Quando chiudiamo questa edizione del giornale, siamo in bilico fra la crisi del governo e chissà quale altro pasticcio elaborato non per far uscire l’Italia dalla crisi ma solo per tenere inchiodato Berlusconi al suo posto. Un intero paese è schiavo dell’unica ossessione del suo premier: reggere all’assedio non più solo delle opposizioni, dei giudici, della stampa e dei mercati, ma ormai anche all’ostilità palese dei leader mondiali. Quei leader che ci possono stare antipatici – sono tra l’altro tutti espressione della destra europea – e si comportano in maniera inaccettabile, ma hanno in mano le chiavi di un aiuto che l’Italia non può più darsi da sola.
Non c’è un solo governo normale che, di fronte al bivio fra una decisione politica necessaria e il veto posto da un alleato, non cerchi fuori da sé la soluzione. La maggioranza di centrodestra italiana è l’anormalità assoluta di una coalizione che antepone a tutto neanche la propria salvezza politica – che sarebbe ancora possibile nonostante tutto – ma l’esclusiva angoscia personale del suo capo.
La provocazione che oggi lancia il nostro Montesquieu è la semplice rivelazione di quanto il re sia nudo: basterebbe che l’Italia venisse rappresentata nei vertici mondiali dal suo presidente della repubblica, invece che dall’attuale presidente del consiglio, e già le cose sarebbero molto diverse. Non sarebbe risolto tutto il problema, certo, ma quello fondamentale e preliminare della credibilità del paese sì. Nessuno si azzarderebbe a sogghignare. Nessuno emetterebbe diktat. Nessuno ci mancherebbe di rispetto.
Naturalmente il debito pubblico non diminuirebbe per ciò stesso di un solo centesimo, ma il giudizio sulla stabilità e l’affidabilità nazionale cambierebbe, gettando le premesse per ogni passaggio successivo. È una provocazione, dicevamo, ma illumina il quadro: fa capire fino a che punto il problema sia l’Italia in generale, e fino a che punto il problema sia l’Italia di Berlusconi.
In questo scorcio – ore concitate e confuse – si è di nuovo intravisto un nucleo di opposizione che è ormai maggioranza reale nel paese e si dice pronto ad assumersi la responsabilità delle scelte necessarie. È importante dare atto a Bersani, a Casini e agli altri di essere presenti al momento topico: non abbiamo molto altro in cui sperare.
da Europa Quotidiano 25.10.11
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“Stallo sulle pensioni. E spuntano 12 condoni”, di Raffaella Cascioli
Un condono ci seppellirà. Anzi, ben dodici sanatorie fiscali. Tante se ne contavano ieri sera nella bozza del decreto sviluppo entrata in Consiglio dei ministri, conclusosi con un nulla di fatto. Una bozza che il ministero dello sviluppo economico si è affrettato a smentire sostenendo essere del tutto infondate le notizie rilanciate per tutto il pomeriggio dalle agenzie di stampa sulla base di un testo messo a punto dai deputati Pdl Maurizio Leo e Guido Crosetto.
Un testo che raccoglieva i desiderata del Pdl e dei ministeri, ma che certo non era visto di buon occhio dal ministro dell’economia Giulio Tremonti che, insieme a Bossi, ha avuto un incontro tesissimo con il presidente del consiglio prima della riunione di governo.
Sul tavolo anche la riforma della previdenza. Sulle pensioni, tra le ipotesi sul tappeto, ieri sera Berlusconi ha insistito per anticipare al 2012 quota 97 (somma tra età e anni contributivi) per le pensioni di anzianità, per arrivare a quota 100 nel 2015 e all’abolizione successiva.
In alternativa, l’introduzione di quota 100 per le pensioni di anzianità già nel 2013 e innalzamento della vecchiaia a 67 anni. Ancora un nulla di fatto con Bossi pronto allo strappo. Se sulle pensioni si è litigato fino a tarda sera, nel pomeriggio per ore è circolata una bozza contenente una dozzina di sanatorie di tutti i tipi in grado di fare cassa subito (cosa che la riforma delle pensioni non potrebbe assicurare) e accontentare i palati più fini.
Alla faccia della martellante pubblicità pagata dal ministero dell’economia e dalla presidenza del consiglio (e dunque dal contribuente onesto) che da mesi vorrebbe far passare il messaggio che l’evasore fiscale è un parassita della società.
Dal concordato fiscale alla rottamazione dei ruoli, dalla chiusura delle liti pendenti alla regolarizzazione dei tributi locali e delle multe per i manifesti politici abusivi.
E ai tanti che evadono il canone Rai la possibilità di pagare 50 euro all’anno per regolarizzare la loro posizione. Nella bozza circolata del decreto sviluppo c’è anche una parziale deroga al patto di stabilità interno per i comuni, dato che è previsto che i proventi della vendita degli immobili pubblici siano impiegati dagli enti locali per le spese di investimento.
Ed ancora sarebbero in arrivo incentivi per l’assunzione di giovani disoccupati e agevolazioni contributive per i contratti di apprendistato. Sgravi Ires e Irap per opere subito cantierabili individuate dal ministero delle infrastrutture, la Tav diventa strategica e arriva l’approvazione unica del progetto preliminare per le opere strategiche da parte del Cipe.
Quel che emerge non è una chiara idea di paese quanto piuttosto un confuso frullato di misure che poco o nulla hanno a che fare con lo sviluppo. A cominciare dal taglio di stipendio in cambio di asili nido aziendali alla diversa ripartizione della legittima ai figli nei testamenti dei genitori (se passasse questa norma farebbe la differenza per i cinque figli di Berlusconi tra cui l’impero del Cavaliere potrebbe essere diviso a quel punto non in parti uguali); e ancora, dalle agevolazioni Iva per l’acquisto prima casa per i precari alla costituzione di società di professionisti.
da Europa Quotidiano 25.10.11