«Dottrine confuse per azioni confuse governano il mondo ». Wolfgang Goethe così descriveva il nuovo oscurantismo, ma sembra una cosa scritta per questo governo e per questa maggioranza. Un provvedimento all’esame della camera ci aiuta a capirne il perché. Il governo approva un decreto-legge in materia di stupro e di violenza alle donne, uno dei delitti più odiosi e nefandi. È fuori discussione l’allarme e l’insicurezza che questi crimini generano. Ma per il governo non è questo il punto, perché pensa bene di fare di questo decreto lo strumento per varare alcune disposizioni non ricollegabili ai delitti di violenza sessuale, dall’ampliamento a 180 giorni del periodo di trattenimento dello straniero nei centri di identificazione e di espulsione, al “piano straordinario di controllo del territorio”, le ronde.
Non si perde occasione per continuare ad alimentare quello che alcuni studiosi inglesi, negli anni Settanta, hanno definito «panico morale », e cioè concentrare l’attenzione su una condizione, un gruppo di persone considerati come una minaccia ai valori e agli interessi della società.
Non rileva il fatto che stiamo parlando di violenza alle donne e dell’umiliazione inferta alle vittime di una piaga sociale infamante. Quello che interessa a questa maggioranza è alimentare il governo della paura. Se la nostra quotidianità diviene preda delle paure e scatta l’identificazione della vittima delle azioni criminali con il cittadino comune, che è sempre per sua natura vulnerabile, si apre la strada a interventi sempre più pesanti e punitivi da parte dello stato e ci si avvia verso l’esercizio di un potere esecutivo del governo sempre più invasivo e totalizzante, con un appannamento e uno svilimento della fiducia nella perdurante validità del patrimonio di principi e valori di cui la nostra Costituzione è espressione.
Ma questa volta è stato passato il segno. Sono messi in gioco non le istituzioni ma i presupposti della credibilità e della forza stessa delle istituzioni.
Attribuire a dei privati cittadini, organizzati in ronde, compiti, diretti o indiretti, di sicurezza pubblica costituisce una violazione dell’inderogabile principio del monopolio pubblico dell’uso legittimo della forza, sul quale si fonda lo stato di diritto.
Siamo nel 1600, dopo le grandi guerre di religione, quando Thomas Hobbes nel Leviathan scrive che «la paura di perdere la vita o solo di rischiare di perderla è la passione che induce gli individui, indistintamente tutti, a desiderare di rinunciare a una parte della loro libertà di decidere su che cosa fare per proteggersi per consegnarla al sovrano in cambio di sicurezza ». Ed è su tale forza che si regge la solidità dello stato. Il monopolio pubblico della forza e del suo uso legittimo non è solo un dato costituzionalmente garantito ma è un presupposto dell’esistenza stessa dello stato, come noi lo conosciamo da Hobbes fino ai giorni nostri.
Pensare di applicare il principio di sussidiarietà alla funzione di sicurezza pubblica è non solo profondamente sbagliato, perché è una funzione non privatizzabile, ma è anche terribilmente pericoloso.
La falsa idea del popolo che si fa stato senza mediazioni istituzionali è il parto di una subcultura politica che vive la Costituzione come un ostacolo da superare.
Davvero si può pensare di poter sacrificare sull’altare della propaganda principi fondanti l’essenza stessa dello stato? Le ronde non sono la risposta ai problemi di sicurezza del paese. Si vedano gli effetti tragicomici delle prime uscite a Padova, con le ronde private scortate da polizia e carabinieri. Le ronde non sono compatibili con la nostra Costituzione anche perché contraddicono il dettato dell’articolo 18 della Costituzione.
Il secondo comma di tale articolo recita: «Sono proibite le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare».
Dottrina e giurisprudenza costante chiariscono che «militare» non deve essere inteso in maniera restrittiva come riferito ad associazioni che fanno uso di armi, ma anche soltanto all’inquadramento degli associati in nuclei con disciplina e ordinamento gerarchico, eccetera. Basta leggere il decreto legislativo n. 43 del 1948, ancora vigente. Per quanto riguarda il perseguimento anche indiretto di scopi politici, non aggiungo altro rispetto alle notizie di stampa di questi sciagurati giorni. Su La Stampa del 25 febbraio: «Borghezio riunisce 5 mila volontari e prepara la scuola. Corsi e stage nei weekend per la difesa». A Treviso: «Lezione per rondisti: cellulare e taccuino e una sola pausa caffè.
Primo giorno in classe da Antonio Romeo, ex carabiniere, che lavorò con il generale Dalla Chiesa, chiamato da Forza Italia per formare i volontari».
Non commento, ricordo solo le parole di Costantino Mortati all’Assemblea Costituente, quando ricordava che il divieto dell’articolo 18 corrispondeva all’intento di evitare che si potesse ripetere nel futuro della storia italiana un’atmosfera di intimidazione e paura. Si sta giocando con il fuoco. La propaganda del governo sta assumendo le vesti dell’irrazionalismo assoluto, della rivolta contro la ragione non solo costituzionale. Il nostro ruolo di opposizione costituzionale, di opposizione politica che difende e attua i principi costituzionali, non ci permette di lasciare bruciare il paese e il suo patrimonio di civiltà e di democrazia.
Europa 14.03.09
Pubblicato il 15 Marzo 2009