Un’altra settimana di fuoco per il governo. Forse quella fatale, a poco meno di un anno da quel 14 dicembre 2010, quando Berlusconi riuscì a salvarsi per tre voti. Il Calvario del governo inizia già domani, con il voto bis sul rendiconto di bilancio. Il Terzo polo punta, tra voti contrari e astensioni, a dimostrare coi numeri che il governo è minoranza.
E cioè ampiamente sotto l’asticella di 316 voti. Ma il Cavaliere, anche davanti a un risultato intorno (o ad- dirittura sotto) i 310 voti potrebbe restare asserragliato a palazzo Chi- gi. «Senza un voto chiaro di sfiducia non c’è trippa per gatti, quello resta al suo posto», ragiona un alto dirigente del Pd. A quel punto scatterà la mozione di sfiducia, che le opposizioni dovrebbero presentare tra stasera e domani, a cavallo del voto sul rendiconto, se avranno garanzie certe che almeno una decina di ribelli Pdl sono pronti allo strappo finale col premier. Ma la mozione, se sarà presentata entro domani, no si voterà comunque prima della settimana che inizia il 14 novembre, come recita l’articolo 74 del Regolamento della Camera. Dunque, la crisi vera e propria, se ci sarà, non dovrebbe prendere corpo questa settimana. A meno di un improbabile passo indietro di Berlusconi per favorire una transizione morbida a un suo fedelissimo, Letta o Schifani.
L’ipotesi Letta. Nelle intenzioni di chi la propone, sarebbe la soluzione più indolore per il Cavaliere, che potrebbe comunque gestire il percorso fino alle urne con un governo amico. Anche per la Lega sarebbe una delle pochissime ipotesi percorribili, per restare nell’ambito della maggioranza del 2008. Ma è Casini ad aver messo una forte ipoteca sul nome del braccio destro del premier, quando ha detto che «senza Pd non si ricostruisce l’Italia». Un paletto molto netto a un governo Letta che il Pd non potrebbe mai appoggiare. Di qui la rapida caduta delle chances dell’ipotesi Letta, che però non è ancora tramontata. Lo stesso sottosegretario sarebbe piuttosto recalcitrante, tanto che viene descritto come uno dei sostenitori, nell’ombra, dell’ipotesi Monti.
Governo Monti. Pd e Udc premono per un esecutivo tecnico, con un’ampia base parlamentare, guidata da una personalità super partes e credibile sui mercati. L’identikit perfetto di Mario Monti.Maquesta ipotesi sconta la forte avversità del Pdl e il netto no della Lega, che si preparerebbe a una dura opposizione.
Per Berlusconi sarebbe una Caporetto, ma molti tra le file dell’attuale minoranza ritengono che, una volta approvata la mozione di sfiducia, tra i parlamentari del Pdl ci sarebbe uno tsunami, e i voti per il ngoverno Monti arriverebbero copiosi. È una strada complicata anche dal punto di vista del Quirinale, perchè vedrebbe contrari i due leader che hanno vinto le elezioni
2008, Berlusconi e Bossi. Ma se il Pdl dovesse volgere in grande maggioranza le spalle al suo fondatore, Alfano potrebbe anche dare l’assenso all’operazione. Difficile che l’operazione decolli senza un ok del Pdl, pena l’accusa di “ribaltone”. Tra le opposizioni si confida che, con l’ok di una pattuglia di almeno una trentina di (ex) pidiellini, i numeri convincano il Colle a dare comunque il via libera.
Voto in tempi rapidi.
In caso di dimissioni del Cavaliere, il Quirinale farà comunque un tentativo conferendo un incarico esplorativo. Se questa esplorazione fallisse, non resterebbero che le urne, con Berlusconi a palazzo Chigi per l’ordinaria amministrazione (come Prodi nel 2008), oppure con Schifani alla guida di un governo elettorale. Questa ipotesi acquisirebbe peso nel caso in cui il Cavaliere riuscisse a frenare l’emorragia di deputati e a mantenere un saldo controllo del Pdl. Per Bossi, d’altra parte, sarebbe la via migliore: urne a breve con la possibilità di scegliere i futuri deputati (grazie al Porcellum) e regolare così i conti interni. «Si può votare anche a gennaio, il Viminale è pronto», ha detto ieri il ministro dell’Interno Maroni.
Bisogna infine considerare un’ultima possibilità, che appare
oggi ancora più remota: quella che il Cavaliere possa salvarsi in
Parlamento. Come il 14 dicembre, quando Berlusconi riuscì a
riattaccare i cocci del Pdl, a “rimotivare” i tanti delusi e a salvarsi dal voto di sfiducia. In quel caso la prospettiva è quella di una crisi pilotata a fine anno, dopo l’ok alle misure anti-crisi, per tornare alle urne amarzo. Con il Cavaliere in grado di controllare il gioco da palazzo Chigi: ma è un’ipotesi che diventa più irrealistica col passare delle ore.
L’Unità 07.11.11