Punto primo. «Potete anche votare la fiducia a Berlusconi. Ma poi vi attendono molti, impegnativi adempimenti cui si deve corrispondere. Siete sicuri di potercela fare?».
Punto secondo. «Tocca a Berlusconi, d’intesa con Fini e Schifani e i capigruppo di camera e senato, trovare una soluzione per approvare il rendiconto di bilancio». Non che l’abbia detta così, Giorgio Napolitano.
Però è esattamente così che ieri, continuando a litigare su tutto ma concordando almeno su quest’univoca interpretazione, i vari pezzi dello sbrindellato Pdl hanno letto le due note del presidente della repubblica.
Il quale ha messo nero su bianco le sue severe osservazioni sulle preoccupanti e incerte conseguenze politico-istituzionali della catastrofica débâcle parlamentare della maggioranza sul rendiconto di bilancio, in un momento di grave crisi economica dell’Italia di Berlusconi, giunta a raschiare il fondo della sua ormai residua e infima credibilità internazionale.
È stata un’altra giornata convulsa per Berlusconi, quella di ieri, dopo la notte d’inferno a palazzo Grazioli: per cercare di tappare rapidamente la micidiale falla che s’è aperta nello scafo della bagnarola del governo, il premier s’è lanciato in un precipitoso voto di fiducia per dimostrare di avere ancora una maggioranza e che quello di due giorni fa alla camera è stato solo un incidente.
Amazzoni di Scajola
Berlusconi però s’è lanciato nel vuoto senza paracadute: cioè senza aver fatto i conti con la complessità del pasticcio tecnico-legislativo provocato dalle assenze dei suoi: in primis i Responsabili e poi la pattuglia di ufficiali del Pdl di Scajola, capo in testa, le due amazzoni di “Sciaboletta” Giustina Destro e Sabrina De Camillis e i colonnelli Testoni e Orsini.
Il punto è che le opposizioni ritengono che la portata del disastro sia tale da obbligare Berlusconi a presentare le dimissioni lasciando poi a Napolitano la decisione sul che fare: così indicano i precedenti dei governi Goria e Andreotti. Ma Berlusconi è terrorizzato da quest’ipotesi: teme che si aprirebbe immediatamente la strada a un governo Schifani e addio a poltrona e immunità varie.
Un Vietnam
Di qui il tuffo nel vuoto (oggi) e nel voto di fiducia (domani) sull’ennesimo fatuo discorso al parlamento, per blindarsi purchessia e guadagnare qualche altra settimana di vita al governo, mentre sul rendiconto bocciato non si trova un’intesa con le opposizioni che minacciano barricate, e Fini che sale al Colle per riferire al capo dello stato che Montecitorio rischia di trasformarsi in un Vietnam.
Al netto del groviglio legislativo, il nocciolo politico della situazione è racchiuso nelle parole di Napolitano che ieri ha parlato di «acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell’adozione di decisioni dovute o annunciate» e ha chiesto a Berlusconi «una risposta credibile».
La risposta a chiacchiere ci sarà. Ma basterà? In altre parole, rischia o no di rimetterci le penne, Berlusconi, nel voto di fiducia di venerdì? Le reazioni del Pdl e soprattuto della Lega, letteralmente fuori dalla grazia di Dio perché Fini ha fatto perdere una giornata di tempo con le sue consultazioni, la salita al Quirinale, facendo slittare la fiducia a venerdì, la dice lunga sulle condizioni della maggioranza.
«Ci vuol far votare venerdì…è pericoloso, può mancare gente…», dicevano nel Pdl. Una maggioranza che crolla teme un voto che le mette in pericolo il weekend?
Tre passi nel delirio
La maggioranza ormai sragiona. Basti citare l’Alfano che ieri annunciava: «Berlusconi farà tre passi avanti: sviluppo, riforma fiscale e riforma costituzionale dello stato». Tre passi nel delirio, s’intitolava un celebre film horror.
Di cosa parlava Alfano? Sullo sviluppo è Berlusconi a dire di «non farsi troppe aspettative», la riforma fiscale l’ha bocciata la corte dei conti e le grandi riforme sono aria fritta: l’unica urgenza di Berlusconi è la prescrizione breve, legge ad personam per cancellare il processo Mills ed evitarsi una possibile condanna di qui a Natale. Nelle stesse ore in cui non riesce ad approvare il bilancio dello stato, Berlusconi ha spedito il Guardasigilli Palma al senato per vigilare sull’accelerazione del varo di un’«amnistia mascherata», la bollano così Csm e Anm, che manda al macero almeno 15mila processi.
Scajola intanto scava tunnel sotto i piedi di Berlusconi reiterandogli l’invito, con democristiana cortesia, a farsi da parte: in molti, spaventati dagli incauti accenni di Berlusconi e dei pasdaran all’eventualità di elezioni nel 2012 bussano alla porta di Sciaboletta. Che alza il prezzo col Cavaliere. Vorrebbe la poltrona di ministro di Tremonti e assicurarsi il controllo del Pdl per gestire le liste elettorali, strappandole di mano a Verdini. Berlusconi tergiversa: per lui Scajola è comunque nella lista nera. Sciaboletta e i suoi, che lo sanno, gliela faranno perciò pagare: la maggioranza, venerdì, si assottiglierà sadicamente di qualche numero. L’ultimo avvertimento al Cavaliere: il quale spera che i dissidenti sappiano fare bene i conti e che, per errore, non lo mandino a casa già domani.
da Europa Quotidiano 13.10.11