Si allungano ancora i tempi per il varo del decreto sulla crescita. Alla fine di una giornata fitta di riunioni prima alla Camera, con Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e altri ministri, e poi a palazzo Grazioli con il premier e il solo stato maggiore del Pdl, ha preso corpo l’ipotesi di rimandare al 19-20 ottobre (al rientro del presidente del Consiglio dal Consiglio europeo di Bruxelles) il via libera del Consiglio dei ministri al provvedimento, in un primo tempo previsto per il 13-14 ottobre. Non è ancora sicuro invece che il varo posticipato riguardi anche la legge di stabilità, che dovrebbe vedere la luce prima del 15 ottobre. Anche se fin qui si è sempre parlato di una presentazione simultanea dei due provvedimenti.
E mentre le misure sulla crescita restano in stand by, continua la partita, non priva di tensioni, sui tagli ai ministeri (al centro degli incontri di ieri mattina a Montecitorio tra Tremonti e gli altri ministri), così come il pressing della maggioranza, Pdl in testa, sul ministro dell’Economia per ottenere misure strutturali e una “dote” lo sviluppo.
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Il vero nodo resta insomma quello delle risorse. «Abbiamo idee diverse sui soldi», dice sorridendo Tremonti di fronte alle assicurazioni del premier della concordia ritrovata con il ministro dell’Economia. Lo stesso Berlusconi conferma: «Fare le nozze con i fichi secchi non è facile». Al di là delle schermaglie, il decreto sviluppo è destinato a rimanere a «costo zero». Anche se il Pdl tenterà di imporre qualche intervento.
Non a caso, proprio in nome della collegialità e per esercitare maggiore pressione su Tremonti, al ministro Paolo Romani è stato affidato il compito di coordinare le proposte che comporranno il mosaico del decreto. Quelle al momento più gettonate sono l’anticipo dell’Ace, ovvero degli sgravi fiscali che investono in aumenti di capitale delle aziende già previsti dalla delega fiscale, e misure per garantire la certezza dei pagamenti da parte della Pa.
Ma il Pdl, per voce del capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, rilancia anche su due condoni (edilizio e fiscale) e una patrimoniale soft. Misure una tantum da adottare non subito ma prima della fine dell’anno, contro le quali si oppone però il Tesoro. Anche la Lega si attende un decreto più “pesante” rispetto agli interventi fin qui in cantiere: infrastrutture e pacchetto semplificazioni. Su quest’ultimo fronte l’unica certezza per ora è che il faro sarà rappresentato dal principio contenuto nel Ddl di modifica dell’articolo 41 della Costituzione in base al quale «è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato». Nella stessa direzione va l’intenzione di inserire nel Dl un nuovo taglia-leggi che elimini tutte le normative che nei vari settori impediscono l’applicazione immediata di questo principio.
Prima di definire il decreto, dovrà però chiudersi la partita sui tagli ai ministeri (7 miliardi nel 2012). Le tabelle sulle voci di spesa da cassare non sono ancora pronte. A lamentarsi sarebbero stati non solo Romani, Ignazio La Russa e Altero Matteoli ma anche i ministri Michela Vittoria Brambilla e Franco Frattini. Ma il Tesoro ha ricordato che i margini di manovra sono stretti.
Il Sole 24 Ore 07.10.11