attualità, politica italiana

"I due Mario l'Europa l'hanno salvata", di Eugenio Scalfari

Due domeniche fa intitolai il mio articolo “Due Mario italiani per salvare l´euro”. Ero abbastanza ottimista in quell´articolo e così pure nell´altro della domenica seguente. Oggi lo sono ancora di più perché le previsioni sono diventate fatti e i fatti hanno un diverso peso, producono effetti, modificano aspettative, comportamenti e decisioni.
Dopo la firma di Giorgio Napolitano e la presentazione alle Camere del decreto “Salva Italia”, dopo la decisione della Bce annunciata giovedì scorso di aprire un credito illimitato al sistema bancario dell´Eurozona e dopo il Consiglio dei capi di governo dei 27 paesi dell´Unione di venerdì, il mio ottimismo si è rafforzato. Lo dichiaro qui perché, oltre ad essere un giornalista, sono anche un risparmiatore, un consumatore, un elettore, sicché il mutamento delle mie aspettative potrebbe anche rappresentare un “test” di analoghi mutamenti sociali. Del resto i mercati di venerdì l´hanno già resi visibili ed è probabile che i mercati di domani emettano un giudizio ancora più esplicito per quanto riguarda lo “spread”, l´andamento delle Borse e il rendimento dei debiti sovrani.
Il decreto “Salva Italia” sarà approvato dal Parlamento entro il 18 dicembre; il 20 la Bce erogherà alle banche la prima ondata di liquidità; ai primi di marzo la Commissione di Bruxelles renderà esecutivo l´accordo intergovernativo già siglato a Parigi l´altro ieri dai 26 paesi dell´Unione.

Ne è rimasta fuori l´Inghilterra ma è lei che si marginalizza rispetto all´Europa e non viceversa.
Questi sono i fatti sui quali siamo chiamati a ragionare.
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Il decreto “Salva Italia” ha già suscitato un´ampia letteratura di commenti e di approfondimenti. I primi sono stati positivi, se non altro perché non c´erano alternative: tutte le forze politiche erano consapevoli che il rigore era necessario; se non l´avesse deciso Monti in autonomia ci sarebbe stato imposto dall´Europa. La differenza tra queste due posizioni è politica: quel decreto ha consentito al governo italiano di riprendere a pieno titolo il suo posto di interlocutore primario nel consesso europeo. Quanto agli approfondimenti, essi hanno messo in luce alcuni errori o manchevolezze del decreto ai quali si spera di porre rimedio nel dibattito parlamentare e nei limiti in cui non si alteri l´architettura del provvedimento e i suoi saldi.
A sua volta l´accordo integrativo di Parigi che sancisce l´obbligo dei 26 membri dell´Unione di realizzare il pareggio dei rispettivi bilanci e di conferire all´Unione i propri poteri fiscali, è un percorso decisivo verso una maggiore sovranità europea nel campo economico, che diventerà piena con la revisione dei Trattati: un obiettivo storico ancora incerto ma altamente auspicabile.
Nel frattempo la sovranità fiscale rassicura i mercati e rassicura l´America; non a caso il segretario americano al Tesoro ha partecipato informalmente alle varie fasi che hanno preceduto l´accordo e il presidente Obama è più volte intervenuto per affrettarne il buon esito.
Ma il fatto nuovo e decisivo di tutta questa vicenda risiede nell´intervento della Bce di liquidizzare il sistema bancario dell´Eurozona. Quando ne fu data notizia nel primo pomeriggio di giovedì scorso i media quasi non se ne accorsero, salvo il “Wall Street Journal ” e il “Financial Times”. Non se ne accorsero neppure i media italiani, ad eccezione di Repubblica, che a questo tema dedicò una parte del titolo di apertura di prima pagina. Tutti gli altri si limitarono a segnalare la riduzione del tasso di sconto da parte della Bce. Ma non se ne accorsero neppure i mercati che infatti giovedì pomeriggio erano di nerissimo umore e colpirono duramente i titoli delle banche, i listini delle Borse e fecero schizzare di nuovo verso l´alto i rendimenti dei titoli pubblici.
Il “24 Ore” di venerdì apriva ancora con un editoriale assai scettico verso le “incertezze” e “l´inazione” della Bce, corretto soltanto ieri da un articolo di Carlo Bastasin finalmente improntato a una più attenta analisi dei fatti: «Tutti gli strumenti necessari sono finalmente disponibili: leader nazionali credibili, fondi di salvataggio adeguati e un allentamento quantitativo del credito. La prima reazione era stata di delusione perché il comunicato dei capi dell´Eurozona sembrava ancora elusivo sulle situazioni immediate. Ma un secondo sguardo fa leggere il comunicato diversamente».
Meno male che il secondo sguardo c´è stato. Dico meno male perché l´informazione è essenziale per l´andamento dei mercati e i comportamenti dei risparmiatori e degli operatori. Quello che con qualche timidezza viene chiamato l´”allentamento del credito” è in realtà il pezzo forte della manovra a livello europeo, sia per quanto riguarda il “credit-crunch”, sia per la crescita, sia per il rendimento dei titoli di Stato. La vera risposta europea si chiama dunque Mario Draghi così come la risposta italiana si chiama Mario Monti. Non ci voleva un occhio di lince per capirlo.
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Ma vediamola più da vicino la manovra della Bce.
La prima mossa è la diminuzione all´un per cento del tasso di sconto, decisa – a quanto ha detto lo stesso Draghi – dopo una vivace discussione e non all´unanimità dal Consiglio direttivo della Banca. La radicata ossessione anti-inflazionistica della Bundesbank deve avere avuto il suo peso ma, probabilmente proprio per non dare troppo spazio ai suoi incomodi falchi, la Merkel quel giorno stesso disse che il suo governo non sarebbe mai intervenuto né avrebbe commentato le decisioni della Bce che «nei limiti del proprio statuto è indipendente e può decidere come meglio crede nell´interesse dell´Unione europea».
Il nocciolo della manovra tuttavia non è nel ribasso dello 0,25 per cento del tasso, bensì nell´apertura di un gigantesco sportello: prestiti illimitati per la durata di 36 mesi a tutte le banche dell´Eurozona al tasso fisso dell´un per cento. Il collaterale di garanzia è costituito da titoli di Stato dell´Eurozona, ma non soltanto: per quanto riguarda le banche territoriali di piccole dimensioni, che servono imprese medio piccole e che di solito non hanno titoli pubblici in portafoglio, la Bce accetterà come collaterali di garanzia i mutui e i debiti della clientela certificati dalla banca creditrice. Si tratta di una novità di grande importanza perché incentiva l´accesso al credito delle imprese medio piccole che – specialmente in Italia – costituiscono il nerbo dell´imprenditoria nazionale.
Quell´allentamento quantitativo del credito ha almeno quattro obiettivi: sblocca la circolazione del credito interbancario e favorisce con ciò la diminuzione dei tassi a breve e brevissima scadenza; consente alle banche di riprendere in grande stile l´erogazione dei prestiti alla clientela lucrando una forte differenza tra il costo dello sconto all´un per cento e il tasso di interesse parametrato sullo “spread”. Attualmente questo tasso oscilla intorno al 6 per cento; quando i mercati saranno più tranquilli scenderà al 5 e sperabilmente al 4 e forse al 3, ma anche in quel caso ci sarà sempre un discreto margine di profitto, oggi altissimo.
Il terzo obiettivo della Bce, che per le banche è più opportuno chiamare occasione, concerne la partecipazione alle aste dei titoli pubblici. In questi ultimi mesi le banche erano molto restie ad accrescere il loro portafoglio-titoli, già ampiamente imbottito; le banche estere e i fondi di investimento erano anzi prevenuti negativamente verso i titoli italiani e spagnoli e se ne disfacevano nella misura del possibile. L´operazione-Draghi mira a invertire questo “trend”, inversione tanto più necessaria in vista delle massicce emissioni italiane ed europee che avranno luogo nel 2012 e – per quanto riguarda l´Italia – soprattutto nel primo trimestre e nell´autunno dell´anno che sta per arrivare.
Quando si dice che l´aumento di liquidità bancaria tende a trasferirsi anche alle emissioni dei debiti sovrani, si descrive appunto uno degli effetti dell´allentamento del credito.
Infine: una maggiore attività d´intermediazione delle banche significa anche un aumento delle prospettive di profitto e quindi migliori aspettative di dividendi per gli azionisti. Per restare al caso italiano che più ci interessa, il nostro sistema bancario – secondo le direttive dell´Eba – dovrebbe ricapitalizzarsi per complessivi 15 miliardi. L´Abi (Associazione banche italiane) ha già definito erronee e illegali le raccomandazioni dell´Eba (che è il suo omologo a livello europeo). In ogni caso una maggiore redditività del sistema può sdrammatizzare questa disputa e comunque facilitare il rifinanziamento dei capitali bancari.
Resta il problema dei debiti sovrani che l´Europa richiama all´osservanza del livello massimo del 60 per cento rispetto al Pil e qui si apre il tema della crescita economica.
Dal governo Monti ci aspettiamo ora che – dopo il bollino del rigore che ha recuperato la nostra credibilità nelle sedi internazionali – si passi con la massima rapidità ai provvedimenti di stimolo della domanda nei settori del consumo, delle infrastrutture, del cuneo fiscale tra salario lordo e busta paga netta.
Questo è l´appuntamento decisivo. Finora Monti ci ha lasciato a bocca asciutta. Ne abbiamo capito il perché, ma non può che consentire una dilazione di due o tre settimane. Passate le feste (che non saranno troppe festose) non ci sarà spazio per ulteriori ritardi. Stavolta tocca a Passera e a Barca. Speriamo non ci deludano.
Post scriptum. A Passera incombe anche il compito di nominare un commissario alla Rai dove la situazione è ormai insostenibile e di indire un´asta vera sulle frequenze. Comprendiamo che l´argomento è politicamente indigesto, ma lo è comunque, che l´asta vera si faccia o che si accetti quella truccata. “Le tue parole siano Sì o No”. Passera è cattolico e tragga le sue conclusioni.

La Repubblica 11.12.11