Abbiamo sempre denunciato il fatto che il Patto di stabilità così com’è concepito è stupido, iniquo, e di certo non aiuta il Paese a ripartire. Anzi, il contrario: deprime gli investimenti, del 30% solo negli ultimi due anni, blocca persino i pagamenti alle imprese, che giustamente se ne lamentano».
Quindi l’Anci condivide la posizione del sindaco di Torino, Piero Fassino,che ha reso pubblico lo sforamento, rivendicandolo come mossa per “sostenere l’economia della città”?
«Nel merito non ho alcuna obiezione alle parole di Fassino. La sua è da sempre la posizione dell’Anci. È da quando il Patto è nato, con la manovra Tremonti del 2007-2008, che ne chiediamo la revisione, e questa volta Monti e il ministro Giarda si sono impegnati a farla nei primi mesi dell’anno. Comunque quella di Fassino è la presa d’atto di una situazione: nel 2011, dice, Torino ha sforato. Il che non mi stupisce: sono le città più grandi ad accusare le difficoltà maggiori».
Parla Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, l’Associazione dei comuni, dopo l’uscita di Fassino e una manovra che ha tagliato unaltro miliardo e mezzo di trasferimenti ai Comuni, cui si sommano i 2 miliardi e mezzo già svaniti con le operazioni Berlusconi-Tremonti.
Non teme che Torino farà da apripista per molti altri comuni nel 2012? Che posizione prenderà l’Anci?
«Nel 2012 mi aspetto una revisione vera del Patto: quindi il problema si dovrebbe risolvere alla radice. Del resto, se un sindaco responsabile com’è Fassino allarga le braccia per dire “non ce l’abbiamo fatta” non sta giocando: sta denunciando una difficoltà seria e grave, di cui l’Anci si è sempre fatta carico e che soffrono in molti. Anche se, pur non condividendolo, il 99 % dei comuni il Patto l’ha sempre rispettato».
Stavolta sembra fiducioso: le regole cambieranno a breve.
«Ho fiducia,ma la battaglia noi la portiamo avanti con convinzione, e giudicheremo dai fatti. Non correggere il Patto sarebbe assurdo, tanto più in questa congiuntura economica: quelli locali rappresentano il 50% del totale degli investimenti pubblici. Ne abbiamoparlato anche col ministro Passera (Sviluppo, ndr): l’Italia ha bisogno di ripartire, e allentare la morsa del Patto è uno dei modi per farlo. I suoi effetti distorsivi sono ormai evidenti, e del resto in Germania o in Francia i nostri omologhi non sono soggetti a vincoli di questo genere».
Che significa che il Patto deprime gli investimenti? In che modo?
«Di fatto accade che per poter pagare un’opera pubblica i comuni devono dimostrare di aver avuto un’entrata cash corrispondente. E poiché le entrate di parte corrente dei comuni in questi ultimi anni sono diminuite, per non sforare la conseguenza é il blocco degli investimenti. I comuni hanno in cassa qualcosa come 40 miliardi di euro da pagare alle imprese che hanno lavorato o stanno lavorando per loro, ma non possono farlo».
Le imprese ve ne sarebbero grate…
«Lo so bene. Come so che i mancati pagamenti innescano un circolo vizioso anch’esso nocivo per l’economia. Si tratta di residui passivi che abbiamo chiesto più volte all’allora ministro Tremonti di sbloccare, ma l’ha fatto solo il primo anno. Sono debiti già contratti per opere già cantierate, soldi dovuti insomma».
Esistono delle deroghe al Patto: parte degli investimenti per l’Expo 2015 di Milano, per esempio.
«Le deroghe sono poche e discutibili. Se é considerata strategica l’Expo, non capisco perchè non lo siano la messa in sicurezza delle scuole o le opere idrogeologiche».
La manovra Monti intanto vi ha “sfilato” un altro miliardo e mezzo.
«Accettiamo per senso di responsabilità. Ma rileviamo che persiste un vizio sostanziale: pensare che i comuni siano corresponsabili del disastro dei conti pubblici. In realtà è l’esatto contrario: il deficit dello Stato è determinato per il 98% dalla spesa centrale, e i comuni semmai contribuiscono in modo positivo, alleggerendo i conti».
Oltre alla revisione del Patto, che cosa chiedete al governo Monti?
«Chei comuni vengano coinvolti negli investimenti e siano lasciati più liberi di essere di stimolo al Paese. Che superi la logica dei trasferimenti, a patto si vada verso una completa autonomia finanziaria dei comuni.
Prendiamo l’Imu, la cui metà del gettito finirà nelle casse dello Stato: ecco, noi siamo perchè invece resti del tutto in mano ai comuni, con una contestuale riduzione dei trasferimenti. I conti sono sostenibili».
Nonè che sono sostenibili perché aumenterete la tassazione? L’Anci darà indicazioni in merito?
«Giocoforza, un certo margine di manovra ci sarà. Mantenere i servizi è impossibile senza recuperare almeno parte dei tagli. I cittadini non devono pensare che con l’Imu i comuni avranno più soldi in cassa: non è affatto così. Le indicazioni dell’Anci sono sempre state, e saranno, di salavaguardare le fasce più deboli per mantenere una buona dose di equità. In questo senso, si cercherà di manovrare più sulle seconde
case. Con grande attenzione, considerando che a questo è collegato anche un altro grande tema, quello degli affitti».
L’Unità 31.12.11