attualità, politica italiana

"Lotta alla Casta, non antipolitica", di Rudy Francesco Calvo

Il rapporto sul costo del parlamento aiuterà l’autoriforma? Ne parliamo col vicepresidente dei senatori pd. Chi si aspettava risultati clamorosi dall’indagine della commissione presieduta da Enrico Giovannini sui costi della politica è rimasto deluso. I parlamentari italiani guadagnano sì più dei loro colleghi europei, ma dal dettaglio delle voci esaminate emergono particolari che rendono difficile parlare di uno scandalo. Come precisa una nota pubblicata ieri dagli uffici della camera, «il costo complessivo sostenuto per i deputati italiani in carica è inferiore rispetto a quello sostenuto dalle assemblee dei paesi europei con il Pil più elevato ». E soprattutto, se si considera la cifra percepita al netto delle varie ritenute, «l’importo dell’indennità parlamentare, che è corrisposta per dodici mensilità, è pari mediamente a 5mila euro», ossia «inferiore a quello percepito dai componenti di altri parlamenti presi a riferimento».
Le cose da cambiare, certo, ci sono. E gli uffici di camera e senato sono già al lavoro per introdurre le prime novità già entro questo mese: il primo obiettivo è cambiare il regime di retribuzione dei collaboratori, che dovrebbe essere sottratto al controllo dei singoli parlamentari per passare sotto la responsabilità diretta di Montecitorio e palazzo Madama.
«Sarà il primo punto all’ordine del giorno della prossima riunione dell’ufficio di presidenza», spiegano alla camera.
La maggior parte dei parlamentari preferisce non intervenire sull’argomento. C’è imbarazzo a parlare dei propri stipendi, ma soprattutto c’è la consapevolezza della difficoltà di riuscire a distinguere la difesa della dignità delle istituzioni da quella, più spicciola, della propria busta paga. Ci prova con Europa il vicepresidente dei senatori dem, Luigi Zanda: «Viviamo una fase della storia in cui si avverte un declino dei principi democratici, compresa la continua mortificazione del parlamento e della sua funzione.
Per questo, sono colpito dalla sproporzione della campagna che si sta conducendo sui compensi dei parlamentari, rispetto al disinteresse per lo svilimento del parlamento».
Una preoccupazione condivisa anche da Pier Luigi Bersani, che si rivolge soprattutto ai media per evitare di «creare una situazione che approfondisce un distacco già pesantissimo tra il paese e la politica».
«L’antipolitica è giustificata, se si tiene conto degli insuccessi e delle pratiche vergognose di alcuni politici – prosegue Zanda – io stesso a volte mi vergogno a partecipare ad alcune sedute del senato. Ma non si può trasferire sulla democrazia il discredito che proviene dai comportamenti di alcuni parlamentari. Dobbiamo avere i nervi saldi nel difendere il parlamento». E gettare un occhio, come farà la commissione Giovannini nella seconda parte del proprio lavoro, sugli sprechi che provengono anche da altri enti e istituzioni, che in questi anni hanno moltiplicato sedi e personale. Il vicepresidente dei senatori del Pd, pur dicendosi «pronto ad accettare qualsiasi decisione sulla mia indennità», ricorda: «Prima di entrare a palazzo Madama ho avuto per molti anni retribuzioni molto più alte di quella attuale, nonostante ritenga il lavoro da parlamentare, se svolto con coscienza, più impegnativo di qualsiasi altra attività».
Per coniugare la riduzione dei costi con criteri di efficienza e di sostenibilità del lavoro parlamentare, è possibile intraprendere un’altra strada: «È da tre legislature che presento una proposta di riduzione del numero dei parlamentari – ricorda Zanda – non perché siano troppi in rapporto alla popolazione (dal ’48 a oggi sono rimasti invariati, mentre gli italiani sono passati da 46 a 60 milioni), ma perché lo sviluppo della legislazione europea e regionale ha oggettivamente modificato il carico di lavoro delle camere nazionali».

da Europa Quotidiano 04.01.12