Sulle nuove assunzioni qualche perplessità è fondata: quanti insegnanti andranno in pensione? La scuola riapre le porte agli insegnanti più giovani. Questo l’intento dichiarato dal neo ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, che ha annunciato, qualche giorno fa, l’intenzione di bandire un concorso nella scuola pubblica per il reclutamento dei nuovi insegnanti. Un annuncio, confermato anche dal sottosegretario Rossi Doria, e che è stato accolto da consensi ma anche da riserve. Prima fra tutti quelle dei sindacati che chiedono al titolare di viale Trastevere chiarezza e condivisione.
Le preoccupazioni delle sigle confederali sono soprattutto quelle di non deludere le aspettative di coloro che sono ancora nelle graduatorie a esaurimento (circa 237mila precari) e le giuste aspettative dei più giovani (oggi l’età media dei docenti in cattedra è di 49 anni). Speranze che, secondo Mimmo Pantaleo della Flic-Cgil rischiano di essere «frustrate». «Il punto vero – spiega – è che prima bisogna fare un monitoraggio preciso dei posti disponibili perché tra tagli pregressi, tagli futuri e pensionamenti rischiamo di non averne».
Quello che è certo è che il concorsone (l’ultimo è del 1999) è appeso a parecchi nodi da sciogliere, oltre ai posti realmente disponibili. Con la manovra di luglio, infatti (e la stabilizzazione di oltre30mila precari avvenuta i primi di settembre) le nuove assunzioni sono legate al turn over con i pensionamenti.
Secondo i dati del Miur, circa 25mila docenti dovrebbero andare in pensione nel 2012 e essere sostituti (circa il 50 per cento) – secondo la normativa in vigore – dai precari iscritti nelle graduatorie a esaurimento e l’altra metà dai concorsi. La cifra esatta dei posti disponibili, però, non è del tutto chiara, soprattutto perché l’allungamento dell’età pensionabile potrebbe incidere sul numero delle cattedre libere.
Altri nodi da sciogliere sono le classi di concorso delle scuole superiori che non sono state ancora definite e anche individuare le procedure e le modalità per le selezioni. Ma forse è la stessa modalità di reclutamento a suscitare qualche perplessità. Certo – dice Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd – del concorso c’è necessità, ma per dare più opportunità ai giovani sarebbe necessario «passare all’organico funzionale e legare formazione iniziale e nuovo reclutamento».
Nei rapporti Ocse-Pisa, dove l’Italia non figura mai ai primi posti nei risultati scolastici degli studenti, emerge chiaramente che nei paesi più alti in classifica le scuole godono di una maggiore autonomia nella gestione degli insegnanti. Paesi con risultati scolastici eccellenti come la Finlandia, dove le assunzioni vengono decise dalle singole scuole e dai comuni che le governano, l’abilitazione è obbligatoria e la disponibilità dei posti liberi viene pubblicata sui giornali.
Anche in Olanda è la scuola a bandire i posti ma è il consiglio scolastico a decidere le assunzioni e l’aggiornamento dei docenti con fondi specifici. In Svizzera le cattedre disponibili sono gestite dalle scuole, dai comuni o dai cantoni. In Estonia, invece, sono i consigli scolastici a organizzare concorsi per i posti vacanti.
La Germania lascia ai singoli länder la gestione dei sistemi educativi, anche se le assunzioni vengono gestite dall’autorità a cui fanno riferimento le scuole pubbliche. In Belgio le scuole dipendono dalle tre diverse comunità fiamminga, francese e tedesca. In Polonia il personale docente è governato direttamente dalla scuola.
La Norvegia divide la gestione tra i comuni le contee, ma sono le scuole a preparare le graduatorie e possono aumentare i salari per attirare insegnanti particolarmente qualificati. Nel Regno Unito sono le scuole a pubblicizzare su siti, sia pubblici che privati, i posti vacanti e gestiscono la selezione e la nomina del personale.
da Europa Quotidiano 21.12.11