attualità, politica italiana

"I sacrifici e la svolta promessa", di Luigi La Spina

Ci sono momenti in cui scontentare tutti è un dovere e certamente questo, in Italia, è uno di quei momenti. Il bivio davanti al quale si trova il nostro Paese non ammette vie diversive, né incertezze. Lo testimonia il tono drammatico con il quale il premier lo ha indicato. Il messaggio di Monti segna l’atterraggio dal mondo delle illusioni e delle favole nel quale abbiamo vissuto, per troppo tempo, a quello di una realtà, per troppo tempo, nascosta e ignorata. La irrituale commozione per la quale il ministro del lavoro e della previdenza, Elsa Fornero, ha dovuto interrompere l’esposizione della riforma pensionistica è stata l’immagine più efficace di quella «catastrofe», evocata ieri, al limite della quale ci troviamo.

Un atterraggio, dunque, brusco e doloroso, ma inevitabile. Per questo, suonano particolarmente insopportabili le demagogiche proteste di chi fino a ieri è stato corresponsabile di una situazione che ci ha portato sull’orlo del dissesto. Ma anche la stessa esigenza di non distaccarsi dal reale, dovrebbe consigliare alcuni critici di verificare la concreta praticabilità di molte ricette alternative, magari anche brillanti, che in questi giorni sono state suggerite al governo Monti.

Le durissime misure approvate ieri scontano il limite, appunto, di concretezza e di urgenza. Nei prossimi giorni gli italiani si eserciteranno nel calcolo sull’equità dei sacrifici richiesti, con la solita bilancia che vede nel piatto del vicino il peso sempre più leggero. Sarà un esame interminabile e, inevitabilmente, opinabile, in cui le corporazioni degli interessi che, da decenni, imprigionano il nostro Paese si scateneranno in una forsennata gara di egoismo sociale.

Questo annunciato carosello di proteste intrecciate metterà a rischio, purtroppo, il vero giudizio che le Camere e i cittadini dovrebbero emettere sui provvedimenti governativi. Quello che risponde alla fondamentale domanda: le misure approvate ieri quanto garantiscono che, nei prossimi anni, non ne saranno necessarie altre, più o meno, dello stesso tenore e delle stesse proporzioni? Rispetto a quelle che ritualmente siamo stati costretti a sopportare negli ultimi decenni e che, evidentemente, o non sono state sufficienti o sono state sbagliate, come si differenziano?

«Le tasse sono bellissime». Con questa frase, il compianto ex ministro Tommaso Padoa-Schioppa scandalizzò provocatoriamente l’Italia. Eppure, quella frase coglieva il vero nocciolo della nostra «questione fiscale»: il sentimento di ingiustizia che rende così odioso il dovere di contribuire alle spese dello Stato. Per due motivi: l’eccezionale livello dell’evasione che tocca oltre un quarto dei cittadini e gli scandalosi privilegi di una classe politica pletorica, sia a livello centrale, sia a livello locale.

Ecco perché più che addentrarsi nel vaglio certosino di una equità che evidentemente deve fare i conti con i numeri, per cui i sacrifici non possono essere riservati solo ai ricchi, ma anche al ceto medio e alla grande maggioranza degli italiani, è meglio concentrare l’attenzione sulla presenza o meno di una «qualità» diversa dei provvedimenti governativi. Se abbiano, e quanto lo abbiano, caratteristiche tali da modificare la struttura del bilancio dello Stato e dei criteri con cui finora il prelievo fiscale ha colpito meno i patrimoni e più il reddito.

Alla luce di questo metodo, il giudizio sulla manovra varata ieri, nelle prossime settimane, dovrà verificare l’efficacia della svolta annunciata nella lotta all’evasione e nella riduzione del peso dei cosiddetti «costi della politica» sulle spalle degli italiani. Non tanto e non solo per l’entità delle cifre recuperabili se venisse ridotta la quota degli italiani che sfuggono al dovere civico di pagare le tasse, anche se potrebbero essere non trascurabili, quanto per il segnale di moralità pubblica che potrebbe rendere più accettabili i sacrifici annunciati. Stesso significato, anzi ancora più accentuato, dovrebbe essere attribuito al taglio dei privilegi e delle spese per mantenere la nostra classe politica.

E’ giusto non chiedere «miracoli» a un governo che può contare su una maggioranza parlamentare così eterogenea e del tutto priva di una sua rappresentanza nei vari dicasteri. È anche comprensibile che la distribuzione dei sacrifici debba tenere conto della somma degli interessi tutelati dai partiti che lo sostengono. Ma alla «diversità» di un governo tecnico deve necessariamente corrispondere la «diversità» di interventi che diano l’immagine di una «svolta» nella politica italiana. Ieri la conferenza stampa di Monti e dei suoi ministri l’ha promessa. Solo se sarà mantenuta, l’Italia sarà salvata.

La Stampa 05.12.11

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«Chiamatelo decreto salva Italia», di MARIO MONTI

Vorrei rivolgermi per un momento ai cittadini italiani. Il governo ha ricevuto dal capo dello Stato e dalla fiducia del Parlamento un mandato di corta durata e di severo impegno, quello di aiutare l’Italia a uscire da una crisi gravissima. Una crisi internazionale, una crisi e un disagio dell’economia e della società italiane che rischiano di compromettere quanto è stato costruito in sessant’anni di sacrifici da almeno quattro generazioni di italiani.
È un momento nel quale l’Italia rischia di macchiarsi della responsabilità di contribuire a fare andare in senso negativo l’economia europea e l’eurozona, ma è anche un momento nel quale l’Italia ha il potenziale per far vedere che è un grande Paese, capace di trovare in sé la forza per risolvere in un quadro europeo i propri problemi.
Siamo un Paese che ha accumulato nel corso di decenni dei gravi squilibri. Vedete, quando si parla di costi della politica, e io ho un profondo rispetto per la politica, quando si parla di costi della politica e noi abbiamo, come dirò fra un attimo, adottato misure per ridurli da subito in misura significativa, si pensa al costo che i cittadini sopportano per gli apparati amministrativi a livello locale e a livello nazionale; ma non si pensa al vero costo della politica come purtroppo è stata fatta per decenni in Italia. Qual è il vero costo della politica? È che chi governa prenda decisioni miranti più all’orizzonte breve delle prossime elezioni che all’orizzonte lungo dell’interesse del Paese, dei nostri figli, dei nostri nipoti. Molte volte in passato, soprattutto quando l’Italia non era così intimamente inserita nel quadro europeo, quella politica aveva prevalso e molto concretamente è a causa di quella politica che oggi i giovani italiani fanno così fatica a trovare lavoro, che abbiamo squilibri territoriali rilevanti tra Nord e Sud, che abbiamo un debito pubblico molto grande. Il debito pubblico grande degli italiani non è colpa degli europei, è colpa degli italiani, che in passato non hanno dato abbastanza peso, abbastanza attenzione al benessere dei bambini, dei futuri adulti italiani, delle generazioni future.
Ebbene, dopo gli ultimi anni in cui sono stati, sotto l’egida europea, realizzati progressi significativi ma non ancora sufficienti, questo è il momento in cui il capo dello Stato e il Parlamento hanno chiesto a questo governo di aiutare a, direi, salvare l’Italia e a sviluppare l’Italia. Oggi abbiamo adottato una serie di provvedimenti di emergenza che leggerete domani nei giornali e che illustrerò fra un attimo in conferenza stampa e abbiamo però, nel prendere questi provvedimenti, tenuto molto presente la necessità di creare al tempo stesso le condizioni per la crescita dell’Italia. A un tempo la necessità di mettere sotto forte controllo il nostro disavanzo e debito pubblico, essere guardati quindi non come un focolaio sospetto di infezione dall’Europa ma come, di nuovo, un punto di forza e abbiamo anche dato un peso molto particolare all’equità, abbiamo dovuto distribuire dei sacrifici e abbiamo però avuto grande cura nel distribuirli in un modo che c’è parso equo. Abbiamo preso misure significative contro l’evasione fiscale, voi direte è una cosa che è stata promessa tante volte in passato e che non ha avuto gli sviluppi che avrebbe dovuto: vedrete che i nostri provvedimenti sono piuttosto incisivi a questo riguardo. E abbiamo anche sottoposto noi stessi a una disciplina dimagrante significativa (anche di questo vedrete).
Quindi la pluralità di sacrifici che noi chiediamo agli italiani vogliamo che siano visti nella prospettiva di un risveglio dell’economia italiana, della società italiana. Per ora abbiamo guardato a molti settori, non ancora al mercato del lavoro e agli ammortizzatori sociali, questo sarà compito delle prossime settimane, ma voi vedrete che sarà un passo significativo dell’Italia verso un maggiore ruolo al merito, alla concorrenza, alla lotta contro i privilegi, contro i nepotismi, contro le rendite e a favore di una maggiore concorrenza e di una maggiore apertura. Ci sono provvedimenti specifici che pur nelle ristrettezze finanziarie mirano a favorire la condizione delle donne, a favorire la condizione dei giovani, a favorire una migliore coesione territoriale e uno sviluppo del Mezzogiorno. E tutto questo quindi dà l’idea che contemporaneamente abbiamo per certi aspetti da tirare la cinghia e per altri aspetti però mettiamo in opera da subito meccanismi per la crescita dell’Italia.
Noi vogliamo che ci sia un’Italia che si senta orgogliosa di essere Italia, che gli italiani non si sentano derisi come qualche volta può essere accaduto in passato e che, diciamo fino in fondo, noi italiani, che siamo considerati giustamente delle individualità di spicco simpatiche, capaci e inventive, cerchiamo anche di lavorare meglio insieme, con una maggiore coesione per cercare di svilupparci nella armonia. Usciamo da una fase politica nella quale l’obiettivo sembrava quasi quotidiano, era il confronto brutale tra le opposte posizioni politiche. Noi ci troviamo, non politici, ad essere stati chiamati ad un servizio che intendiamo svolgere in modo umile nei confronti del Parlamento e del Paese, vogliamo risanare l’economia italiana, vogliamo riavere, ridare all’Italia grande peso nel concerto delle nazioni e soprattutto in Europa e vogliamo anche aiutare la politica, che rispettiamo, a recuperare con l’opinione pubblica un rapporto più disteso perché della buona politica un Paese ha bisogno e nel nostro breve, temporaneo servizio vogliamo anche a questo contribuire. Insieme ce la faremo. Ho voluto darvi un messaggio di grave preoccupazione ma insieme di grande speranza. (…) Questo, se volete, potete chiamarlo decreto salva Italia.
Discorso che il presidente del Consiglio Mario Monti ha tenuto ieri sera prima di illustrare le misure anticrisi

da Il Corriere della Sera 05.12.11