Onorevole Franceschini, secondo lei è possibile, dopo le contrapposizioni di questi anni, che centrosinistra e centrodestra sostengano insieme un governo d’emergenza?
«Io penso che sia indispensabile. Non esistono alternative alla nascita di un nuovo governo con una larga base parlamentare, che garantisca di affrontare l’urgenza della crisi e che tranquillizzi i mercati. È una strada obbligata. Del resto, nella vita di ogni partito arriva sempre il momento di scegliere quello che serve al Paese e non le proprie convenienze di parte. In teoria, noi avremmo interesse a fare le elezioni, visti i sondaggi, ma non lo facciamo perché mettiamo avanti gli interessi del Paese».
Non le sembra di essere troppo ottimista?
«No, io penso che il governo d’emergenza risponda alle domanda degli italiani, che sono preoccupati per il loro lavoro, per i loro risparmi e per il futuro. E anche il mondo è attento ai destini dell’Italia a cui sono legati quelli dell’Europa. Ciò non vuol dire che nasce una maggioranza politica a sostegno del governo d’emergenza, significa che per una fase transitoria avversari che restano tali e che lo saranno alle prossime elezioni, antepongono l’esigenza di salvare il Paese ai loro interessi. Penso che sia difficile spiegarlo sia ai nostri elettori che ai loro, ma abbiamo il dovere di farlo».
Franceschini, ma l’ingresso di politici di tutti gli schieramenti nel governo non faciliterebbe le cose? Eppure voi del Partito democratico avete chiesto che vi siano solo tecnici.
«Sarebbe difficile immaginare esponenti del Pd e del Pdl insieme nello stesso governo: non lo capirebbero né i nostri elettori né i loro. L’unico schema possibile è quello di un governo che affronti l’emergenza, composto da personalità competenti, ma al di fuori delle appartenenze politiche, appoggiato da una maggioranza il più larga possibile. Mi rendo conto che siamo su un terreno inedito perché nel nostro sistema i governi sono espressione di una maggioranza politica: ma è l’unica strada. Perché riesca occorre che tutti voltiamo pagina nei modi e nei toni».
Che cosa si aspetta dal prosieguo di questa legislatura?
«La missione del governo è quella di avviare il risanamento economico e finanziario, portando avanti riforme coraggiose e difficili. La missione del Parlamento sarà anche quella di riformare il sistema istituzionale che non funziona, come hanno avuto modo di sperimentare sia i governi di centrosinistra che quelli di centrodestra. Sono due facce della stessa medaglia: il superamento della crisi italiana richiede i provvedimenti urgenti che ci chiede l’Europa e alcune riforme economiche strutturali, ma anche una revisione del nostro sistema istituzionale che faccia funzionare il Paese, recuperando la capacità di decidere e di decidere velocemente».
Quindi in concreto che cosa propone, onorevole Franceschini?
«Il governo si concentrerà principalmente sul risanamento economico, il Parlamento, oltre a determinare quelle scelte — perché restiamo un regime parlamentare — si impegnerà non in una improbabile grande riforma costituzionale, ma su tre obiettivi precisi e raggiungibili entro questa legislatura, che cambierebbero il Paese. Primo, la riforma elettorale, che ci sia o no il referendum. Una riforma che restituisca agli elettori il diritto di scegliersi gli eletti e che liberi dal vincolo obbligato delle maggioranze forzose. Secondo, il superamento del bicameralismo e, quindi, la riduzione dei parlamentari, perché ridurli mantenendo tutti i difetti e le lentezze di un sistema a due camere non servirebbe. Terzo obiettivo, meno visibile, ma forse più rilevante: il cambiamento dei regolamenti parlamentari, il cui snellimento permetterà al potere esecutivo e legislativo di funzionare in maniera efficace».
E questi obiettivi dovrebbero raggiungerli insieme centrodestra e centrosinistra? Non è un programma troppo ambizioso?
«Paradossalmente proprio ora si possono creare condizioni mai avute. Quante volte abbiamo provato a fare delle riforme e non ci siamo mai riusciti: possiamo riuscirci ora perché non c’è più una contrapposizione tra maggioranza e opposizione, ma l’ottanta per cento del Parlamento sostiene il governo. Non significa che di colpo noi e il centrodestra siamo diventati alleati. Lavorare a questi tre obiettivi è anche un modo per uscire dalla pericolosa contrapposizione tecnici e politici. E in ogni caso dovremmo avere un interesse convergente a mettere in condizione, chi vincerà le elezioni, di riuscire a governare».
Onorevole Franceschini, Le manifestazioni sotto casa Berlusconi non sembrano però essere un buon viatico per un governo d’emergenza sostenuto da una larga maggioranza parlamentare.
«Quelle manifestazioni non erano organizzate da nessun partito di opposizione. E sono la coda di mesi e mesi di tensioni e contrapposizioni. Adesso non serve più scaricarsi reciprocamente le responsabilità. Adesso è necessaria la consapevolezza di ricostruire. Questa forma di collaborazione tra noi e il centrodestra, che è transitoria e necessitata, può contribuire a cambiare il clima di scontro. Io sogno un Paese dove gli avversari politici si scontrano sui contenuti, ma rispondono alle stesse regole e agli stessi principi di fondo».
Il Corriere della Sera 14.11.11