratta di indignati o di Rifondazione nulla da dire. Ma la Lega no. Ha governato otto degli ultimi dieci anni, ci ha parcheggiati davanti a un baratro e adesso tutto può fare tranne che contestare». È preoccupato il segretario del Pd. La moneta unica è sotto attacco, mentre l’Europa non stringe, stenta a decidere. «La mia idea è che, come riflesso alla globalizzazione, sia venuto fuori purtroppo un punto di vista ideologico di ripiegamento che è più duro della pietra, un meccanismo difensivo dal quale non si vuol venire fuori. Vedi le cose che dovresti fare ma non le fai, e questo è veramente assurdo. Uno può dire normalmente che se tutti sono d’accordo quella certa cosa si farà. Ma il dramma, qui, è che non è detto che a prevalere sia la ragione…».
Non è vero che le ideologie sono finite, ripete Bersani, «ne sopravvive una profondissima che produce nel cuore dell’Europa, e anche da noi, un meccanismo di chiusura che fa pascolare gli egoismi». Soprattutto in Germania. E i mercati giocano sull’indecisione, sugli irrigidimenti e sui ripiegamenti nazionali. Bersani ha visto Mario Monti, un incontro riservato seppure breve. Per il presidente del Consiglio l’Italia ha fatto la sua parte, e «adesso tocca all’Europa». Ma da Prodi, a Bersani, a Castagnetti, tra gli esponenti politici del centrosinistra presenti a Reggio Emilia si respira un clima sospeso, d’attesa disincantata. «Con Sarkozy è andata bene commenta Bersani, alludendo al vertice dell’Eliseo Anche la Francia comincia ad essere preoccupata perché qui siamo veramente agli Orazi e Curiazi. Il fatto è che se non c’è la difesa comune dell’euro ci sarà sempre, per definizione, un Paese che è più sull’argine. Ed è matematico che man mano che ne fanno fuori uno ce ne sia un altro che rischia di precipitare. Dopo di che quella nazione che pensa di farcela da sola ha già avuto una riduzione degli ordinativi industriali di 4 punti…». Di questo passo, quindi, rischia perfino la Germania. Si dia qualche regolata,
allora, in modo tale che, «quando si arriva ai vertici, si arrivi a qualche decisione».
Trilaterale Monti, Merkel, Sarkozy; Eurogruppo; Consiglio europeo. Di qui alla fine di gennaio sono molte le occasioni per “stringere”. E Berlino «deve mollare, deve dare una mano a fare girare un po’ d’economia se non vuole che vada sotto anche lei». E deve sconfiggere quel pregiudizio che circola nella sua opinione pubblica. «Loro che con l’euro altroché se ci hanno guadagnato sono convinti invece che ci hanno rimesso», commenta Bersani.
Si passeggia sotto i portici del Teatro, il leader Pd stringe molte mani, saluta, riconosce, parla in dialetto emiliano. Ascolta un “compagno”, costretto su una carrozzella da un handicap, che si sfoga contro la manovra. «Conosco bene la vostra situazione», dice il segretario del Pd. Poi ricorda «quel passaggio del discorso del presidente del Consiglio sull’ equità particolarmente azzeccato. Perché qui non si tratta di fare Robespierre, ma di arrivare a un tasso di fedeltà fiscale comparabile con quello di altri Paesi europei. E se il governo ha iniziato ad agire, secondo noi c’è anche altro che si può ancora fare. Per questo abbiamo avanzato proposte e continueremo a non mollare».
Ma è l’Europa il cruccio, il nodo da sciogliere per ripartire. «Il presidente del Consiglio mi sembra impegnatissimo sul fronte europeo ma ognuno deve lavorare dal suo lato.
Noi lo facciamo da quello dei progressisti europei. Una piattaforma, in ogni caso, si sta determinando. Anzi già c’è. Tra gli economisti e in tanti governi avanza l’idea che bisogna imboccare una direzione precisa per non sbattere contro il muro». Sul trattato salva-euro, ad esempio, «la situazione è in evoluzione, stanno girando le carte, si lavorerà perché ci siano delle correzioni. Il Parlamento europeo, tra l’altro, sta assumendo una posizione unitaria, più aperta. I margini ci sono per migliorare l’intesa intergovernativa». Ma da solo, secondo Bersani, quel terreno non basterà a placare la speculazione. «Sto dicendo che ci vuole anche dell’altro, qualche novità ancora…». Quale? «Quella di dare più risorse al fondo salva Stati snellendone le istituzioni. Nel frattempo, però, perché l’emergenza va affrontata subito, andrà dato qualche mandato in più alla Bce e si dovrà sbloccare la prospettiva degli Eurobond. Certo, tutto questo va accompagnato da regole di disciplina sui bilanci, e nessuno nega questa esigenza. Ma bisogna dare l’idea che si va verso una certa prospettiva comune per stoppare il mercato che vuol distruggere l’euro. E mettiamoci sopra tutti i soldi che servono per salvarlo. Tanto, secondo me, se si seguisse questa strada, non ci sarebbe nemmeno bisogno di usarli alla fine..».
Tutto questo, ormai, «è parte integrante della piattaforma dei progressisti sulla base della quale faremo a marzo un’iniziativa in Francia per sostenere Hollande. Ci saremo tutti annuncia Bersani e rilanceremo anche l’idea di un maggiore coordinamento delle iniziative economiche». Per il segretario Pd «serve la politica». Un’iniziativa coordinata dei progressisti europei, quindi. Perché «un conto è se si alza un partito in Germania o in Italia e dice: basta ragazzi, se ognuno va per i fatti suoi tutti poi andiamo alla rovina, altra cosa è se l’Spd in Germania, il Pse in Francia, il Pd in Italia sviluppano insieme tra le opinioni pubbliche battaglie ideali, culturali e politiche». Troppo tardi? «Speriamo di no risponde Bersani con un sospiro Certo, se tre anni fa si fosse spento sul nascere l’incendio che poi è divampato in Grecia, tutto ci sarebbe costato meno. Guarda un po’, invece, dove siamo arrivati oggi per colpa delle ideologie».
L’Unità 08.01.12