Da quando è scoppiata la crisi, analisti, governi e consiglieri dei governi concordano sul fatto che senza crescita non è possibile affrontare con successo i problemi della riduzione del debito pubblico e della lotta alla disoccupazione. Il Governo sta predisponendo un decreto per lo sviluppo i cui contenuti non sono ancora noti e tutti sottolineano come sia necessario coniugare provvedimenti per la crescita con la necessità di mantenere, anzi migliorare, la situazione dei conti pubblici. Tuttavia si è detto poco di un’altra fondamentale condizione riconducibile a quello che viene definito come “capitale umano” e che sarebbe meglio definire come “qualità, valori, comportamenti delle persone”.
Una condizione che si articola in tre dimensioni:
1) accettazione diffusa del principio di legalità sostanziale, cui anche il cardinal Bagnasco ha fatto riferimento in apertura della recente conferenza della Cei, sottolineando l’esigenza di «purificare l’aria»;
2) recupero della fiducia nel futuro, da parte dei giovani e dei meno giovani, da cui possono derivare in tempi brevi nuovo slancio imprenditoriale, orientamento all’innovazione (in campo tecnologico e di logiche politiche), scatto di orgoglio del Paese che in altri periodi storici ha consentito all’Italia di uscire da periodi altrettanto difficili;
3) rafforzamento delle conoscenze, competenze e capacità professionali, manageriali, organizzative necessarie per gestire l’economia reale, la finanza e la società divenute molto più complesse rispetto anche a un recente passato.
Proviamo ad approfondire quest’ultima dimensione, poiché è quella su cui si può intervenire in tempi brevissimi e con costi limitati. Prevedere incentivi per le imprese che vincono appalti per opere pubbliche o che sono disposte a investire capitali freschi in ricerca e innovazione può risultare inutile o addirittura comportare sprechi di risorse, se le stesse imprese o le politiche riguardanti la scuola e l’università non consentono di adeguare la qualità e l’atteggiamento delle persone.
Che dire poi dell’amministrazione pubblica, sottoposta alle pressioni per il contenimento della spesa e del disavanzo, nonchè alla richiesta di un più elevato livello di qualità ed efficienza dell’azione pubblica? Non bastano certo le politiche e i provvedimenti atti a collegare parte della retribuzione ai risultati e al merito. Occorre investire in efficaci programmi finalizzati a diffondere conoscenze e competenze relative all’impiego di nuove tecnologie nelle amministrazioni, all’introduzione di nuove modalità per la produzione e l’erogazione dei servizi, alla verifica dei livelli di soddisfazione dei cittadini e delle imprese, a valutare il personale, a realizzare un accettabile equilibrio tra incentivi individuali e riconoscimento dell’utilità del lavoro di gruppo.
Si assiste peraltro a una contraddizione evidente. I provvedimenti adottati nel 2010 e nel 2011, atti a “rassicurare i mercati finanziari”, hanno utilizzato la scure sulle spese per la formazione nelle amministrazioni pubbliche con la motivazione implicita, e molte volte esplicitata, che in questa voce spesso si annidavano e si annidano sprechi, risorse che finivano nelle tasche di amici e di amici di amici, qualche volta addirittura flussi di denaro che alimentavano situazioni di corruzione.
Questi fenomeni sono stati e sono presenti, ma non si può “buttare il bambino con l’acqua sporca”. Sono più che sufficienti i vincoli globali di bilancio posti alle amministrazioni. Basta attivare un monitoraggio sui soggetti che offrono formazione e sulle caratteristiche dei programmi realizzati dalle amministrazioni per individuare sintomi di “acqua sporca” e segnali di “bambini” (formazione di qualità) da salvaguardare e, anzi, da promuovere. Bloccando o rendendo sempre più difficile la formazione si corre il rischio che i dipendenti pubblici possano diventare “categoria svantaggiata” a riguardo del progresso. I vincoli sul saldo globale del bilancio, e non vincoli su singole voci, sono più che sufficienti per responsabilizzare, mantenendo un’autonomia e flessibilità da parte di chi ha veramente intenzione di promuovere la crescita e lo sviluppo tramite il rinnovamento delle amministrazioni pubbliche.
Il Sole 24 Ore 03.10.11