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«Abbiamo la pretesa di esserci e di contare dove si decide il futuro», intervista a Chiara Saraceno di Mariagrazia Gerina

Stavolta è più dura del 13 febbraio, quella era una
manifestazione contro Berlusconi, uno volgare che è chiaro cosa faceva di male, ora invece si tratta di combattere contro qualcosa di più insidioso, la marginalizzazione delle donne competenti e dei nostri interessi, caduti fuori dall’agenda politica ed economica», avverte Chiara Saraceno, sociologa, che domani parlerà dal palco di Se non ora quando, come studiosa e come militante. «Non sarei in quella piazza se non condividessi il bisogno di manifestare un dissenso e una domanda collettiva delle donne».
Cosa chiedono oggi le donne? Quale è la loro domanda?
«Posso dire come la interpreto io: è voglia, esigenza, pretesa di contare laddove si prendono le decisioni, dove si gestisce il potere, dove si definiscono le priorità, compreso quando si decide cosa si taglia e come. Ed è disagio rispetto a una agenda politica ed economica che certo in un momento di grande difficoltà sembra avere del tutto trascurato il fatto che le donne hanno pagato e pagheranno costi altissimi».
È una critica al governo Monti?
«Non sono tra coloro che si rallegrano che in questo esecutivo ci siano tre ministre donne: mi sembra il minimo sindacale a e ancora più vergognoso è che ci siano solo 3 donne su 25 sottosegretari. Trovo indecente che un governo di tecnici non ne abbia trovate di più. Di nomi ce ne sarebbero parecchi. Mi chiedo dei tecnici quasi tutti uomini che idea abbiano della organizzazione della vita quotidiana o anche della fatica che può aver fatto la stessa Fornero ad arrivare dove sono loro».
Le sue lacrime hanno un significato per la piazza di domani?
«La piazza ha altre lacrime e altro sangue di cui occuparsi. Però quel mancamento improvviso è stato qualcosa di autentico. Conosco il ministro Fornero da anni. So che della riforma delle pensioni era convinta, io stessa tutto ciò che so su questa materia l’ho imparato da lei, mentre la decisione che riguardava la non indicizzazione delle pensioni più basse credo che l’abbia vissuta come un problema di coscienza. Mi risulta che si sia battuta per modificarla e perché fossero invece ridotte le spese militari. Ma si è trovata contro i suoi colleghi».
Da studiosa quale è il primo dato che sottoporrebbe al governo?
«Il bassissimo tasso di occupazione delle donne nel mezzogiorno, in particolare di quelle con bassa istruzione: è il vero dramma italiano. Un problema che si riproduce, perché molte la maggior parte dei 2 milioni di giovani che non lavorano e non studiano sono donne».
Cosa c’è per le donne in questa manovra e cosa manca?
«Nella manovra non c’è neppure una parola sui servizi. Neppure come tema da affrontare nel futuro prossimo. E questa è la cosa che mi ha turbata di più. Sembra che il welfare per loro siano solo le pensioni e gli ammortizzatori sociali. E per le donne c’è solo che vengono detassati coloro che le assumono. Però la maggior parte di loro nel mercato di lavoro non ci sta o ci sta in modo marginale non perché le donne costano troppo ai datori di lavoro ma perché non ce la fanno a conciliare il lavoro con le altre cose di cui si devono fare carico e quando ce la fanno è a costo di salti mortali. Anche avere alzato l’età della pensione, cosa che in linea di principio mi trova d’accordo, magari non dall’oggi al domani, così non regge. Non puoi alzare l’età della pensione e poi contare comunque, come in passato, sul fatto che le nonne si occupino dei nipotini».
Perché queste misure non ci sono?
«Si considera sempre che i servizi siano un lusso più che un costo, mentre sono un investimento, che producendo lavoro e consentendo alla donna di lavorare, allarga la base imponibile e migliora anche la qualità della vita, riducendo le disuguaglianze sociali. Chi l’ha detto che crescita e sviluppo avvengano solo facendo treni ad alta velocità? Ci vuole anche una società coesa, in cui la gente non si ammazzi e i bambini non siano diseguali dalla nascita. Servizi di qualità fin dalla prima infanzia, asili nido e scuole a tempo pieno di qualità sono anche un investimento in capitale umano».
Si sarebbe aspettata di più su questi temi?
«Mi sarei aspettata di più e meglio da un esecutivo che nel discorso dell’insediamento ha detto, per bocca del presidente del consiglio, che vuole sostenere l’occupazione femminile. Mi chiedo come pensa di raggiungere l’obiettivo? A me sembra che questa manovra sovraccarichi le donne e il lavoro familiare. Mentre i tagli ai trasferimenti agli enti locali sono stati confermati e irrigiditi. Argomento che mi sembra stia passando sotto censura, anche da parte di chi protesta. I sindacati si occupano delle pensioni: va bene,ma che cosa facciamo per le giovani donne che pensano di avere un figlio e non ce la fanno a stare sul mercato del lavoro?».

L’Unità 10.12.11