Profluvi di parole. La Rete pullula di appelli, lettere aperte, messaggi indirizzati al neo ministro Profumo. Associazioni di genitori, studenti, insegnanti, coordinamenti, precari, tutti – in una liberatoria grafomania digitale – danno voce a un’ansia comunicativa naturale risultanza di 3 anni e mezzo di autoreferenzialità ministeriale: il periodo di più assoluto blocco della comunicazione tra “testa” (per modo di dire) e gambe dell’apparato scolastico. Lavoratori della scuola, ma anche studenti e persino sindacati (la cui consultazione formale difficilmente è stata accompagnata da un ascolto autentico) sono stati tenuti a distanza da processi decisionali che hanno imposto restrizioni di ogni tipo, “scorciatoie” legislative sconfinanti talvolta nell’illegittimità, nessuna visione pedagogica e didattica. A Profumo l’onere della risposta e, insieme, la responsabilità di ribaltare il disagio che lavoratori e portatori di interesse avvertono. Ce ne sarebbe davvero bisogno. Ma c’è altrettanto bisogno di
capire – anche con piccole mosse su apparentemente minimi dettagli – in quale direzione stiamo andando.
GHIZZONI (PD) in un’interrogazione chiede al ministro di far presente alle amministrazioni scolastiche regionali e alle autonomie scolastiche l’ennesima “anomalia” del nostro sistema: risulta da segnalazioni di genitori e docenti che i “pagellini” relativi alle valutazioni intermedie, che vengono consegnati in questo periodo dell’a. s., riporterebbero spesso la valutazione in Irc (Insegnamento Religione Cattolica) con voto numerico, come avviene per le altre materie. Per gli alunni che si avvalgono di tale insegnamento, invece, è prevista “una speciale nota da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l’interesse con il quale l’alunno segue l’insegnamento e il profitto che ne ritrae” (D. lgs. 297/1994, art. 309). Ultime zampate di quelli che non mollano mai: il senatore Vice-conte, ex sottosegretario allo Stato Italiano (non del Vaticano) ha fatto in tempo, con la nota 310/11, inviata agli Usr, a invitare le scuole anche statali, nell’esercizio della loro autonomia (sembra quasi una beffa), a interrompere le lezioni per partecipare il 28 novembre a un’udienza del Pontefice, organizzata dalla Fondazione Sorella Natura. Alle 12 di un giorno feriale le scuole sono incoraggiate a interrompere l’attività didattica per partecipare a un incontro dalla incontrovertibile natura confessionale. La domanda sorge spontanea: quale competenza avrebbero l’ex sottosegretario o dirigenti degli Usr o le stesse autonomie scolastiche compiacenti per orientare (o decidere?) la sospensione di un’attività scolastica per partecipare a un’udienza papale?
MAUCERI, avvocato dell’associazione Per la Scuola della Repubblica, sostiene che “non solo si configura un’arbitraria interruzione di un pubblico servizio per finalità di natura confessionale e quindi privata, ma si mette in atto un’attività discriminatoria, che è anzitutto in contrasto con il principio della laicità dello Stato che nella scuola preclude in modo assoluto iniziative che per la loro natura confessionale creano ingiuste distinzioni tra gli alunni a seconda della loro credenza religiosa”. Ho infine davanti agli occhi la Gazzetta 268 (17.11.11), il canto del cigno di Gelmini: art. 1 del 21.9.11, lì pubblicato: “A decorrere dalla data del presente decreto la Link Campus University, con sede in Roma, cessa l’attività come sede in Italia dell’Università di Malta ed è riconosciuta quale Università non Statale dell’Ordinamento Universitario Italiano”. Un altro concorrente per una mangiatoia quasi vuota, dopo anni di tagli pesantissimi all’università statale. Ma la sorpresa è un’altra. Il presidente della Link Campus è l’immarcescibile Vincenzo Scotti, anche presidente di Noi Sud, dopo essere stato espulso dal Mpa, e, fino a 2 settimane fa, sottosegretario di Stato al ministero degli Affari esteri. È vero. La situazione è complicata e c’è molto da rimettere a posto. Però anche la decenza ha una propria funzione. Etica, e persino estetica. Non farà ripartire l’economia, ma aiuterebbe a guardare il presente con occhio meno disgustato. E il futuro con l’idea che, nonostante – forse – il permanere di problemi e tensioni, i principi, i grandi concetti organizzatori del vivere civile possano essere fatti salvi. Laicità, interesse generale, pari opportunità, dopo essere stati vilipesi, potrebbero tornare a essere considerati elementi imprescindibili su cui fondare l’esistenza di un Paese perbene. Chissà se la sobrietà, continuamente evocata parlando del nuovo presidente del Consiglio, possa avere la meglio sulla violazione di principi – persino quelli sanciti dalla Costituzione – e buon senso. Sarebbe un segnale significativo.
Il Fatto Quotidiano 30.11.11