La concitata estate dei provvedimenti di politica economica del governo ha portato a un risultato paradossale: la legge delega di riforma fiscale, pensata come strumento per rilanciare la politica della maggioranza, è diventata lo strumento per reperire i 20 miliardi che ancora mancanoper raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Venti miliardi che, è bene sottolinearlo, contano per più di un terzo dell’intera manovra costruita con i decreti di luglio e agosto.
La forte contraddizione che si è venuta a creare fra l’obiettivo di uno sgravio fiscale e quello
del pareggio di bilancio è stata sottolineata con assoluta chiarezza nell’audizione ieri della Corte dei Conti, nella figura del suo presidente, alla Commissione Finanze della Camera.
La Corte sottolinea, in particolare, come i mezzi di copertura che erano stati originariamente pensati per finanziare la riduzione delle imposte sui fattori produttivi, e da cui ora dovrebbero scaturire anche i 20 miliardi che mancano all’appello, siano «incerti, limitati e talora superati dagli eventi». Sono superati, in tutto o in parte, perché già utilizzati a copertura delle manovre di luglio e agosto, sia la revisione della tassazione delle attività finanziarie, sia il recupero dell’evasione, ipotecato, da qui al 2013, per ben 35,4 miliardi. Anche all’aumento dell’Iva, pure previsto dalla delega, si è già fatto ricorso, con l’incremento dal 20 al 21% dell’aliquota ordinaria. E se è vero che non si possono escludere ulteriori interventi su questa imposta, che potrebbero interessare ad esempio le aliquote agevolate, è anche vero che, ci ricorda la Corte, essi avrebbero importanti effetti distributivi: l’onere ricadrebbe prevalentemente sulle fasce più basse di reddito, creerebbero tensioni inflazionistiche e potrebbero frenare i consumi. La principale fonte di copertura è individuata dal disegno di legge delega nel riordino della spesa sociale, previsto in un’apposita sezione riservata alla “riforma assistenziale”. Suonerebbe già un po’ azzardato pensare di poter risparmiare sulla spesa in campo sociale, in cui le statistiche di Eurostat ci pongono agli ultimissimi posti in Europa. Suona però sicuramente paradossale pensare di fare saltare fuori una fetta considerevole dei 20 miliardi richiesti dalle due deleghe, in aggiunta al finanziamento di uno sgravio fiscale, da una spesa che nel suo complesso vale poco più di 60 miliardi.
L’asso nella manica è allora rappresentato dal taglio alle agevolazioni fiscali. Si tratta di un provvedimento cui si ricorrerà comunque, secondo quanto previsto nei decreti estivi, in modo automatico, con tagli lineari fino al 20%, nel caso la delega non venisse approvata.
Come ho argomentato più ampiamente nella mia audizione alla Commissione Finanze della Camera (disponibile sul sito www.nens.it) il combinato disposto delle due riforme, fiscale e assistenziale, impedisce di fatto di utilizzare, all’interno del disegno di legge delega, il taglio alle agevolazioni come fonte di finanziamento. Queste agevolazioni (specie quelle in campo sociale) interessano infatti prevalentemente la disciplina Irpef, ma nella disciplina Irpef, secondo la riforma proposta dalla delega, varrebbe una clausola di salvaguardia (nessuno
dovrebbe pagare nel nuovo regime più Irpef di quanto ne pagava nel vecchio), che impedirebbe di fatto che tagli alle agevolazioni possano tradursi in un maggior gettito. Se però la delega non verrà esercitata entro il settembre dell’anno prossimo, i tagli lineari partiranno automaticamente. Con quali effetti ce lo dice ancora una volta la Corte dei Conti: si colpirebbero indifferentemente agevolazioni vere e proprie e trattamenti preferenziali che sono parti strutturali del prelievo, fra cui, ad esempio le detrazioni per carichi familiari, «che rappresentano una tutela minima dei nuclei familiari più deboli» e le detrazioni per lavoro dipendente che «suppliscono al mancato riconoscimento delle spese per la produzione del reddito». Nel complesso, i tagli lineari si concentrerebbero sui contribuenti che si collocano nelle classi di reddito meno elevate. Anche dall’analisi tecnica e misurata condotta dalla Corte
emerge quindi un quadro desolante della politica economica impostata dal governo: alla manovra mancano 20 miliardi, è illusorio pensare di trovarli con l’attuazione della delega
fiscale-assistenziale, ma il ricorso alternativo ai tagli lineari delle “agevolazioni” sarebbe profondamente iniquo.
L’Unità 12.10.11