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"Perché i ricchi e scemi non fanno più ridere", di Curzio Maltese

Il crollo di incassi del cinepattone di Natale, un genere che per quasi trent´anni aveva collezionato record su record al botteghino, è forse il primo e più clamoroso segno della fine dell´epoca berlusconiana. Di colpo lo specchio di una certa Italia maggioritaria, felicemente anomala e volgare, è andato in frantumi. Quello dei film sulle vacanze di Natale con De Sica e/o Boldi. Il loro non è stato soltanto un fatto commerciale, ma un fenomeno unico nella storia del cinema e quindi del costume mondiale. Non c´era mai stato in nessun paese un genere capace di infilare tanti incassi consecutivi, a scadenza fissa. Non gli 007 e neppure le commedie di Alberto Sordi, le epopee di maghetti o i film di Totò, le saghe di vampiri o gli horror di serie.
Per questa ragione un paio d´anni fa le più prestigiose università californiane invitarono il produttore Aurelio De Laurentiis a illustrare in una serie di conferenze i segreti del mestiere. Senza grande esito, peraltro, perché un´altra caratteristica dei cinepattoni è l´assoluta autarchica intraducibilità. I film per i quali gli italiani hanno fatto la fila per 28 anni erano invendibili e invedibili oltre le fatidiche soglie di Chiasso o Mentone. I timidi tentativi d´imitazione americana, compreso l´ultimo sugli schermi adesso, si sono rivelati fallimentari.
Il primo film della serie è del 1983, Vacanze di Natale, girato a Cortina, con Massimo Boldi e Christian De Sica, la regia dei fratelli Vanzina. Ma è con Vacanze di Natale 90 del 1990 che comincia la sequenza vera e propria, durata fino a oggi, anzi a ieri. È il trionfo di un´Italietta riccastra e volgarissima, in perenne vacanza da qualsiasi responsabilità, cinica e scorreggiona, molto familista ed enormemente amorale, fiera della propria ignoranza e superficialità, confortata dal ritrovarsi ogni anno, alla vigilia di un anno nuovo, sempre uguale a se stessa, in giro per il mondo che invece cambiava tanto, troppo. Presi tutti insieme i cinepattoni, sostenuti dal lavoro di ottimi mestieranti come i fratelli Vanzina, gli stessi Boldi e De Sica, disegnavano qualcosa di più vasto di un evento commerciale. Dipingevano un´autobiografia grottesca della nazione, offrendo lo specchio fedele della neo borghesia cialtrona.
Il cinepattone è stato al ventennio berlusconiano così come i “telefoni bianchi” stavano al ventennio fascista, con la differenza che i secondi erano molto più comprensibili agli altri. All´estero i film di Natale all´italiana sono sempre sembrati più storie di mostri che commedie. Gli stranieri, che trovavano esilarante il personaggio reale di Berlusconi, non riuscivano a divertirsi con i berluschini delle trame vanziniane. Al contrario gli italiani che per vent´anni non hanno riso del Cavaliere, si sbellicavano per le triviali imprese di Boldi e De Sica, probabilmente per gli stessi meccanismi psicologici.
Le anomalie, politica e cinematografica, hanno viaggiato in parallelo dall´inizio degli anni ´90 fino a ieri, per crollare di schianto insieme. I pessimisti ragionevoli diranno che i cinepanettoni sono morti, come capita, anche per eccesso di fortuna. La fragorosa trivialità che ne costituiva l´essenza di finta trasgressione è ormai diventata la cifra comune della vita pubblica, della giornata televisiva e di tutto il cinema comico italiano. Il rispecchiamento delle classi dirigenti risulta attenuato dal confronto con l´attualità. I verbali delle “cene eleganti” di Arcore, per dire, fanno impallidire le peggiori sceneggiature. I volenterosi ottimisti possono credere al riemergere di un gusto popolare sepolto da decenni di pessima offerta. Non sarà un caso se la frana del cinepanettone arriva subito dopo lo straordinario successo ai botteghini italiani di una delle più colte e intelligenti commedie di Woody Allen, Midnight in Paris. Sarebbero insomma i primi segnali della ricomparsa dell´elemento maggiormente assente nella storia recente d´Italia, l´ironia. Comunque la si veda, una stagione è finita anche al cinema. Ed è finita soprattutto per i più giovani, che hanno disertato in massa l´appello di Natale di De Sica e compagni. Forse sono meno bamboccioni dei genitori.

La Repubblica 27.12.11

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