Comuni che non potranno chiudere il bilancio, non sapendo quanto potrà loro arrivare dal fondo di solidarietà. Il migliaio di municipi grandi e piccoli che andranno al voto nella prossima primavera, non in grado di pubblicare i loro bilanci sui siti web, la rivoluzionaria opera di trasparenza prevista dalla nuova legge. Il Grande Incompiuto, il federalismo fiscale, è ormai definito nei contorni normativi, ma resta privo di molti dei provvedimenti attuativi in grado di trasformarlo in cosa viva.
Di qui, l’appello del costituzionalista Luca Antonini è il presidente della Copaff, la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale. In sostanza, l’ingegnere del federalismo fiscale: «Il nostro lavoro è stato soprattutto quello di superare il criterio della spesa storica: fin qui, chi più spendeva, e spesso più sprecava, più riceveva dallo Stato». L’architettura si regge sulla definizione dei fabbisogni standard: quanto può costare legittimamente un determinato servizio? In questi giorni sono arrivati i primi risultati dei questionari per standardizzare la spesa comunale: «Le disfunzioni che emergono — racconta Antonini — sono evidenti. Per esempio: nella fascia dei Comuni con 50 mila abitanti la spesa per la polizia locale varia tra i 10 e i 120 euro pro capite. Un divario ingiustificato. Più in generale, ci sono Comuni che ricevono pro capite 120 euro, altri che ne ricevono 800. Senza che esista nessuna analisi sull’effettivo fabbisogno. Sono gli sprechi derivanti da quarant’anni di sistema della spesa storica. Peraltro gli standard serviranno ai sindaci — ma anche alle opposizioni — per misurare l’efficienza della propria amministrazione, e alla stampa per commisurare in modo omogeneo amministrazioni diverse». L’altro portato del federalismo fiscale, infatti, è l’armonizzazione dei bilanci. «Il problema è stato ricordato ieri da Mario Monti. Il decreto approvato coinvolge 9700 enti: Comuni, ma anche società partecipate e Asl. Per rimediare — prosegue Antonini — a paradossi sorprendenti: nel 2011, Catania è stata premiata per il rispetto del patto di stabilità, in base al bilancio 2008. Peccato che nel 2009, la stessa città è stata ripianata con 140 milioni di euro, per evitarne il dissesto. È evidente che il bilancio presentato era inattendibile».
Ma fondamentale è anche il tema, oggi in mezzo al guado, del fondo di perequazione: «Vanno ancora definiti i criteri di ripartizione del fondo per il 2012. Molti comuni, dunque, non sanno cosa potranno aspettarsi». La legge, inoltre, prevede che in vista del voto i Comuni pubblichino sul loro sito un bilancio certificato: «Serve a sanare un’altra anomalia italiana: i neoeletti scoprono i buchi di bilancio lasciati dai predecessori. Caldoro che non era riuscito a capire il deficit della sanità campana, Pisapia che dice di aver trovato 150 milioni in meno dell’atteso. Tutte cose che, se vere, si apprendono soltanto dopo le elezioni. In base a cosa votano gli elettori?». Il problema è che «occorre predisporre subito lo schema per le elezioni 2012». Tra l’altro, prosegue Antonini, tutto questo lavoro potrà dare sostanza anche al «fallimento politico», «con la ineleggibilità di dieci anni per il responsabile del dissesto». Resta anche il problema dell’Ici sulla prima casa: «Già da mesi è chiaro che il sistema va riequilibrato: se si esclude la prima casa e il prelievo va solo sulle seconde case le distorsioni sono forti. È già stato approvato lo schema di un decreto correttivo che riduce l’Imu e introduce una nuova imposta su Rifiuti e Servizi che grava anche sulle prime case. La scelta politica è sul come e sul quanto».
Il Corriere della Sera 18.11.11