attualità, economia, politica italiana

Monti ribalta Silvio: «Rubano evasori, non lo Stato»

Andare alla ricerca della prima dichiarazione di Silvio Berlusconi con la promessa di «non mettere le tasche degli italiani», o l’accusa al centrosinistra di aver fatto proprio questo, forse non è neanche molto utile, tanto è notorio lo slogan del cavaliere. Più interessante, per contestualizzare la frase sfoderata oggi da Mario Monti, è ricordare l’occasione in cui il leader Pdl ammise invece di essere venuto meno al proprio credo, con tanto di confessione «il nostro cuore gronda sangue quando pensiamo che uno dei vanti del nostro governo era non aver mai messo le mani nelle tasche degli italiani, mi cito tra virgolette».

Era il 14 agosto dello scorso anno, quando la manovra di Ferragosto veniva illustrata dall’allora presidente del Consiglio in sala stampa a Palazzo Chigi. Una di quelle manovre correttive ricordate, peraltro, dal Professore nel corso della conferenza stampa di fine anno, per osservare che nella medesima occasione del 2010 Berlusconi assicurò che non sarebbero servite: «Le cose sono andate diversamente, sono state necessarie cinque manovre e soltanto l’ultima porta la mia firma», annotò Monti nel dicembre scorso dalla Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio.

Cambiano le sale stampa e le strategie di contrasto all’evasione fiscale. Ora, dopo le polemiche al calor bianco sull’operazione-Cortina e il fuoco incrociato su Equitalia, arriva lo stop del Professore e la difesa dell’azione delle Fiamme Gialle. Con una scelta mediatica, mai casuale quando il Professore decide di affondare il colpo, che ribalta proprio uno degli slogan storici del berlusconismo. Le mani in tasca? Non sono quelle dello Stato, ma quelle degli evasori. E teniamole tutti a posto, è il consiglio finale di Monti.

«Agli uomini e alle donne della guardia di finanza e della Agenzia delle entrate che con impegno e rischio personale provvedono a che l’evasione sia combattuta voglio dire il mio grazie e assicurare il mio appoggio» – ha detto Monti. «Abbiamo avviato con i ministri della Giustizia e della Funzione pubblica una riflessione su come dare una accelerazione potente alla lotta contro la corruzione che divora risorse, discredita istituzioni e frena investimenti esteri in Italia. Su questi punti il governo opererà con provvedimenti legislativi e amministrativi. E’ inammissibile che lavoratori debbano subire sacrifici pesanti, mentre una porzione della popolazione sfugge a ogni tassazione accrescendo l’imposizione tributaria su chi non può sottrarsi al fisco». L’endorsement all’operato degli ispettori anti-evasione è uno dei punti salienti del discorso pronunciato stamattina a Reggio Emilia dal premier Mario Monti, in occasione della Festa del tricolore. Monti ha poi parlato a lungo della situazione in Italia e in Europa, ad applaudirlo anche l’ex premier, già presidente della Commissione europea, Romano Prodi.

«Abbiamo visto milioni di tricolori appesi alle case degli italiani. Cosa hanno voluto dirci gli italiani? È una domanda che i cittadini ci hanno posto. È un gesto che ci invita nei nostri comportamenti a cercare di essere sempre all’altezza del tricolore. Ci chiedono di spiegare la crisi e di capire in che direzione sacrifici porteranno la nostra nazione – ha detto il premier. «Nessuno può immaginare un’Europa che rinunci a crescere e nessun Paese europeo da solo è tanto forte da poter affrontare le economie globali. Vogliamo un’Europa coi conti in ordine, anche con meccanismi severi, sono nel nostro interesse. Quanto danno l’Italia ha fatto ai propri figli, che oggi non trovano lavoro, dicendo sì a ogni istanza sociale, senza riguardo al fatto che dire dei no comporta costi politici nel presente, dire dei sì comporta costi per il futuro per quelli che non sono ancora nati», ha poi chiosato Monti. «L’Italia ha dato contributo decisivo a stabilità finanziaria in area euro con una azione coraggiosa, come ricordato ieri da Sarkozy, con una manovra approvata in via definitiva il 23 dicembre in tempi eccezionalmente brevi, che testimoniano al capacità dei politici e del Parlamento di dare il meglio di sé nell’interesse del Paese. L’Italia sta facendo la sua parte. Ora la facciano anche gli altri Paesi dell’Unione europea. Al premier francese Fillon che mi ha chiesto a che punto era la riforma previdenziale, se era applicata, ho rispoto “sì, è adottata dal primo gennaio”. Fillon allora mi ha detto “lo riferirò al presidente Sarkozy”», ha detto il premier, spiegando che Sarkozy credeva che il provvedimento fosse ancora allo stato di proposta.

Non poteva mancare una sferzata “da professore” alla popolazione e ai giovani: «Il 54% della popolazione ha un titolo di diploma nel nostro Paese, contro una media Ocse del 73%. È troppo poco. Dobbiamo studiare di più. Se Italia cresce meno di altri Paesi europei dobbiamo migliorare nostro capitale umano», ha detto il premier. Per poi spiegare la situazione italiana: «L’Italia potrebbe dare ancora a lungo l’impressione di essere un Paese ricco anche se la sua crescita è la metà della media europea. Anche in buona fede ci si può confondere tra ricchezza percepita dalla comunità e la sua larga inadeguatezza sul versante produttivo. Troppo spesso a fronte di una montagna di debito pubblico ci sono stati atti del settore pubblico che non ci sono stati atti di investimento, ma di consumo. Se guardiamo dentro noi stessi sappiamo che ce la faremo. L’Italia – ha sottolineato il presidente del consiglio – ha sempre risposto nelle situazioni difficili. Servono sacrifici, li abbiamo chiesti a tutti, ma il governo seguirà come una stella polare la ricerca dell’equità e della giustizia sociale. L’enorme debito pubblico italiano potrebbe togliere il sonno a chi pro tempore deve governare – ha poi chiosato Monti – il governo crede che l’Italia di domani debba esser una grande economia industriale con imprese piu grandi, capitalizzate e internazionalizzzate. Il dialogo che avvieremo sul lavoro dovrà favorire investimenti e occupazione anche con azioni fiscali già avviate, come la detrazione dall’Irap della quota lavoro e il bonus fiscale per le assunzioni di giovani, in particolare al Sud. In Italia, anche in questo territorio emiliano, ci sono centinaia di multinazionali tascabili che miracolosamente reggono alla concorrenza sfrenata internazionale anche di chi sfrutta il dumping sociale».

Il premier ha riservato una parte del suo discorso anche alle parti sociali: «Ci sentiamo in dovere, con le scadenze di risanamento stringenti che abbiamo, di portare avanti il dialogo con forze sociali e produttive per stimolare la presa di coscienza comune e una visione comune su dove andrà l’Italia nel 2020. Che cosa vogliamo essere fra qualche anno? Negli ultimi anni tante energie sono state dedicate a lottare gli uni con gli altri e a pensare solo alla prossima scadenza elettorale o al voto di fiducia».

«Sono certo di una cosa: i nostri figli e nipoti il 7 gennaio del 2061 festeggeranno uniti il tricolore e confido che festeggeranno con il tricolore anche la bandiera dell’Europa unita. L’Italia ha bisogno dell’Europa e l’Europa dell’Italia. Per questo, per sentire sempre più nostro l’orgoglio del tricolore, la bandiera dell’Europa e l’Europa, opera silenziosamente e laboriosamente l’Italia e opera il nostro governo. Viva il tricolore, viva l’Italia, viva l’Europa», ha concluso il presidente del Consiglio.

da www.unita.it