Per andare in treno da Matera a Potenza, 102 chilometri, un´ora e ventinove minuti in auto, servono sette ore e due cambi. Bisogna transitare in Puglia, cambiare a Bari, quindi a Foggia e rientrare in Basilicata. Si sale e scende tra regionali e nazionali.
La velocità media del trasferimento è di 14,5 chilometri orari. Un fondista con tempi da Olimpiade, correndo tra i due capoluoghi, impiegherebbe un´ora in meno. L´alternativa per il Matera-Potenza è un regionale su binario unico con cambio ad Altamura: impiega dalle tre ore alle quattro e quaranta, ma in “orario da pendolare” ne passa soltanto uno al giorno.
Da Cosenza a Crotone (110 chilometri tutti in Calabria e un cambio) si impiegano tre ore. Per coprire Ragusa-Palermo (250 chilometri tutti in Sicilia, tre cambi) i convogli regionali di Trenitalia hanno bisogno di sei ore e dieci minuti. L´orario invernale prevede due treni, tutti e due a ridosso dell´ora di pranzo. O a Ragusa becchi questi o cerchi un pullman o fai l´autostop. La littorina è così lenta, poi, perché non è stata progettata per affrontare le curve del percorso: se aumenta la velocità, deraglia. Ma lo “slow train” non è solo un problema da profondo Sud. Per coprire la distanza da Acqui Terme a Genova (74 chilometri) ci vuole un´ora e mezza e si viaggia a 50 l´ora. Mauro Moretti, l´amministratore delegato del risanamento e rilancio delle Ferrovie di Stato, in questi giorni sta presentando i vagoni del silenzio sui nuovi Frecciarossa, annuncia un “Roma-Parigi” tutto coperto con la luce del giorno. Lo scorso maggio, a Piacenza, sul treno pendolare destinato a Fiorenzuola un impiegato bancario di 55 anni è dovuto uscire dal finestrino. Le porte del treno erano bloccate, quasi tutte.
Treni lenti, sporchi, in ritardo. E sempre di meno. Della Ferrovia Porrettana – il primo collegamento attraverso l´Appennino tosco-emiliano, dal 1864 scavalca la dorsale collegando Bologna a Pistoia – sono rimaste sei coppie di treni. Carrozze eliminate, la Rete ferroviaria italiana (ancora Fs) ha rimesso su strada 24 pullman. E in Calabria è dato in via d´estinzione un altro storico treno per pendolari, il “Tamburello” che collega Melito di Porto Salvo a Reggio Calabria quindi a Rosarno. Le politiche ferroviarie di questi tempi si possono osservare in maniera chiara nel Tigullio ligure: sono saltate diverse fermate per i treni a servizio universale, i rivieraschi devono prendere altrove freccerosse più care a cui poi mancano le coincidenze per tornare a casa. Su questo tratto di costa a forte richiamo turistico due Intercity non si fermano più, altri due non si fermeranno nel 2012. È per questo che i pendolari occupano i binari? È per questo che dal Veneto alla Puglia si assiste alla rivolta degli abbonati?
MENO CARROZZE, BIGLIETTO PIÙ CARO
Quarantaquattro “comitati contro” in nove regioni non sono nati a caso. Sul Lecco-Milano il gestore Trenord – il dieci per cento delle tratte regionali è gestito da imprese locali, il resto da Trenitalia – ha tolto 880 posti, il 20 per cento, e aumentato del 20 per cento il costo del biglietto. Tutti i giorni, e tutte le sere, la metà delle carrozze è senza luce. Sul treno diretto per Tirano delle 18,20, lo scorso 22 ottobre Trenord ha deciso di togliere quattro carrozze in male arnese. I pendolari della Valtellina hanno lasciato la banchina della Centrale di Milano occupando tutti i vagoni, anche quelli vietati. «Hanno chiamato un plotone di polizia per sgombrarci», racconta Giorgio Dahò del Coordinamento lombardo, «la maggior parte delle persone ha deciso di attendere il successivo e il treno sgombrato è partito semivuoto». Il Piacenza-Milano è stato bocciato dal 98 per cento dei clienti che l´hanno utilizzato: bagni rotti, sbarrati, così sporchi da essere inutilizzabili. Su ritardi e sporcizia una pendolare di Lodi ha vinto una causa contro Trenitalia per i suoi viaggi da San Zenone alla stazione Lambro: 500 euro di risarcimento dell´abbonamento e 2.000 euro per danni morali.
L´arretratezza del servizio è da allarme rosso. L´Aosta-Torino è percorsa da treni alimentati a diesel: non possono più entrare nella nuova stazione sotterranea di Porta Susa e i pendolari devono affrontare un nuovo cambio a Chivasso. Dei 29 treni regionali Rimini-Bologna, in media sedici sono inaccessibili per sovraffollamento: alcune carrozze vengono chiuse per non rischiare soffocamenti. Chi sale a Faenza può solo sostare davanti alle porte, a Imola i convogli sono così affollati che non può scendere chi è rimasto a metà vagone. Per tre anni consecutivi la Borgo San Lorenzo-Firenze è stata proclamata la tratta peggiore della Toscana: le carrozze sono vicine al collasso. Sull´Arezzo-Firenze i sei vagoni utilizzati si presentano con le porte rotte, le poltrone con la gomma piuma esondante, un riscaldamento da sauna estate e inverno, i finestrini bloccati, i cavi delle prese di collegamento tra le gambe dei passeggeri. Nessun appoggio per una bibita o il computer.
«Ogni mattina a Zagarolo restiamo a terra in centinaia», raccontano i gruppi organizzati attorno al disastro della Frosinone-Roma. I vandali contribuiscono all´opera di disfacimento sul Viterbo-Roma: l´ultima volta hanno spaccato 40 vetri, 25 mila euro e quattro giorni di stop per le riparazioni. Il conteggio dal 2 al 7 novembre ha messo in fila trentacinque fra finestrini e porte infrante, due estintori scaricati, sei sedute divelte, otto sedili tagliati e graffiti su tutto un convoglio. Un danno di 40 mila euro. Le stazioni della Val di Susa – servono il Torino-Modane – sono senza biglietterie: Chiomonte, Meana, Susa e Condove. A Ponte di Brenta, vicino a Padova, il degrado è salito al punto di favorire aggressioni e rapine. I chioschetti con i biglietti uno dopo l´altro spariscono dalle piccole stazioni dell´Alpago, nel Bellunese, e dalla provincia di Rovigo. Alla stazione Nomentana di Roma non c´è biglietteria né erogatrice, non ci sono servizi di ristoro, mai visto un controllore né una latrina. Dalle banchine d´attesa dell´hinterland napoletano hanno già tolto ventidue punti-vendita. In Sicilia la Barcellona-Castroreale, seconda stazione per bacino d´utenza della provincia di Messina, è semplicemente abbandonata. C´è una spiegazione a questa moria di stazioni, carrozze, servizi, riparazioni?
PENDOLARI ABBANDONATI
La manovra Monti ha previsto due miliardi di prossimi investimenti sui treni ad alta velocità. Sulla Milano-Genova (in tutto ne vale sei, si farà in vent´anni) e sulla Brescia-Treviglio (tratta, questa, della più ampia Milano-Verona). Sono nodi irrinunciabili, assi strategici. Per i treni a servizio universale – gli Intercity, i notturni e in generale la lunga percorrenza – mancano invece 134 milioni (sono i ricavi sui biglietti del 2011, Trenitalia non li ha realizzati e adesso taglia). Ancora, ai regionali dopo un serrato dibattito il governo ha scelto di togliere 800 milioni (su un miliardo e nove). L´Italia proiettata su un 2012 recessivo investe sui treni profit, comprime tutto quello che è un servizio.
Il trasporto pubblico locale su rotaia in Italia è un sistema iperstressato. Perde pezzi ovunque, soprattutto al Sud e nella capitale. Lo stato dei trasporti di Roma è utile per capire disagi e carenze strutturali di cui soffre tutto il sistema. Trecentocinquantamila pendolari ogni giorno raggiungono Roma sui 900 treni che viaggiano su otto linee regionali delle Ferrovie dello Stato. La Viterbo-Roma è una di queste, la più trafficata. E peggiora ogni stagione. «Nel Lazio non esiste materiale rotabile di riserva», spiega Valeria Mascoli, responsabile regionale Filt-Cgil, «non ci sono convogli che possano sostituire quelli che hanno bisogno di manutenzione e ripulitura. I 900 treni a disposizione sono sempre in circolazione, quando se ne rompe uno, scatta subito la soppressione e questo crea disagi sull´intera linea». È una carenza comune a tutti i grandi centri urbani dove si concentra il pendolarismo, Roma, Milano, Torino, Napoli. Ma nel 2012 che cosa succederà? Sono previste altre riduzioni?
I TAGLI LINEARI
La prossima stagione, sì, sarà peggiore. L´insieme dei contratti di servizio che Trenitalia ha stipulato con le Regioni, validi fino al 2014, vale 2 miliardi l´anno. È molto probabile che le amministrazioni regionali non riusciranno a mantenerli. Il decreto del luglio 2011 del Governo Berlusconi aveva tagliato 1,6 miliardi, lasciando un fondo di 400 milioni per il 2012. In queste ore sono stati recuperati 800 milioni. Il taglio finale, per l´anno prossimo, è di 800 milioni. Una cifra notevole, che inciderà proprio sull´elemento debole del sistema: il trasporto dei pendolari. Si rischia una soppressione di treni dal 10 al 20 per cento.
«È troppo presto per delineare un quadro preciso – spiega l´amministratore delegato di Trenitalia, Vincenzo Soprano – ma se ci saranno tagli, non dipenderanno da una nostra scelta industriale. A noi dallo Stato direttamente non arriva niente, i trasferimenti vanno alle Regioni che ci comprano il servizio». Servizio che per i pendolari lascia a desiderare. «Cosa ci possiamo fare se i treni hanno in media 30-35 anni di età e si rompono? Non ci sono risorse per rinnovarli. In Germania e in Francia il materiale rotabile è comprato direttamente dallo Stato. Da noi no. E poi parliamo delle nostre tariffe, le più basse in Europa. Ricaviamo 0,12 euro per passeggero/km, in Germania ricavano 0,2, in Gran Bretagna addirittura 0,5. Abbiamo già tagliato 1,6 miliardi di costi, non ci sono altri sprechi da eliminare». Si finisce sempre lì. Per avere un servizio migliore da Trenitalia con questo sistema servono più soldi. O dalle Regioni o dagli utenti (alzando il prezzo dei biglietti). Oppure si deve cambiare il sistema.
«Il vero scandalo italiano», sostiene Marco Ponti, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, «è che non si fanno le gare pubbliche per l´affidamento dei servizi di trasporto regionali. Non le vogliono le Regioni, né i fornitori, né i sindacati. Negli ultimi anni ne sono state fatte soltanto due, in Friuli e in Emilia Romagna. Ed erano finte. Si è presentato un solo concorrente, Trenitalia». In Germania i servizi di trasporto locale assegnati con gara hanno consentito di ridurre i sussidi statali del 20 per cento.
La Repubblica 09.12.11