Le lenzuolate di Monti sono di destra o di sinistra? Ne parliamo con l’ex mister prezzi. In vigore da appena cinque giorni, la deregulation su orari e apertura dei negozi non smette di alimentare polemiche al calor bianco. I commercianti – con la significativa eccezione dei grandi operatori – paventano la sostanziale soppressione dei piccoli e medi. Un agguerrito ed eterogeneo rassemblement di regioni (le rosse Toscana e Puglia, le verdi Piemonte e Veneto) annuncia ricorso alla Consulta per conflitto di competenze.
Per tutta risposta il Codacons fa sapere che denucerà all’Antitrust i governatori che lo faranno. La Cgil tuona: «I nuovi orari di negozi si concordano in regione e nelle città.
Non si decidono a Roma per decreto». Anche i governatori dem discutono. Burlando (Liguria) ritiene che il liberi tutti sia un’opportunità. Rossi (Toscana) che un minimo di regole «a tutela di consumatori, lavoratori e piccolo commercio» sia necessario.
Ma la liberalizzazione del commercio targata Monti porterà più benefici o più problemi? Ed era questo il momento giusto per farla, ammesso che per fare riforme di questo tipo esista un momento giusto? Europa ne ha parlato con Antonio Lirosi, responsabile consumatori e commercio de Pd, già garante per la sorveglianza dei prezzi nel Prodi 2, e uno dei principali collaboratori del Bersani “liberalizzatore” del ‘98 e del 2006. Spiega Lirosi che in realtà il grosso del cambiamento si è verificato a partire dal ‘98, quando Bersani lasciò agli operatori la possibilità di decidere quando aprire (incluso lo stop infrasettimanale), fatto salvo il tetto di 13 ore di apertura giornaliero: «Da allora a oggi il commercio è già cambiato molto, e in positivo, per consumatori e operatori». Le novità di Monti riguardano il superamento del tetto (ora, volendo, si può tenere la serranda alzata h24) e le aperture domenicali e nei festivi senza autorizzazioni di sorta. «Ma dove c’è l’esigenza è già così tant’é che in molte città, turistiche e non solo, la deroga è praticamente la regola: laddove sono state chieste autorizzazioni, sono sempre state concesse». Il punto, quindi, è ragionare con «buon senso», andando a vedere «quali saranno i cambiamenti effettivi», se ci sarà un ricorso smodato all’apertura domenicale o piccoli aggiustamenti, «e con quali convenienze reali». «E se si produrranno scompensi, intervenire per bilanciarli». Fra libertà totale ed eccesso di burocrazia – fra chi tira dritto e chi issa il vessillo della tutela a prescindere dei piccoli – terzium datur.
Fuori dalle ideologie. Osservando anche la congiuntura economica: «In una fase recessiva, l’impatto sulla crescita di una misura come questa rimane comunque da valutare». Non c’è dubbio, nota Lirosi, che «con Monti stiamo assistendo a una positiva ripresa delle liberalizzazioni per dare stimolo all’economia». Ma le prime uscite sono «deboli e timide. Si poteva essere più coraggiosi e farle tutte insieme», toccando tutti i settori in cui l’Antitrust dice che ci sono ostacoli da rimuovere.
Farmaci, professioni, trasporti.
«Aspettiamo un secondo pacchetto di liberalizzazioni che tocchino anche altri settori e che “scomodino” anche altre categorie». E per quanto riguarda il commercio, rimane centrale «salvaguardare il pluralismo distributivo, nell’interesse della concorrenza e del consumatore ». La garanzia dell’offerta, tanta e diversificata. Ma è necessario anche «rispettare il federalismo regionale, e tenere ferme quelle funzioni di programmazione e di impatto sulla comunità che è proprio degli enti locali». Per evitare casi come quello di Roma, quando l’apertura di un punto vendita “Trony” a Ponte Milvio bloccò una parte di città. Perché gli esercizi commerciali non sono una monade. Da questo punto di vista, la deregulation Monti ha archiviato troppo in fretta il ruolo di indirizzo e di coordinamento dei comuni.
da Europa Quotidiano 05.01.12