«M’ assettu o cunsigghiu e soddi ggià pigghiu», dice una canzone ironica del cantastorie Antonino Caponnetto, in arte BriganTony: mi siedo al Consiglio e soldi già piglio. Tanti, in certe realtà. Fino ai numeri da capogiro di Agrigento o di Palermo, dove un consigliere comunale può arrivare, pare impossibile, a diecimila euro al mese.
Lo spiega, in una lettera a Raffaele Lombardo e all’assessore regionale al bilancio Gaetano Armao, l’avvocato agrigentino Beppe Arnone, storico avversario degli abusivi, da sempre vicino a Legambiente.
Il sistema delle indennità ai sindaci e agli assessori, come testimoniano i dati dell’Anci, è un caos. Certo, esistono regole di base. Ma poi le disparità da regione a regione possono essere abissali. Per capirci, il sindaco di Bolzano è di gran lunga il più pagato d’Italia, quello di Bressanone prende quasi 1.000 euro in più di quello di Milano e quello di Merano, proporzionalmente agli abitanti, guadagna 77 volte più di Gianni Alemanno.
Il nodo di fondo è che le regole generali sono ignorate nelle Regioni a statuto speciale. Dove il diritto all’autonomia è spesso interpretato come facoltà di deliberare prebende e privilegi altrove inarrivabili. Un solo esempio? Stando ai calcoli del quotidiano tedesco di Bolzano Tageszeitung, che nel 2008 pubblicò un articolo intitolato ironicamente «Poveri tedeschi», l’assessore alla sanità altoatesino guadagna più del ministro della sanità di Berlino.
Anche sui gettoni di presenza le differenze possono essere abissali. E dipendere dalle scelte, talora a capriccio, delle amministrazioni. Un caso per tutti, raccontato dalla Tribuna di Treviso: la moltiplicazione a San Vendemiano, il paese di Alessandro Del Piero, del «gettone» della commissione di vigilanza sui locali pubblici e spettacoli. Da 18 a 80 euro.
Ed ecco che un consigliere comunale di Milano prende 120 euro a seduta (sia del consiglio sia di commissione) per un massimo di 19 sedute al mese e uno di Roma sta intorno ai 70, uno di Bari 72 e uno di Livorno 55,78. Città «cugine» possono trattare i membri dei «parlamentini» in modo diversissimo: a Verona il gettone è di 160 euro (per un massimo di 1.446 al mese), a Treviso di 92,96 e a Padova di 45,90: quattro volte meno che nella città scaligera. Se la seduta va per le lunghe non ci paghi la baby-sitter.
Ma è in Sicilia, accusa Beppe Arnone, consigliere comunale nella città dei templi dopo aver sfiorato anni fa l’elezione a sindaco, mancata anche per certe «interferenze» («non avrebbe consentito di mettere più le “mani” di Cosa Nostra su Agrigento», ha rivelato un pentito) che il sistema mostra le falle più stupefacenti. Grazie alla «integrazione» dei gettoni con furbizie assai remunerative. Prendiamo il caso del consigliere più giovane di Agrigento, Giuseppe De Francisci. Al momento dell’elezione, scrive l’avvocato, era disoccupato. Neanche il tempo di entrare ed eccolo assunto. Da chi? «Dall’impresa della mamma, tale DEMA srl». Qualifica? «Dirigente». Stipendio: altissimo, per l’età.
Vi chiederete: cosa c’entra quel contratto? C’entra. Perché il giovanotto, assai impegnato in municipio («Il gettone di presenza è pari a 112,50 euro per ciascuna riunione» ma «in un giorno si possono fare anche tre o quattro riunioni e il gettone si moltiplica» fino a un «tetto massimo mensile pari a circa 1.500 euro») finisce per non avere il tempo per occuparsi dell’impresa di famiglia. Un danno che il Comune, colpevole di trattenere il ragazzo «per 14 giorni lavorativi al mese» impedendogli di fare il «dirigente» a tempo pieno, è costretto a pagare rimborsando all’azienda danneggiata, cioè la mamma del consigliere «ben 2.400 euro mensili». Totale del costo di Giuseppe De Francisci nel bilancio del Comune girgentino: «ben 4.000 euro al mese».
Un caso isolato? No. Anzi. A Palermo ad esempio, denuncia Arnone, la situazione è ancora peggiore. E sarebbero diversi i consiglieri, «cinquantenni che per il “bene della famiglia” hanno avuto la fantasiosa trovata di far moltiplicare dall’impresa privata, dalla cooperativa o dall’associazione sportiva da cui dipendono, l’importo del proprio emolumento. Prima della elezione a consigliere erano semplici impiegati, a poco più di un migliaio di euro al mese. Eletti consiglieri comunali, ecco per loro un mega contratto da dirigente. Lo stipendio si triplica, unitamente al “buco” nelle casse comunali».
Nel capoluogo siciliano, si legge nella lettera di accusa, gli omologhi di quel consigliere agrigentino preso ad esempio «sono oberati dalle attività di commissioni e affini (con tanto di gettoni di presenza e soprattutto rimborso dello stipendio) praticamente ogni giorno». E il gettone, qui, è ancora più sostanzioso: 156 euro lordi. Quattro euro meno che a Verona, ma con un tetto massimo doppio: «3.000 euro lordi al mese, più lo stipendio che il Comune rimborsa al datore di lavoro, pari a ulteriori 4-5.000 euro mensili, più il rimborso spese per l’eventuale trasferta».
Un certo numero di consiglieri comunali palermitani infatti, dice la denuncia, ha «scoperto che è più vantaggioso amministrare la città abitando in comuni della provincia. Strano, ma vero. Abbiamo consiglieri comunali di Palermo i quali, ad esempio, “abitano” nel comune di Cefalù». Va da sé che le spese per la benzina finisce per pagarle ancora il Comune. Risultato: tra rimborso dello stipendio dirigenziale per le assenze dal posto di lavoro, rimborso delle spese di viaggio e gettoni di presenza «vi sono consiglieri-vampiri che costano ai contribuenti oltre 10.000 euro al mese».
Ma lavorano, poi, queste commissioni perennemente riunite? Alcune, per carità, senz’altro. E sarebbe ingiusto fare di ogni erba un fascio: ci sono anche lì, nel consiglio comunale palermitano, persone perbene che si battono per contenere lo sfacelo finanziario di una città in ginocchio. E lo fanno stando alla larga dalle furbizie e magari anche rimettendoci.
Difficile però non restare basiti davanti alla «produttività», ad esempio, della commissione «Attività produttive» se è vero, come dice la lettera-denuncia, che «ogni anno costa ai contribuenti, di soli gettoni di presenza, una cifra prossima ai 300.000 euro cui devono aggiungersi i rimborsi spese degli “stipendi” e quelli delle spese di “trasferta”» per un totale di mezzo milione. Per produrre cosa? «Quattro pareri in quattro anni».
Il caso più clamoroso, però, sarebbe quello di Sandro Oliveri, appena subentrato sui banchi della Camera allo scomparso Ferdinando Latteri dell’Mpa. Vicinissimo a Raffaele Lombardo, così legato a un certo mondo da mettere nella home page del suo sito versetti biblici e da precisare di aver vissuto «la sua giovinezza senza vizi», Oliveri era, secondo Arnone, «contitolare con un congiunto di una piccola società di pulizie» dalla quale aveva «uno stipendio di meno di 2000 euro mensili». Appena eletto in Comune la paga sarebbe «vertiginosamente aumentata in pochi giorni sino a oltre 10.000. Tutte rimborsate dal Comune». Una coincidenza, sottolinea, davvero curiosa…
Il Corriere della Sera 23.10.11