«Le donne reggono il mondo», aveva scritto (su facebook), pochi giorni prima di morire, Antonella. E invece a loro quel mondo pieno di crepe, fatto di magliette da cucire per quattro euro l’ora in uno scantinato, è crollato addosso dischianto. E tra le macerie, ora, si alternano la pietà e la rabbia. Un bigliettino, dei fiori. Le lacrime e
l’ultima parola scritta a penna: «Addio». Addio ad Antonella: Antonella Zaza, 36 anni e una figlia già diciottenne. Addio a Giovanna Sardaro, trent’anni, che nella foto sua più recente stringe al petto una bambina di quattro anni, sua figlia. Addio a Matilde Doronzo, 32 anni, timida e triste in quello scantinato. Addio a Tina Ceci, 37 anni, la più “anziana” del gruppo. E addio anche a Maria Cinquepalmi, 14 anni, figlia del “principale”, Salvio, che su quel mondo si era appena affacciata. Chi piange una madre, chi la figlia, chi la compagna. Operaie, precarie, tessitrici. Donne che lavoravano in nero. Perché c’era la famiglia da mandare avanti. Perché non c’era altro, se non quello per campare. Barletta oggi si ferma per dare loro sepoltura. Ma è l’Italia intera che si dovrebbe fermare, di fronte a quelle esistenze spezzate. I calcinacci di quella palazzina sono le macerie di un paese che non sa difendere né il lavoro né la vita. Per questo oggi, Susanna Camusso, da segretario della Cgil, sarà a Barletta. Per questo ci saranno le donne di Senon ora quando. Con un mazzo di rose bianche e rosa. «Ci saremo per rispetto», suggerisce Valeria Fedeli, sindacalista della Fictem Cgil, ma anche “socia” fondatrice di Snoq: «E in silenzio, di fronte al boato che ha ucciso quelle giovani operaie, perché è la forza e la dignità di Antonella e delle altre, che ora che deve parlare al paese». Quella «morte annunciata» grida più dell’urlo che hanno lanciato loro nelle piazze di tutta Italia, a febbraio. «Cinque donne del sud sono morte perché lavoravano in nero in uno scantinato senza sicurezza», gridano quelle vite spezzate. «Vogliamo che la qualità del lavoro delle donne sia la stessa che c’è negli altri paesi d’Europa», fanno loro eco le donne di Snoq: «L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: ogni giorno uomini e donne nel nostro paese muoiono mentre lavorano, nel silenzio di troppi». Un nesso tragico quello che lega la Costituzione alla realtà che a Barletta oggi, ancora una volta, si piange. «E certo che il nostro dolore è anche per quel padre», il proprietario del piccolo maglificio di via Roma, che nel crollo, «ha perso sua figlia,male condizioni in cui lavoravano quelle donne è inaccettabile e dobbiamo dirlo forte», dice Luisa Rizzitelli, giovane Snoq cresciuta a cinquanta metri
da quella palazzina, «È una vergogna nazionale che si possa morire per un lavoro malpagato, in condizioni di legalità e di sicurezza inaccettabili per un paese che sidefinsice civile», scandiscono Roberta Agostini, responsabile donne, e Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. Anche loro oggi saranno a Barletta, per i funerali di quelle giovani operaie. A celebrarli sarà l’arcivescovo Giovan battista Pichierri, alle 15,30 in piazza Aldo Moro. In una città listata a lutto. Negozi chiusi, saracinesche abbassate (le scuole invece resteranno aperte). Barletta piange le sue operaie morte. Come la Chicago dell’8 marzo, all’inizio Novecento. «Sono loro le nostre nuove eroine», suggerisce Vittoria Franco (Pd), «la loro tragedia purtroppo è simbolica di quanto sta accadendo alle lavoratrici italiane in questo momento di grande crisi». Per questo Beppe Giulietti chiede che la Rai trasmetta quella cerimonia, religiosa e civile, in diretta. Mentre il vicepresidente e della Commissione d’inchiesta sugli incidenti e le morti sul lavoro Paolo Nerozzi (Pd) chiede che il ministro del lavoro Maurizio Sacconi «venga la più presto in Senato per riferire sulle cause che hanno portato al crollo dello stabile di Barletta e alla morte della quattro operaie e della bambina». Il Cnr fa sapere che sta studiando come ascoltare i palazzi, per prevenire altri crolli, anche le crepe hanno una voce. E la voce di Antonella e delle altre questo paese quando comincerà ad ascoltarla?
L’Unità 06.10.11