Istituti accorpati Il Miur impone alle Regioni: 3.138 posti in meno. Molti i ricorsi Domande sbagliate nella selezione, la parola al Tar. Dalle classi pollaio alle scuole pollaio. È un pasticcio continuo la scuola pubblica dell’era Gelmini- Tremonti, e ancora una volta a farne le spese sono i presidi. Dopo la manovra di luglio che aveva stabilito che a partire dal 2011/2012 le scuole con meno di 500 alunni non potranno più avere un preside titolare ma saranno guidate da uno che già esercita in un altro istituto (con lo scopo di tagliare 1.812 presidenze e risparmiare 100 milioni l’anno) arriva un altro grossa sforbiciata. È contenuta nel disegno di legge di Stabilità, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 14 ottobre e ora in Parlamento per il via libera definitivo. Il ddl innalza ulteriormente il numero di alunni per scuola, “impone” gli istituti comprensivi per il primo ciclo (cioè elementari e medie), fa saltare 3.138 capi d’istituto (il31%degli attuali presidi) e altrettanti dsga (i vecchi segretari). Una operazione di riorganizzazione fatta senza alcuna esigenza didattica ma, come scrive lo stesso Miur, per rispondere a «finalità di contenimento della spesa e al raggiungimento dell’obiettivo della stabilizzazione della finanza pubblica », che stride con uno dei capi saldi del governo Berlusconi e della Lega: il federalismo. La competenza sulla rete scolastica è infatti delle Regioni. Quindici di queste hanno fatto ricorso. Viale Trastevere ha cercato di mettere una toppa inviando ai primi di ottobre una circolare in cui, pur riconoscendo che la materia è «competenza esclusiva»degli enti locali, invita i propri uffici periferici a sollecitare le Regioni «affinché venga data sollecita applicazione» alla norma prevista dalla manovra di luglio. «Le scuole sono sul piede di guerra perché non sanno quale sarà il loro destino – spiega la Flc Cgil – le famiglie non sanno dove andranno a scuola i figli e i Comuni non sanno dove prendere i soldi se i cittadini avranno bisogno di più scuolabus». «Questa operazione non ha alcun fondamento didattico», spiega ancora il sindacato che dice di non essere contrario a una razionalizzazione della rete scolastica che è anzi auspicabile ma se concepita seguendo le esigenze del territorio. «L’istituto comprensivo è un modello per la didattica, non è una cosa che si costruisce solo perché hai l’esigenza di tagliare presidi e personale amministrativo, non si possono accorpare gli alunni solo perché ne devi fare più di mille a tutti i costi per fare cassa ma seguendo esigenze educative e quelle territoriali, i legami con il quartiere sono importanti. Per questo – prosegue la Flc Cgil – noi chiediamo al governo la moratoria di un anno su questi provvedimenti ». Dello stesso avviso la responsabile scuola del Pd Francesca Puglisi, «l’ennesima sforbiciata pesantissima ai danni della scuola pubblica. Gli amministratori Pd stanno giocando questa battaglia in Conferenza Stato-Regioni. Noi siamo i primi a credere negli istituti comprensivi ma è inaccettabile che un progetto che serve a migliore la didattica si trasformi in una scuola pollaio solo per tagliare i presidi». Sgomenti i capi d’istituto riuniti nella Dirpresidi. Per Attilio Fratta, il presidente, «un dirigente non avrà mai modo di controllare una situazione così complessa come una scuola con 1800 alunni, è una follia, non è da paese civile. La Gelmini vuole sconvolgere un sistema e ha creato un manicomio». IL CAOS CONCORSO Ma a preoccuparsi non sono solo i genitori che non sanno dove gli bisognerà portare a scuola i figli il prossimo anno, o i presidi che dovranno gestire scuole-mostro di 1600alunni,ma anche gli aspiranti tali. Proprio quelli che nelle scorse settimane hanno cominciato il concorso tra mille polemiche (prima la pubblicazione delle domande sbagliate, poi il “sequestro” in aula per oltre 6 ore, infine la somministrazione di quiz- propaganda). Sono in molti infatti a pensare che tutti questi tagli metteranno a rischio anche i posti da dirigente a concorso. «Immissione vanificata dai tagli», dicono dal Pd. «Qualche effetto ci sarà», dice la Flc Cgil. Si vedrà fra due anni. Sarebbe l’ennesima beffa. L’ultima è stata infatti lo scoprire che anche fra i quiz somministrati durante la prova c’erano almeno 38 domande su 100 sbagliate. Come sospettavano gli esaminandi e come ha verificato l’Anief (l’Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione) tramite i propri esperti. L’ennesima figuraccia per il ministeromanonpriva di conseguenze. Se anche il Tar dovesse confermare gli errori e accogliere le centinaia di ricorsi, come se ne verrà fuori da questo pasticcio?
L’Unità 27.10.11