Nessuna violenza di altri potrà toglierci dalla testa che le ragioni dell’indignazione stanno ancora tutte in piedi. E’ una protesta sacrosanta, perché è condotta in nome dei diritti che ad uno ad uno sono stati tolti a più generazioni, a coloro che si sono trovati deboli contro la crisi: donne, giovani, famiglie, pensionati. In nome di provvedimenti e decisioni da prendere che sono state aggirate, rimandate, sospese Contro privilegi ingiusti che non sono stati intaccati di un millimetro. C’è chi si farà forte della violenza, magari godendoci un po’ sotto sotto per dire ai più: “vedete? Sono solo dei violenti..non dategli conto alcuno”. Diranno: attenzione, chi protesta vuole sovvertire l’ordine, chi protesta vuole indebolire lo stato di diritto, la democrazia. No.
Chi protesta vuole recuperare per intero il diritto e la democrazia e quella violenza, quella dei black bloc, come anche quella di chi ha imposto in questi anni scelte sbagliate e scellerate, non ci appartengono affatto.
Non ci appartiene la prepotenza senza colore di chi si impone bruciando auto o spaccando vetrine. Di chi colpisce chi ha accanto.
Queste sono bestie feroci.
Ma nemmeno ci appartiene l’aver tagliato la cultura, non ci appartiene l’aver umiliato la scuola. Non ci appartiene l’aver offeso la nostra identità più vera: l’identità culturale e dei saperi. L’identità dell’essere l’uno all’altro solidali, di partecipare alla crescita collettiva cercando di aiutare gli ultimi, piuttosto che di premiare i primi. Questo difendiamo.
Speriamo di farlo in modo adulto e consapevole anche quando arriveremo alle urne, perché il vero giro di boa quello è. Incanalare lo scontento e l’indignazione entro i binari di una democrazia più sana e utile ponderando in modo attivo e partecipe le scelte, perchè è lì e non altrove che poi si misurano le azioni e le ricadute reali. Pretendendo una diversa politica e non cavalcando l’antipolitica o, peggio, la violenza.
Questo vuole chi è indignato: una diversa politica, lungi da noi l’idea di abbandonarla a chi non la merita. Magari augurandosi che se la prendano in mano in prima persona e non per conto di altri proprio coloro che l’hanno mal subìta in questi anni: giovani, donne e precari.
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