Una sfida lanciata dai Paesi del Sud del mondo a quelli a capitalismo maturo sul futuro del pianeta. Intervista a Francesca D’Ulisse, Responsabile America Latina. Il 6 ottobre il Partito democratico presenterà, con il Ministro degli Esteri dell’Ecuador, il “progetto Yasunì”. Ci racconti di cosa si tratta? Il Progetto che presentiamo al PD è una interessante e concreta iniziativa nel segno della tutela ambientale. Ma non solo: è anche una sfida che è lanciata dai Paesi del Sud del mondo a quelli a capitalismo maturo sul futuro del pianeta.
In estrema sintesi, il progetto prevede che l’Ecuador si impegni a NON sfruttare i giacimenti di petrolio scoperti nel territorio del Parco naturale Yasunì-ITT (tra gli 800 e i 900 milioni di barili di “oro nero”) in cambio della creazione di un fondo, alimentato dai contributi degli altri Paesi, per sostenere progetti a zero impatto ambientale e che facciano uso di energie pulite alternative. Si stima che il risparmio per la nostra atmosfera è equivalente a oltre 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Non mi pare poco! Il principio è elementare ma proprio per questo estremamente “rivoluzionario”: se, come si sostiene, la tutela del pianeta è un tema che riguarda tutti ed è ormai una emergenza, occorre che la comunità internazionale si faccia carico dei mancati introiti per l’Ecuador derivanti dal non sfruttamento di una importante risorsa presente nel suo sottosuolo. Da qui la creazione del Fondo sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Come ci ricordi, si tratta di un progetto che ha avuto largo appoggio internazionale, dall’Unione europea al Programma dell’ONU per l’ambiente, alla’Organizzazione degli Stati Americani. E l’Italia?
Una premessa è doverosa. Nel 2007 l’allora Presidente del Consiglio, Romano Prodi, discusse del Progetto Yasunì-ITT con il Presidente dell’Ecuador, Rafael Correa. Le cronache riportano che Prodi mostrò apprezzamento per la proposta e il suo contenuto e che si impegnò a proseguire i colloqui. Con la caduta del Governo, la cooperazione sul tema cadde nel dimenticatoio. Le notizie che abbiamo sono che, a latere della V Conferenza Italia-America latina, l’Italia firmerà un accordo di conversione del debito con l’Ecuador per un ammontare di 35 milioni di euro con lo scopo di finanziare il fondo delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile del parco. Con questo atto, l’Italia diventerà il primo contributore all’iniziativa. Mi pare una ottima notizia. D’altra parte, il tempo stringe: secondo i dati forniti dal capo dei negoziati del progetto, Yvonne Baki, che sarà nostra ospite, l’Ecuador ha raccolto fino a fine maggio 2011 solo 40 milioni di dollari, una cifra ancora lontana dai 100 milioni previsti per la fine del 2011. Il rischio è che nel 2012 si cominci a trivellare….
Quali sono il ruolo e l’impegno del PD nell’ambito di questa iniziativa?
Abbiamo constatato che nella comunità scientifica e accademica e dell’ambientalismo del nostro Paese, in pochi conoscono questo progetto. Il nostro primo obiettivo è, quindi, quello di informare. Ma non basta. Il fatto che siano proprio il Ministro per gli Affari esteri dell’Ecuador, Ricardo Patiño, e la Responsabile del progetto, Yvonne Baki, a parlarne nella sede del nostro Partito dimostra che al ruolo divulgativo si somma una precisa volontà politica di attribuire al dialogo con le esperienze più innovative dell’America latina un senso di priorità tra le priorità dell’agenda internazionale. Crediamo, tra l’altro, che questo sia un esempio concreto di un nuovo rapporto tra Paesi a capitalismo maturo e Paesi in via di sviluppo su una materia così importante qual è quella della tutela e della protezione delle risorse ambientali. Non solo. Crediamo che sia utile per tutti noi sviluppare un dialogo con un Paese sta sperimentando un nuovo modello di sviluppo “post crisi neoliberista”. Si parla tanto di un nuovo paradigma che superi la finanziarizzazione del sistema economico, di un ritorno al lavoro, di un nuovo rapporto tra uomo e ambiente: ebbene, l’adesione al Progetto Yasunì è un gesto concreto di chi sente l’urgenza di riflettere sulle origini della crisi e di immaginare un nuovo modello di sviluppo in cui uomo e ambiente siano in equilibrio. Non ci nascondiamo le difficoltà e alcune contraddizioni insite nello stesso progetto ma per questo vogliamo aprire un dibattito senza preconcetti e pregiudizi verso una iniziativa a cui, tra l’altro, il Governo italiano ha promesso un forte finanziamento.
La presentazione si tiene a margine della Conferenza Italia-America latina del 5 e 6 ottobre. Qual è lo stato delle relazioni fra l’Italia e l’America latina?
Direi che le relazioni sono buone. Il che non significa che siano soddisfacenti. Al contrario. Mi spiego meglio: il nostro Paese avrebbe tutte le caratteristiche per sviluppare questa relazione nel migliore dei modi. In un’ipotetica agenda post crisi dovrebbero essere al centro del dialogo politico la definizione delle nuove regole dell’economia, la partnership politica, i temi ambientali fino al nuovo ruolo della donna come motore di crescita e di sviluppo. La realtà è che l’Italia non riesce, in questo momento, a esprimere una leadership credibile e autorevole e manca di una visione politica di medio-lungo termine. In particolare, duole constatare che il mondo economico e industriale italiano sia molto più avanti della politica nel continente a cui ci riferiamo. Dopo la primavera delle relazioni Italia-America latina (con il lavoro svolto nel secondo Governo Prodi, dal Ministro D’Alema e dal suo Sottosegretario per gli affari con il continente, Di Santo) è arrivato l’inverno del governo di Silvio Berlusconi, con una crisi economica e finanziaria dei paesi sviluppati che ci ha ancora più marginalizzati da un sistema di relazioni internazionali in grande mobilità e con nuovi protagonisti. D’altra parte, in questa assenza totale dell’Italia dagli scenari che contano, per lo meno il Sottosegretario Vincenzo Scotti ha visitato molti Paesi del continente latinoamericano. Che dire di un governo che in tre anni non è mai andato in Cina o in India? Ma forse è stato meglio così….
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