«Il ministro Michel dice che siamo vicini a un accordo sulle pensioni…», riferisce un deputato del Pdl a un collega della commissione bilancio. «Chi?». «Coso, lì, come si chiama… Martone», spiega il primo. «Ah sì, Martone… ma davvero?». Sono passate da poco le quattordici quando la giornata politica cambia di segno. La notte dei partiti era stata cupa. Pd e Pdl, ieri, s’erano si sono svegliati con l’amaro in bocca. La freddezza con cui nelle loro apparizioni televisive del martedì sera, dietro algide formule di cortesia, Monti e la Fornero, con accenti diversi, erano parsi liquidare ogni possibilità di serie modifiche al decreto salva-Italia, che i due principali partiti della maggioranza concentravano sui nodi casa e pensioni, avevano indispettito non poco Pd e Pdl. Il cambio di rotta annunciato ieri da Michel Martone, viceministro del welfare, approdato a Montecitorio e sbarcato al molo della commissione lavoro, ha fatto capire che le cose, nel corso della mattinata, stavano prendendo tutt’altra piega. I due partiti-pilastro della maggioranza, in poche parole, hanno puntato i piedi: e l’effetto dell’irrigidimento, nel giorno in cui l’Istat stimava il calo dello spread dopo il varo governativo del decreto in ben 19 miliardi di euro di risparmi all’anno, ha avuto immediate conseguenze. Fin dal primo mattino il Pd ha sparato con tutte le sue batterie a sostegno delle richieste di aggiustamenti del decreto su casa e pensioni. Bersani, Bindi, Enrico Letta, Franceschini. Un cannoneggiamento su tre obiettivi strategici: mantenere l’indicizzazione delle pensioni almeno fino alla fascia dei 1440 euro mensili; attenuare lo scalone del rinvio portato fino a sei anni per andare in pensione; aumentare la franchigia sull’Imu della prima casa. «Modifiche condivise con il Pdl e il Terzo Polo», spiegava ieri Letta, coperte da risorse che possono essere reperite – per quel che riguarda le pensioni – attraverso un prelievo più pesante dell’1,5 per cento previsto in decreto per i capitali rientrati grazie allo scudo fiscale. «Così – precisava Franceschini – non si toccheranno i saldi, né l’impostazione strutturale della mano- vra». Altre risorse compensative possono arrivare da un aumento del contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro o da un analogo ma più limitato contributo sulle baby-pensioni. Quanto all’Imu, un’esclusione della franchigia sulle case di lusso potrebbe consentire uno sconto sugli immobili di fascia inferiore.
Su tutto questo, però, niente emendamenti di bandiera bensì proposte: che Monti può accogliere in un maxi-emendamento su cui porre la fiducia in aula, dove il decreto arriva martedì. Il Pdl, che lavora prevalentemente sottotraccia, fa la sua parte. Alfano ripete, in risonanza col Pd, che «la manovra può essere alleggerita sulle pensioni e sulla casa» e che «l’esecutivo deve ascoltare le proposte che vengono dai partiti» assumendosi il compito di farne una sintesi. Il Pdl recalcitra. Ma dietro Alfano c’è sempre Berlusconi che tiene tutti ben imbrigliati o che, per dirla con l’eufemismo del segre- tario del Pdl, «sta “orientando” il partito che sostiene un governo tecnico». Chiudere un accordo con Monti sarà possibile? Pdl e Pd dicono con cortesia, ma non senza fermezza, che «deve» essere possibile. Anche Casini, finora più che scettico sulla possibilità di correzioni alla manovra, ieri ha fatto capire che almeno sulle pensioni una intesa è realizzabile. Un’illusione ottica dei partiti? Non pare. Il Pd è ottimista. Ma lo è anche il Pdl. «Vedrete che ci sarà qualche novità», diceva in serata Gianfranco Polillo. Sottosegretario all’economia, ma anche ex consigliere economico di Cicchitto, ora trait-d’union con Monti e Grilli.
da Europa Quotidiano 08.12.11