«La legge Gasparri non funziona, così la Rai è ingestibile». Da due settimane Mario Monti ha sul tavolo il corposo dossier che gli hanno consegnato il presidente Paolo Garimberti e il direttore generale Lorenza Lei durante il lungo incontro che precedette l´apparizione del premier a “Porta a porta”. Il Professore si è già fatto un´idea.
È UN´IDEA che presto potrebbe diventare un´iniziativa del governo per cambiare il modello di governo della televisione pubblica.
Per Monti la Rai ha due problemi fondamentali: i conti in rosso e la struttura gestionale. È soffocata dalla politica attraverso un consiglio di amministrazione elefantiaco e legato a doppio filo ai partiti. Su queste certezze, studia un intervento. Perché da sempre la Rai è lo specchio del governo, il suo biglietto da visita presso i cittadini-spettatori.
Quella sera di quindici giorni fa, Monti fece solo brevi considerazioni. Ma il suo pensiero è abbastanza definito. Quello che conta in un´azienda è l´efficienza. Non si capisce come faccia la Rai, è l´analisi di Palazzo Chigi, a essere efficiente con un cda di nove persone e un direttore generale che ha poteri limitati. Bisognerebbe ridurre il consiglio a tre membri e nominare un amministratore delegato che abbia deleghe veramente operative. Tradotto significa un capo azienda che possa nominare direttori di tg e di rete senza passare dalla voracità della politica, che sia in grado di firmare un contratto con Fiorello o Santoro saltando la mediazione con i consiglieri. È lo stravolgimento totale della Gasparri che invece ha consegnato più che mai Viale Mazzini al controllo ferreo della maggioranza, fatto salvo il presidente di garanzia. Scelto dall´opposizione, ma destinato a stare in minoranza. Monti coltiva l´ipotesi di consiglieri nominati uno a testa dai presidenti del Consiglio, di Camera e Senato. «Ma si possono trovare altre strade».
Il decreto di riforma della governance è allo stadio iniziale. Ci lavora Monti, come premier e azionista della Rai nel suo ruolo di ministro del Tesoro. Ci lavora Corrado Passera, che ha la delega delle Comunicazioni. Potrebbero muoversi già nelle prossime settimane. Se è vero, com´è vero, che l´attuale vertice Rai scade il 28 marzo. E se hanno pensato in queste ore di applicare al Senato lo “schema” provato la scorsa settimana alla Camera. Dopo una lunga trattativa, il governo decise di accogliere a Montecitorio gli ordini del giorno per bloccare il beauty contest sulle frequenze digitali. Quei testi furono approvati e neanche 24 ore dopo Passera annunciò il blocco del bando che regalava nuovi canali a Rai e Mediaset. Stavolta l´esecutivo ha pensato di cavalcare un ordine del giorno presentato al Senato da Luigi Zanda (Pd) nel quadro della manovra con il quale si chiedeva di commissariare l´azienda o di cambiare radicalmente «l´assetto gestionale». L´ordine del giorno alla fine si è perso nel calderone delle proposte presentate in commissione e non è stato esaminato. Monti e Passera però sono pronti ad andare avanti.
La vera tentazione del premier è la privatizzazione. «Sarebbe la cosa migliore». Ma non c´è il tempo necessario e «mi rendo conto – è il ragionamento di Monti – che la politica vivrebbe questa scelta come un dito nell´occhio». Ma la Rai è nel mirino. L´intervento sicuro è quello sui conti. Si pensa a un minimo aumento del canone del 2012. La stangata già inferta ai cittadini consiglia però una certa cautela. Qualcosa comunque è stato fatto nella manovra di Natale. L´evasione delle società (alberghi, laboratori, bar, altri luoghi pubblici) viene colpita con una norma che inverte l´onere della prova. Saranno le imprese a dover dimostrare di non usare la tv. Intanto dovranno pagare il canone. Con questa misura si calcola un gettito di 70 milioni.
Il Tesoro interverrà anche sul patrimonio immobiliare della Rai. Si possono vendere il meraviglioso Palazzo Labia sul Canal Grande (sottoposto però a rigidissimi vincoli artistici), la sede di Viale Mazzini (che ha il problema dell´amianto), immobili a Torino. Ma il vero valore di mercato è nei ripetitori, “bottino” molto desiderato da tutti gli operatori delle telecomunicazioni. Su questi asset, l´azionista Monti imporrà all´azienda una cura dimagrante. Le dismissioni sempre annunciate nei piani industriali stavolta diventeranno obbligate. Il governo intende andare fino in fondo. Perché ancora più della governance il premier è preoccupato del “rosso” di Viale Mazzini: 320 milioni nel 2011. Solo un decimo del patrimonio complessivo della Rai, 3 miliardi. Ma il 2000 per cento in più di quattro anni fa quando era fermo a 16 milioni.
La Repubblica 21.12.11