Tre ministre in tre posizioni chiave e la dichiarazione della questione femminile come «indifferibile». In altre parole: se non ora, quando? Non si possono non cogliere, nella totale novità della fase politica e culturale che si è aperta, segnali di chiarezza sulle scelte necessarie di cambiamento. Mario Monti ha parlato di riorganizzazione dell’intero sistema Italia. L’ha fatto mostrando estremo equilibrio tra esigenze di rigore, crescita ed equità, svelando, dietro l’aplomb da professore, un’idea di futuro non da libro dei sogni, ma come spazio di reali opportunità e desideri realizzabili giorno per giorno.
È un’idea di Italia di donne e uomini, di giovani donne e giovani uomini. Aperta, meritocratica, anticorporativa, dinamica e solidale. Capace di tornare a giocare un ruolo centrale in Europa e nel suo necessario nuovo rilancio e costruzione. Di farci riscoprire quel sentimento di orgoglio che negli ultimi tempi aveva lasciato il passo a imbarazzi e indignazione. Di farci sperare che partecipare e contribuire al cambiamento può davvero farci intravvedere un Paese più giusto per donne e uomini, per la politica, per le istituzioni.
Monti, ancor più dopo aver ascoltato il suo discorso programmatico, si dimostra una grande occasione per tutti. Non ci si potrà più nascondere dietro veti ideologici, vecchie resistenze o identità difensive. Ciascun soggetto sociale, economico e di rappresentanza dovrà fare la propria parte, dimostrando di saper giocare in squadra. Non significa ovviamente accettare qualsiasi cosa e regalare al governo un’unanime e indiscussa approvazione, ma cambiare tutti atteggiamento, riscoprendo il dialogo costruttivo, la proposta, la consapevolezza che la sfida è di tutti come di tutti è l’Italia che costruiremo e vivremo da domani. Molte delle riforme che il governo dovrà affrontare interrogano in modo esplicito la cultura e l’identità valoriale della sinistra. Pensioni, mercato del lavoro, sviluppo, fisco, ma anche scuola, immigrazione, assetti istituzionali e coesione nazionale: chi ha fatto parte della sinistra storica dovrà scegliere se restare agganciato ai ricordi di un mondo passato o se voltarsi con convinzione in avanti, senza dimenticare nulla di quello che siamo stati ma trovando, anche dal confronto leale con i tecnici preparati che oggi siedono al governo, il coraggio del cambiamento e dell’innovazione.
Perché ancor più che un governo del rigore, quello che serve è uno slancio di futuro, di mobilità e crescita, innovazione e di convivenza civile. Quelle doti che Monti stesso ha dichiarato appartenere ai giovani, indicati come destinatari principali dell’azione del governo. Senza conflitti generazionali, anzi con un nuovo spirito collaborativo, lo stesso che deve fondare il nuovo patto di cittadinanza tra donne e uomini. Le buone prospettive per questo fondamentale patto sono confermate anche dalle parole inedite e per nulla scontate rispetto alle donne come risorsa per la nazione, quindi per tutti. Tre ministre in tre posizioni chiave, a fare da guida per le riforme strutturali che servirà immettere nel sistema per trasformarlo e la dichiarazione della questione femminile come questione «indifferibile»,detta in altri termini: se non ora, quando? Se il governo, insieme alla reazione alla crisi, saprà
dare priorità al lavoro delle donne, al welfare delle opportunità per far condividere scelte di vita privata e lavoro, il diritto e la responsabilità di maternità e paternità, sono sicura troverà nelle italiane un grande protagonismo positivo e costruttivo e forse a tutti il futuro apparirà più rosa.
L’Unità 18.11.11