Ma le regioni chiedono uno slittamento. E il ministero ci sta pensando. La legge di stabilità ha abbassato i parametri per formare gli istituti comprensivi. La diffusione generalizzata di istituti comprensivi di scuola dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado sta subendo un rallentamento. Non solo per la decisa opposizione di alcune regioni, che hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale, lamentando l’intrusione dello Stato nelle loro competenze in materia di programmazione della rete scolastica territoriale, o per la posizione che la stessa Conferenza delle regioni e delle province autonome ha preso il 27 ottobre scorso, chiedendo che l’operazione sia distribuita lungo l’arco del prossimo triennio.
Lo stesso ministero, infatti, sembra incoraggiare discussioni e quindi possibili ripensamenti. Il sottosegretario Giuseppe Pizza, rispondendo a un’interpellanza, prima firmataria Maria Coscia, parlamentare del partito democratico, ha riconosciuto che «le operazioni relative ai piani di dimensionamento debbano essere svolte in tempi adeguati di consultazione tra i vari soggetti coinvolti», e non sono pochi, affinché poi le decisioni finali trovino «la più ampia condivisione possibile», ed ha affermato anche che il ministero è pronto «ad aprire in commissione (istruzione) un tavolo in vista di un migliore e maggiore funzionamento del sistema scolastico». C’è sicuramente necessità di capire meglio, giacché la generalizzazione degli istituti comprensivi su tutto il territorio nazionale prevista dal decreto legge n. 98 del luglio scorso sta per essere implementata dalla legge di stabilità del 2012. Se a luglio si prevedeva di costituire istituti comprensivi con almeno mille alunni e di assegnare un posto di dirigente scolastico titolare a quelli che ne avessero almeno 500 (300, se si tratta si istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche), ora la legge di stabilità, che sta per essere discussa al Senato, intende portare a 600 il numero di alunni per avere il dirigente scolastico titolare (400 negli altri casi). Gli istituti comprensivi, inoltre, non solo saranno retti da un preside reggente ma dovranno condividere con un’altra istituzione scolastica il direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga). Le regioni diligenti, che hanno già approntato i piani, dovranno così rivedere le loro decisioni quando la legge di stabilità sarà approvata, e se sarà approvata negli stessi termini nei quali è stata presentata. Tempi che si allungano, dunque, e che aggiungono argomenti favore della proposta della Conferenza delle regioni di una triennalizzazione del dimensionamento a partire dal prossimo anno scolastico, come in piena autonomia la regione Piemonte ha già pensato di fare. E non è secondario l’altro argomento introdotto dalla Conferenza delle regioni, secondo cui non è possibile ridurre il dimensionamento a una mera operazione finanziaria, trascurando gli aspetti didattico-organizzativi e pedagogico-educativi. La verticalizzazione delle scuole del primo ciclo, infatti, deve favorire prioritariamente, si legge in un documento della conferenza dei governatori presieduta da Vasco Errani, «la verticalizzazione dei percorsi educativi e la continuità didattica per una maggiore qualità dell’offerta formativa», come a dire che in determinate situazioni si corre il rischio di disattendere tale finalità se l’aggregazione diventa una «forzatura quantitativa».
ItaliaOggi 08.11.11