Dopo sei anni i sindacati confederali ieri hanno convocato insieme uno sciopero generale ritrovando unità d’intenti per chiedere con forza a Monti e alle forze politiche di cambiare una manovra considerata iniqua.
C’è soddisfazione, controllata, ma soddisfazione negli ambienti sindacali circa la riuscita dello sciopero generale di tre ore indetto ieri nel settore privato.
In realtà nessuno ha ancora in mano i dati ufficiali sulle adesioni e al momento della chiusura di questo articolo nessun dirigente se la sente di fare qualche previsione. «Sennò poi dicono che spariamo numeri, meglio aspettare» chiosa Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil, parlando al Riformista.
L’impressione diffusa è che i lavoratori abbiano deciso di aderire compattamente alla protesta e questo nonostante il duro periodo che stiamo vivendo. «È il segno che non stiamo scherzando – dice Scudiere -, visto che tre ore di sciopero in un momento di crisi come quello attuale sono un grande sacrificio per tanti nostri iscritti».
Tante le iniziative che si sono svolte sul territorio con manifestazioni davanti alle prefetture e in altre zone simboliche delle città. A Roma è continuato il presidio davanti a Montecitorio di Cgil, Cisl e Uil che dura ormai da qualche giorno e che proseguirà fino all’approvazione della manovra. Ieri a parlare in occasione dello sciopero sono venuti tutti e tre i leader confederali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, che hanno ribadito l’intenzione di continuare con la protesta fino a quando non si otterranno significativi cambiamenti alla manovra. È stata quella di ieri una giornata di mobilitazione a cui ne seguiranno altre già concordate, a cominciare da quella di lunedì 19 dicembre quando a fermarsi per otto ore saranno tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. «La protesta – spiega al Riformista Paolo Pirani, segretario confederale della Uil – continuerà ad essere adeguata alla gravità della situazione, che ci presenta una manovra palesemente iniqua. Oltre allo sciopero generale dei dipendenti pubblici, in programma c’è anche un incontro con tutti i capigruppo dei partiti presenti in Parlamento. In questo senso abbiamo inviato una richiesta scritta e attendiamo risposte». E intanto un primo segnale di dialogo dal fronte politico è già arrivato, con il leader del Pd Pierluigi Bersani che ha annunciato di voler incontrare oggi le forze sindacali. «Noi contiamo infatti molto sul fatto che la nostra protesta – afferma Vincenzo Scudiere della Cgil – possa scuotere non solo il governo, ma anche i parlamentari che dovranno poi materialmente votare la manovra. I partiti non possono non sentire il messaggio di condanna che arriva dal fronte sociale su determinate misure ritenute inaccettabili. I tecnici vanno bene, ma in certi momenti ci vuole la mediazione politica».
Mediazione che in questi giorni pare sia decisamente mancata, portando il sindacato unito alla scelta dello sciopero, un evento che si ripete dopo sei anni. «L’ultimo, se ricordo bene – fa notare Scudiere – fu in occasione di una finanziaria del governo Berlusconi». Una scelta considerata estrema, dopo la quale è difficile immaginare cosa accadrà nel caso il governo dovesse proseguire per la propria strada. «Intanto continueremo le proteste davanti al Parlamento – dice ancora Scudiere – poi si vedrà. Noi contiamo sul fatto di essere ascoltati, anche perché non stiamo solo dicendo dei no, ma stiamo chiedendo delle modifiche ragionate, che potrebbero avvenire a saldo invariato». Sulla stessa lunghezza d’onda è Paolo Pirani. «Io credo che alcune nostre richieste possano essere accettate. D’altronde le prossime ore saranno decisive, e siamo fiduciosi che qualcosa di positivo possa emergere. In caso contrario valuteremo. Di certo però – annuncia il segretario confederale della Uil – non faremo come il sindacato greco, che ha decretato scioperi generali a ripetizione senza ottenere nessun risultato». Parole che appaiono già come un avvertimento a chi volesse imboccare la via di una protesta puramente di piazza. E sono parole su cui riflettere soprattutto in un momento di ritrovata unità, sulla quale però lo stesso Pirani non si fa grandi illusioni per il futuro. «Non mi pare che ci sia una strategia unitaria del sindacato – sottolinea il sindacalista della Uil – e le divisioni sui modelli contrattuali sono lì a dimostrarlo, a cominciare dalla vicenda Fiat. L’unità di queste ore si determina sull’emergenza, ma non vedo un disegno comune per il futuro, anche perché non ne abbiamo mai discusso. E diciamo pure – conclude Pirani – che è stato perlomeno un gesto di buon senso aver evitato la pantomima di scioperi diversificati, perché onestamente sarebbe stato abbastanza ridicolo».
Il Riformista 13.12.11