La cosa era nell’aria. Ieri il sindaco di Torino Piero Fassino l’ha annunciata ufficialmente: il comune non rispetterà il patto di stabilità «perché è stupido e cieco. Non seleziona ciò che è giusto vincolare da ciò che è giusto derogare. Non distingue fra spesa corrente e investimenti». La città sforerà di 320 milioni di euro per evitare un taglio da 120 milioni di euro ai servizi e per non tardare pagamenti per 200 milioni ad aziende fornitrici. Un ritardo di questa entità avrebbe rappresentato «un colpo troppo duro per l’economia della città», già provata da una crisi di cui ancora non si vede la fine.
Quella di Fassino è una bocciatura senza appello, il sindaco non esita a fare paragoni: «Catania ha un indebitamento procapite analogo a quello torinese. Ma a Catania non c’è la metropolitana, non c’è il termovalorizzatore, non c’è il passante ferroviario». La decisione di Torino dà corpo al fortissimo disagio di molti comuni che, tramite l’Anci, da molto tempo chiedono la possibilità di rivedere il patto di stabilità, cosa che il governo Monti si è impegnato a fare. Lo ricorda il presidente dell’Anci Graziano Del Rio: «Il 2011 è stato duro per tutti, ora i sindaci si aspettano di arrivare a una rapida revisione del patto. È grazie alla nostra azione che l’esecutivo ha deciso di ragionare su questo tema in maniera nuova».
Tavoli di confronto non sono ancora stati avviati, ma «dovrebbero essere convocati nel nuovo anno», auspica Del Rio. In conseguenza al mancato rispetto del vincolo, Torino otterrà minori trasferimenti dallo stato per circa 30 milioni di euro e dovrà ridurre le indennità degli amministratori del 30 per cento. A queste si aggiungeranno altre due sanzioni: il blocco delle assunzioni e lo stop alla possibilità di contrarre nuovi mutui (peraltro già bloccati nei fatti dal decreto milleproroghe del 2010). Per il 2012 l’obiettivo è rientrare nel patto con un bilancio rigoroso e austero. Ma anche sapendo che i vincoli saranno diversi.
Da Milano, Pisapia fa sapere di essere riuscito a rispettare le regole grazie alla spending review varata all’indomani del suo insediamento in comune, in base alla quale sono stati eliminati «sprechi e spese non necessarie».
Intanto molti primi cittadini provano a scongiurare la riduzione dei servizi ai cittadini con risorse proprie. A Firenze Matteo Renzi ha annunciato che terrà l’aliquota Imu sulla prima casa ferma al dato base nazionale e che abbasserà di un terzo l’addizionale comunale Irpef. Saranno invece tassate di più le seconde case, soprattutto se sfitte. E a Cagliari Massimo Zedda ha fatto sapere che i nove milioni che mancano all’appello verranno trovati mettendo mano ai centri di costo superflui.
da Europa Quotidiano 30.12.11