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"Dare ossigeno all'economia", di Massimo Riva

Salvata l´Italia di oggi con il decreto d´emergenza, ora si tratta di salvare quella di domani con provvedimenti che prendano di petto la malattia più insidiosa del Paese. Quella bassa o nulla crescita che rischia di vanificare i pesanti sacrifici richiesti dal governo. Sacrifici indispensabili per riportare il Paese a testa alta in Europa e nel concerto internazionale. Questo, in estrema sintesi, il succo dell´intervento che Mario Monti ha fatto ieri in Senato a conclusione dell´iter parlamentare della sua prima manovra. Con il suo discorso, insomma, il presidente del Consiglio s´è assunto in prima persona l´impegno a compiere presto l´esercizio, fra tutti, più difficile: quello di ridare ossigeno e vitalità a un sistema economico da troppi anni languente e adagiato su se stesso. Monti non ha indicato dettagli su come intenda operare in proposito, ma ha richiamato obiettivi che fanno intuire le possibili linee d´intervento. Ha parlato di «agevolazioni fiscali per famiglie ed imprese» ed ha richiamato l´esigenza di recuperi di «produttività e competitività».
Sul primo punto si deve dedurre che il governo voglia affrontare il nodo cruciale della più ingiusta fra le iniquità del nostro sistema tributario: il sovraccarico di pressione fiscale sui redditi da lavoro e da imprese. Uno squilibrio responsabile di quella caduta dei consumi che da qualche anno sta facendo mancare al sistema produttivo il sostegno fondamentale della domanda interna. Non che in Italia non circolino abbastanza soldi, ma se questi si concentrano in poche tasche a scapito di quelle dei più – un´economista come Mario Monti lo sa di suo – si finisce per cadere nel classico ingorgo malthusiano. Gli eccessi di ricchezza promuovono le speculazioni finanziarie, mentre gli eccessi di penuria mortificano gli acquisti di beni e così deprimono gli investimenti e di conseguenza l´occupazione creando le condizioni tipiche di una spirale recessiva inesorabile.
Come uscire da questo avvitamento pericoloso senza compromettere la ferrea disciplina di bilancio? La strada maestra non può essere che quella di un riequilibrio dei carichi fiscali. Il gettito di un´imposta patrimoniale ordinaria si offre come la migliore soluzione per trovare – a saldi invariati – le risorse necessarie a spesare quei tagli di prelievo sui redditi più bassi che altro non chiedono se non di avere più denaro da impiegare prontamente in consumi. È probabile che il premier sia del tutto consapevole dell´opportunità di seguire questa strada. Ma è anche certo che le resistenze del fronte berlusconiano sul tema della tassa patrimoniale gli possano rendere assai impervio un simile cammino.
D´altro canto, terze vie in materia non esistono: o si riequilibra il prelievo tributario oppure sarà vano sperare in una rianimazione diffusa della domanda interna e quindi degli investimenti.
Quanto all´esigenza di far recuperare al sistema produttività e competitività, il governo potrà certamente aiutare migliori intese sul mercato del lavoro tra le forze sociali, ma il compito più importante ricade sul mondo delle imprese. Se i lavoratori italiani hanno salari ben più bassi dei loro colleghi europei – come ha riconosciuto il ministro Fornero – ciò dipende in minima parte dal fatto che i loro tempi alla catena di montaggio sono magari più lenti. L´economia di oggi ha assai poco da spartire con le parodie di Charlot in “Tempi moderni”. Produttività e competitività dipendono sempre più dalla qualità dei prodotti e dagli investimenti in innovazione tecnologica. Un metalmeccanico tedesco riceve una paga a volte doppia rispetto a quella del suo omologo italiano perché la sua impresa produce molte vetture a elevato valore aggiunto. Se in Italia si insiste nel progettare e fabbricare Panda – il prodotto meno ricco di tutta la gamma automobilistica – i margini per aumentare i salari risultano inevitabilmente minimi.
C´è, insomma, una responsabilità primaria della classe industriale sul fronte dei recuperi di competitività. E, purtroppo, se il cavallo imprenditoriale non vuole bere la medicina degli investimenti innovativi magari perché più allettato dal brivido delle speculazioni finanziarie, non è che il governo possa fare granché. Da un economista di vaglia quale Mario Monti è però lecito attendersi che almeno faccia uscire il dibattito in materia dall´ottusa e fin troppo interessata visione di chi trova comodo nascondere le proprie manchevolezze dietro la tuta del solito Cipputi. Già questo sarebbe un eccellente contributo per salvare l´Italia di oggi e di domani.

La Repubblica 23.12.11