Con un doppio carpiato la Lega salva il soldato Nick. Almeno per le feste di Natale e Capodanno. E nonostante gli annunci di divorzi e addii, è chiaro che c’è ancora un filo che tiene uniti Bossi e Berlusconi. Uno solo ma così forte da far slittare il voto della Giunta sulla richiesta di arresto per l’onorevole Nicola Cosentino al 10 gennaio, quattro giorni dopo il limite fissato dal regolamento (5 gennaio) e smentendo decisioni già assunten dal presidente della Giunta Pierluigi Castagnetti. E da far sopportare la rabbia della base leghista. Le motivazioni sarebbero tecniche. «Sono arrivate nuove carte, dobbiamo leggerle» propone a sorpresa alle tre del pomeriggio Vincenzo D’Anna, il Responsabile, ex Pdl e soprattutto compaesano di Cosentino. Il Pdl tace perchè sa che in quelle carte non c’è nulla che possa aggiungere o togliere qualcosa a quello che i membri della Giunta già hanno a disposizione per valutare il fumus persecutionis. Lasciano fare il “lavoretto” a D’Anna senza metterci la faccia. Negli uffici della Giunta nel pomeriggio arriva addirittura l’onorevole Luca D’Alessandro, fedelissimo di Verdini, a controllare a che punto è il cordone di sicurezza a favore del responsabile del partito in Campania.
Un rinvio inaspettato, un blitz e per questo ancora più «scandaloso» per Pd, Idv e Udc che puntano il dito sul «mercanteggio tra Pdl e Lega». «Il Carroccio ha preso tempo
per alzare il prezzo di chissà quale partita» tuona Donatella Ferranti (pd) che si mette a battibeccare di buona lena con il collega di Giunta leghista Luca Paolini. «La Lega difende
la legalità a parole ma poi, alla prova dei fatti, tutela la casta» se ne va sbattendo la porta il finiano Lo Presti. E che dire se persino a una persona solitamente per bene, educata,
mai sopra le righe come FedericoPalomba (Idv) scappa detto: «Stavolta sono veramente incazzato, è chiaro che la Lega vuol salvare Cosentino ne proteggere Gomorra. Oggi nin Giunta si è consumata un’ indecente pantomima che umilia il Parlamento».
Gli unici sollevati in effetti sono i deputati del Pdl, Paniz, Sisto, Costa, Iole Santelli, Fabrizio Cassinelli che scivolano via verso le vacanze soddisfatti di aver strappato venti giorni e aver soddisfatto i desideri del Capo Berlusconi e la linea garantista del partito. Chi invece è in grossa difficoltà è il leghista Luca Paolini. E’ lui l’uomo simbolo di una Lega ancora ostaggio di Berlusconi. E della geometrica potenza di cui tuttora dispone Nick o’ mericano, raggiunto il 6 dicembre da una richiesta di arresto da parte della procura antimafia di Napoli per essere «il referente politico nazionale del clan camorrista dei casalesi». La sua figura, e il suo bagaglio di voti, è ancora in grado di mettere in fila non solo il partito ma anche i vecchi alleati nonostante un processo in corso per concorso esterno in associazione mafiosa (per cui già nel dicembre 2009 la Camera respinse una richiesta di arresto); una richiesta di rinvio a giudizio per associazione segreta e falso (la cosiddetta P3, a Roma) e questa nuova indagine che sembra un sequel di quella già a dibattimento. Cosentino, forte del suo ruolo di parlamentare e coordinatore del partito,
nell’ aprile 2007 avrebbe fatto da garanzia presso una importante banca nazionale per un prestito di qualche milione di euro a una società legata ai Casalesi che doveva realizzare un centro commerciale. Paolini l’uomo simbolo di un Carroccio che a parole sta all’opposizione ma nei fatti resta legato a
Berlusconi. «Prendiamo tempo per leggere le carte» giustifica il rinvio l’avvocato leghista con la faccia stanchissima, la cravatta allentata e la giacca stazzonata alla fine di unagiornata che in mattinata l’ha visto persino minacciare le dimissioni dalla Giunta se «qualcuno dall’alto – leggi Maroni – lo avesse costretto a votare per l’arresto di Cosentino».
Il rinvio era l’unica via d’uscita per evitare una nuova spaccatura tra Maroni – favorevole all’arresto – e Bossi, contrario come gli chiede l’amico Silvio. Certo è difficile per i leghisti spiegare in un solo giorno il via libera votato dall’aula per l’utilizzo delle intercettazioni dell’ex ministro Romano (indagato a Palermo per corruzione con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra). E la melina sul caso Cosentino. Ma è difficile anche per il partito degli onesti di Alfano giustificare la protezione ad oltranza del soldato Nick.
L’Unità 22.12.11