Gentile Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, parlare di valutazione di sistema oggi non è affatto una cosa facile, non solo perché alcuni luoghi comuni in negativo agitati da alcune parti ne snaturano le finalità, ma anche perché il concetto stesso si è venuto maturando con difficoltà nel corso degli ultimi decenni e, a mio giudizio, non è ancora giunto a un suo definitivo ubi consistam.
Una storia non priva di difficoltà
Cominciammo a parlare di valutazione di sistema un po’ timidamente in occasione della Conferenza della scuola del 1990 (ministro Mattarella), consapevoli che il miglioramento degli apprendimenti non è direttamente dipendente solo da un progressivo aumento degli investimenti. Poi nel ’94, con il varo del Testo unico dell’istruzione, con l’articolo 603, giungemmo a una prima definizione di “parametri di valutazione della produttività del sistema scolastico” e avvertimmo la necessità di allertare gli allora Cede, Bdp e Irrsae per un’attività di questo tipo (l’articolo 603 venne poi abrogato dall’articolo 17 del dpr 275/99). In seguito, con la legge 59 del ‘97 all’articolo 21, commi 9 e 10, ravvisammo ulteriormente la necessità di procedere alla verifica e alla valutazione della produttività scolastica. Nello stesso anno con la Direttiva 307 demmo vita presso il Cede al Sistema Nazionale di Valutazione per la Qualità dell’Istruzione. Infine, nel 1999, nell’articolo 10 del dpr 275 scrivemmo: “Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio, il Mpi fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino all’istituzione di un apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Cede, riformato a norma dell’articolo 21, comma 10 della legge 59/97”. Nello stesso anno, con il dlgs 258/99 il Cede venne trasformato in Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione e la Bdp in Indire. L’Invalsi venne poi organizzato con il dpr 313 del 2000 come “ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero della pubblica istruzione”, L’Invalsi quindi nacque come una costola del Mpi e non come un’agenzia autonoma, come invece auspicavano i primi sostenitori della necessità che anche nel nostro Paese si delegasse a un’agenzia autonoma il compito di valutare la produttività del sistema scolastico (era il pensiero di Aldo Visalberghi).
La valutazione di sistema trovò infine una sua corretta definizione con la legge 53/03, dove, all’articolo 3, comma b leggiamo: “Ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione della qualità del sistema di istruzione e di formazione (professionale, n.d.a.), l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative (professionali, n.d.a.); in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la struttura del predetto Istituto”. L’anno successivo, con il dlgs 286 viene istituito il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e viene riordinato l’Invalsi: alla parola finale “istruzione” viene aggiunta l’espressione “e formazione” (professionale).
L’avvio delle attività e le conseguenti implicazioni
In anni più recenti seguono una serie di direttive. Con la 74/08, a carattere triennale, si calendarizzano le concrete attività dell’istituto per la rilevazione degli apprendimenti: si decide che nell’anno scolastico 2008/09 si parte con la scuola primaria; con il 2009/10 con la scuola media, con il 2010/11 con la scuola secondaria di secondo grado. Con la direttiva 75/08, a carattere annuale, vengono individuati gli obiettivi generali delle politiche educative nazionali cui l’Invalsi dovrà attenersi per lo svolgimento della propria attività istituzionale per l’anno scolastico 2008/2009. Ai fini di una completa informazione, è opportuno ricordare anche i seguenti dispositivi: la Direttiva 67/10; la Nota 3813 del 30/12/10; la Lettera del Presidente Piero Cipollone alle scuole del 10 gennaio 2011; la Cm del Direttore Carmela Palumbo del 24 aprile 2011.
Le esperienze valutative che si sono avvicendate negli ultimi anni nelle scuole non sono state scevre da difficoltà: a) nessuna chiarezza alle scuole sui compiti loro assegnati e sulle concrete finalità delle rilevazioni; b) appesantimento non retribuito del lavoro degli insegnanti; c) prove Invalsi non sempre corrette sia in ordine alle concrete competenze da testare (data l’estrema incertezza normativa circa gli standard terminali dei singoli percorsi di studio) che sotto il profilo docimologico. Va aggiunto che le prove si sono “abbattute” sulle scuole in un momento di grave crisi succeduta ai tagli indiscriminati operati dai ministri Tremonti e Gelmini; per cui sembrava anche improponibile valutare la qualità delle prestazioni degli studenti mentre in contemporanea si tagliavano le risorse. Va anche considerato che nessuna disposizione chiara proponeva alle scuole l’obbligatorietà delle prove, la quale, pur se si desume dal citato articolo 3 della legge 53/03, non è mai diventata operativa a seguito di una trattativa che si sarebbe dovuta attivare in sede di normativa e di contrattazione.
Pertanto, nella tornata del 2011 l’amministrazione delle prove Invalsi ha provocato enormi difficoltà soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, giunta assolutamente impreparata e non sufficientemente informata dell’importanza e della necessità di una valutazione di sistema. Va aggiunto che, per insufficienza della norma e di una cultura docimologica a monte, si sono create pericolose confusioni tra la valutazione di sistema, relativa agli apprendimenti degli alunni, e la valutazione degli insegnamenti, che è tutt’altra cosa e che riguarda la distribuzione delle discipline e dei relativi monti orari, nonché la stessa valutazione degli insegnanti, che è altra cosa ancora. Il fatto è che in parallelo nel 2011 si è avviata in alcune scuole in via sperimentale un’attività concernente la premialità e il merito individuale degli insegnanti: ciò in ordine al titolo III, “merito e premi”, del dlgs 150/09 (decreto Brunetta). Va chiarito che la valutazione degli operatori pubblici, a qualsiasi amministrazione appartengano, pur se conforme con lo sviluppo del processo autonomistico e ad esso funzionale, non solo è tutt’ora in fieri, ma è assolutamente altra cosa rispetto alla valutazione del sistema di istruzione e di formazione. Se non c’è chiarezza su questi punti, anzi, se si alimenta la confusione, risulta estremamente facile che si elevino vigorose proteste: e così è stato in molti istituti secondari nello scorso mese di maggio, anche se Miur e Invalsi hanno preferito nascondere la testa sotto la sabbia e minimizzare la cosa.
Insomma, le autorità competenti devono ribadire con forza che un conto sono le iniziative di valutazione del merito dei singoli operatori, a qualunque amministrazione appartengano, altro conto è la valutazione di un intero sistema: può darsi infatti il caso di un operatore ottimo e di un sistema fallimentare, se non addirittura viceversa! Se poi il ministro Gelmini dichiara a ‘la Repubblica’ del 9 ottobre che “non riusciremo ad aumentare gli stipendi, ma vareremo un sistema di incentivi basato sui test Invalsi”,ciò dimostra con estrema chiarezza che non solo un ministro non sa quel che dice ma neanche quel che fa, o dovrebbe, con il suo stesso ministero! Si tratta, comunque, di un’ammissione estremamente pericolosa non solo per gli effetti che ha prodotto e produce, ma anche per l’errore che la sottende. O meglio, potremmo dire che le norme che si sono susseguite negli ultimi anni sono così impasticciate e confuse che neanche la loro depositaria e curatrice sembra capace di venirne a capo! Occorre ancora ribadire che si tratta di tre concetti diversi: a) le prove Invalsi – quando ben fatte, ovviamente – servono a valutare il sistema; b) gli incentivi agli insegnanti “bravi” sono un’altra cosa e rientrano nella premialità di cui al decreto Brunetta; c) andranno sostenute – con criteri da definire – quelle scuole che, grazie alle prove Invalsi, si dimostreranno più deboli: anche in forza di quei livelli essenziali delle prestazioni, di cui lo Stato ha legislazione esclusiva, come recita, tra l’altro, l’articolo 117 della Costituzione.
La situazione oggi
Ora il governo Berlusconi non c’è più e la Gelmini è tornata alle sue personali faccende: il che sarebbe un’ottima cosa purché la nuova amministrazione sia in grado di prendere atto della confusa situazione esistente e di assumere le iniziative del caso. Veniamo ai dettagli.
Partiamo dalla lettera che l’allora presidente dl Consiglio, Silvio Berlusconi, ha inviata il 26 ottobre 2011 alla Commissione e al Consiglio europei circa la difficile situazione italiana e ai provvedimenti che il nostro governo avrebbe dovuto assumere. Al punto Promozione e valorizzazione del capitale umano leggiamo testualmente: “L’accountability delle singole scuole verrà accresciuta (sulla base delle prove Invalsi), definendo per l’anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti; si valorizzerà il ruolo dei docenti (elevandone, nell’arco d’un quinquennio, impegno didattico e livello stipendiale relativo); si introdurrà un nuovo sistema di selezione e reclutamento”.
L’espressione è estremamente generica e, per certi versi, può dar luogo ad equivoci: Che effettivo rapporto corre tra l’accountability delle scuole e le prove Invalsi, tra l’altro citate in parentesi? E con quali iniziative saranno “ristrutturate” – in quanto sostenute? – le scuole più deboli? E non è un caso che a tale lettera Olli Rehn, Commissario europeo per gli affari economici e monetari, risponde il 4 novembre con una serie di quesiti posti a Giulio Tremonti chiedendogli una serie di approfondimenti in ordine ad alcune materie.
I punti 13 e 14 riguardano l’istruzione. Leggiamoli: “Capitale umano 13) Come verranno ristrutturate le singole scuole con risultati insoddisfacenti nelle prove Invalsi? 14) Come intende il governo italiano valorizzare il ruolo degli insegnanti nelle singole scuole? Che tipo di incentivi saranno utilizzati a tal scopo?” E Tremonti ha così risposto: “Promozione e ottimizzazione del capitale umano. La rendicontazione (accountability) delle singole scuole sarà incrementata (sulla base dei test Invalsi), introducendo un programma di ristrutturazione nell’anno scolastico 2012-13 per quelle con risultati insoddisfacenti; il ruolo degli insegnanti verrà valorizzato (incrementando il loro carico di insegnamento e il corrispondente livello salariale nel corso di un periodo di cinque anni); sarà introdotto un nuovo sistema di selezione e reclutamento”. A domande precise, risposte non certo pertinenti e chiare! Comunque, sembrerebbe che per le scuole risultate più deboli venga avviato un programma di “ristrutturazione”: e ciò significherebbe che per tali scuole verranno dati maggiori finanziamenti? Mah! Attualmente la normativa non prevede opzioni di questo tipo: o forse Tremonti sembra addirittura recedere dalla sua politica di tagli lineari? Mah!
Il da farsi subito
Ma ora abbiamo un nuovo governo e un nuovo Ministro Miur, e la parola e l’azione passano direttamente a loro. E’opportuno sottolineare quanto ha detto in proposito delle suddette questioni il nuovo Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti nel suo discorso del 17 novembre al Senato: “La valorizzazione del capitale umano deve essere un aspetto centrale. Sarà necessario mirare all’accrescimento dei livelli di istruzione della forza lavoro, che sono ancora oggi nettamente inferiori alla media europea, anche tra i più giovani. Vi contribuiranno interventi mirati sulle scuole e sulle aree in ritardo – identificando i fabbisogni anche mediante i test elaborati dall’Invalsi – e la revisione del sistema di selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti”. Insomma, si insiste sul continuum scuole/invalsi/insegnanti, di cui, però, occorre ritrovare e definire precise competenze.
Occorre sciogliere, e presto più nodi: a) che la valutazione di sistema superi al più presto l’impasse in cui si trova e diventi una pratica “normale”; b) che il Miur definisca gli standard di competenze da testare nelle rilevazioni da effettuare anno dopo anno; c) che l’Invalsi proponga prove che siano l’esito della più avanzata ricerca docimologica; d) che le scuole e gli insegnanti avvertano che la rilevazione Invalsi è di aiuto concreto per le loro programmazioni e attività; e) che tutta la macchina operativa, pur nella sua complessità, sia trasparente, efficiente ed efficace; f) che il nodo dell’obbligatorietà della rilevazione sia assunto come dato ineludibile da parte delle scuole e degli insegnanti. A tale proposito è bene citare la nota ministeriale del 18 ottobre u. s., firmata da Carmela Palumbo, in cui si afferma che “gli impegni connessi allo svolgimento delle rilevazioni dovranno trovare adeguato spazio di programmazione nell’ambito del piano annuale delle attività, predisposto dal dirigente scolastico e deliberato dal collegio dei docenti ai sensi dell’art 28, comma 4, del vigente Ccnl. Inoltre il riconoscimento economico per tali attività potrà essere individuato, in sede di contrattazione integrativa di istituto, ai sensi degli artt. 6 e 88 del vigente Ccnl”. Però, è bene ricordare che le scuole devono essere messe in condizione di individuare e definire tale riconoscimento economico, altrimenti il contenzioso già in atto non avrà mai fine.
Gentile Ministro! Lo spazio operativo in tale delicata materia della valutazione di sistema è ampio e per certi versi difficile. Ciò che dovrebbe fare, prima di sciogliere i nodi sopra esposti, Lei che è ingegnare e che si intende di sistemi ben più complessi e sofisticati di quello dell’istruzione e della formazione professionale, è restituire chiarezza ad una materia che da anni ha visto solamente un sommarsi di norme e dispositivi che hanno reso complicata una “cosa” che più semplicemente è soltanto… complessa! E Lei capisce ciò che intendo dire. Lei deve essere in grado di dare fiducia agli insegnanti che si accingono ad un lavoro che in effetti non hanno mai fatto e che ancora vedono con diffidenza. E, se vuole un consiglio, faccia assoluta chiarezza sulle finalità e sul da farsi e… cominci ad aprire la borsa. Se uno dei compiti di questo governo è quello di restituire credibilità alle istituzioni, lanci un segnale di discontinuità: l’istruzione è la speranza del domani e di un Paese migliore. Da troppi anni è stata l’ultima ruota del carro della compagine governativa. Abbia la forza e l’intelligenza di restituirle il posto che merita!
Grazie per quanto potrà fare! Con viva cordialità!
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