L’Europa non crede più a Berlusconi e la frase (con risatina annessa) con cui Merkel e Sarkozy hanno liquidato le rassicurazioni del nostro premier è quanto mai esplicita. Sono ormai poche le misure economiche che il governo può adottare per recuperare quel minimo di affidabilità necessario perché i ‘grandi’ d’Europa varino misure a tutela dell’Italia e della stabilità della moneta unica. Non avendo fatto nulla o quasi in questi anni, all’esecutivo non restano che provvedimenti drastici e socialmente molto dolorosi. Ecco le possibili misure in campo:
PENSIONI
In campo la famigerata riforma delle pensioni. Abolizione della pensione d’anzianità che consentiva, a chi aveva cominciato a lavorare molto giovane, il ritiro anche a chi era ben sotto la soglia dei 60 anni. Con la riforma in campo si punta alla quota 100: chi ha 40 anni di contributi dovrà comunque lavorare fino al sessantesimo compleanno. Per chi, invece, non ha tutti quegli anni di contribuzione, si dovrà aspettare quota 67 anni. La misura “pretesa” dall’Ue prevede anche una tendenziale equiparazione dell’età della pensione degli uomini e delle donne. Sono soluzioni che avvicinano l’Italia a quanto accade già in molti paesi europei, anche se va detto che, in quei paesi, spesso ci sono altre misure di sostegno sociale.
VENDITE DI STATO
Evocata più volte, ecco ritornare l’ipotesi di vendere il patrimonio immobiliare dello Stato: caserme inutilizzate da trasformare in terreni edificabili, terreni agricoli pubblici da mettere all’asta, edifici pubblici da razionalizzare e vendere. Gli immobili della pubblica amministrazione valgono complessivamente 368 miliardi: ma la parte ‘libera’ cioè quella non utilizzata direttamente dalla P.a. vale circa 42 miliari.
PRESTITI AGEVOLATI
Una delle idee circolate in queste ore (ma è tutto da verificare l’eventuale giudizio europeo su simili accorgimenti) è quella di “vendere” parte del debito pubblico italiano a fondi sovrani cinesi o arabi. A garanzia del debito il governo metterebbe i beni di pregio italiani. Non saremmo i primi, tra i paesi più industrializzati, a ricorrere a questa misura. Anche gli Usa, per fare un esempio, hanno già ceduto una grossa fetta del debito agli asiatici. Ma andrebbero valutati nel dettaglio i contorni di una simile misura.
TASSE PATRIMONIALI
Un grande classico delle proposte per fare cassa è quello delle nuove tasse. In particolare, tra le ipotesi c’è quella di una tassa “patrimoniale” sui grandi patrimoni in denaro o immobili delle famiglie più benestanti. Di questa tassa ci sono ipotesi più “morbide” e più “hard”, da un contributo dell’1,5 per mille annuo a chi ha più di 1,5 milioni di euro di patrimonio a chi propone (ad esmpio Amato) una misura molto più drastica, e per questo più risolutiva: un “una tantum” di 30mila euro da addebitare ad un terzo degli italiani, quelli più ricchi o che comunque possono riuscire a sostenere questa super-tassa.
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