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Istat: le coppie sposate con figli sono ormai solo il 36,4% delle famiglie

Dal 1998 ad oggi sono aumentale le persone sole, le coppie senza figli e le famiglie monogenitore, mentre sono diminuite le coppie con figli e le famiglie “estese”. Ad affermarlo è l’Istat, secondo cui le coppie coniugate con figli rappresentano ormai solo il 36,4% delle famiglie (erano il 46,2% nel 1998). Cresce dunque il peso delle nuove forme familiari: single non vedovi, monogenitori non vedovi, famiglie ricostituite coniugate e unioni libere nel complesso passano dal 16,9% del 1998 al 28,0% del 2009. La crescita di separazioni e divorzi è in gran parte alla base dell’incremento di questo tipo di famiglie. Il dato complessivo riguarda 6 milioni 866 mila famiglie e circa 12 milioni di persone, il 20% della popolazione, quasi il doppio rispetto al 1998.

I single non vedovi rappresentano più di un terzo delle persone che vivono in queste famiglie (34,6%), raggiungono i 4 milioni 157 mila e sono maggiormente presenti nel Centro-nord del Paese (23,2%), dove l’instabilità matrimoniale è maggiore. Rilevante anche il peso dei monogenitori non vedovi (1 milione 175 mila famiglie, per un totale di 3 milioni 260 mila persone). Mentre i single non vedovi sono soprattutto uomini, a capo delle famiglie monogenitori sono principalmente donne (86,1%).

Le famiglie di unioni libere sono invece 881 mila e coinvolgono un totale di 2 milioni 523 mila persone, considerando sia i genitori che i figli, e sono più diffuse nel Centro Nord del Paese e nei centri metropolitani. Le famiglie ricostituite coniugate sono invece 629 mila, per un totale di 1 milione 972 mila persone. Le coppie ricostituite coniugate sommate a quelle non coniugate sono 1 milione 70 mila, il 7,0% delle coppie.

Nel Nord del Paese, dove le coppie ricostituite sono anche più diffuse, maggiore è anche il peso delle coppie non coniugate. Nel 37,9% delle coppie ricostituite vivono figli di entrambi i partner e nel 12,9% vivono figli nati sia all’interno della nuova che delle pregresse relazioni di entrambi i partner. Infine, nell’8,6% delle coppie ricostituite si trovano figli solo della madre contro l’1,5% dei casi solo del padre. Nelle coppie ricostituite coniugate, i figli di ambedue i partner prevalgono rispetto alle non coniugate (43,4% contro 29,8%).

Nuove forme familiari, i numeri. Sono 6 milioni 866 mila i single non vedovi, i monogenitori non vedovi, le coppie non coniugate e le famiglie ricostituite coniugate. Vivono in queste famiglie 12 milioni di persone, il 20% della popolazione, dato quasi raddoppiato rispetto al 1998. Lo comunica l’Istat in una nota. I single non vedovi sono soprattutto uomini (55,3%), mentre i monogenitori sono in gran parte donne (86,1%). Le nuove forme familiari sono cresciute per l’aumento di separazioni e divorzi. Quasi 6 milioni di persone hanno sperimentato nel corso della loro vita la convivenza, considerando sia quelle che continuano a convivere, sia quelle che si sono sposate con il partner con cui convivevano, che quelle che hanno concluso definitivamente l’unione.

Le libere unioni nel 2009 sono 897 mila e rappresentano il 5,9% delle coppie. Sono più diffuse nel Nord-est, presentano un titolo di studio più elevato e una quota di coppie in cui ambedue lavorano piu’ alta di quelle coniugate. Diminuisce la quota di chi era deciso a sposarsi fin dall’inizio dell’unione e cresce la percentuale di ‘possibilisti’ (34%). Le convivenze prematrimoniali sono in crescita. Hanno raggiunto il 7,9%. Il fenomeno e’ aumentato e per le coorti tra il 2004 e il 2009: il 33% per i primi matrimoni e il 70% per i matrimoni successivi. Aumenta la durata di tale convivenza, che si consolida come “periodo di prova dell’unione”.

Nel 2009 sono 2 milioni 890 mila e persone che vivono con regolarità in un luogo diverso dalla loro dimora abituale per alcuni giorni dell’anno per motivi vari (lavoro, studio, stare con i familiari o altri motivi). Rappresentano il 4,8% della popolazione: il fenomeno e’ piu’ sviluppato tra i maschi (5,2%), tra i giovani di 20-29 anni (12,9%) e nelle isole (6,3%). La durata media del soggiorno altrove è di 155,5 giorni all’anno. I motivi di tale scelta vedono al primo posto il lavoro (30%). Seguono gli spostamenti per studio (20,3%), per stare con il coniuge/partner (12,2%) e per stare con i genitori (10,9%). Per i minori di 18 anni il motivo principale e’ stare con i genitori (59,6%); per i giovani e’ lo studio (l’80,8% tra i pendolari della famiglia di 18-19 anni). Nelle età centrali il motivo principale è il lavoro: tra i 30 e i 54 anni la metà dei pendolari della famiglia si sposta per questo motivo. Tra gli anziani di 65 anni e più prevalgono gli spostamenti per stare con familiari o parenti (51,8%); uno su cinque si sposta per motivi di salute (19,6%).

Si allunga la durata delle convivenze prematrimoniali. Complessivamente nel 2009 sono 5 milioni e 910 mila le persone che nel corso della propria vita hanno sperimentato una fase di convivenza con il proprio partner, sia approdando ad un’unione coniugale, sia rimanendo in una situazione “more uxorio” sia esaurendo la relazione, pari all’11,5% delle persone di 15 anni e più (erano 4 milioni e 35mila nel 2003, l’8,2% del totale). A ricordarlo è l’Istat, che sottolinea anche come l’esperienza di libera unione avviene in modo differente nelle varie zone del Paese. I livelli maggiori sono raggiunti nel Nord-est (16,7%), nel Nord-ovest e nel Centro (13% circa) e i minori nelle Isole (8,5%) e al Sud (4,4%).

Considerando tutti i matrimoni celebrati dalla popolazione vivente nel dicembre 2009, ma avvenuti in anni diversi, emerge che 1 milione e 635 mila di questi sono stati preceduti da convivenze, il 7,9% del totale. La convivenza ha riguardato circa la metà dei matrimoni successivi al primo e il 7% dei primi matrimoni di celibi e nubili. Il fenomeno è cresciuto nel tempo e, nelle coorti tra il 2004 e il 2009, ha raggiunto il 33% per i primi matrimoni e più del 70% per gli altri. La durata delle convivenze prematrimoniali si allunga nel tempo. La durata mediana di 2,2 anni tra i primi matrimoni è in crescita e ha raggiunto 2,6 anni per le coorti tra il 2004 e il 2009. Mentre tra le coorti 2004-2009 il 64,4% delle convivenze prematrimoniali presentava una durata superiore ai 2 anni, prima del 1974 la stessa percentuale riguardava una durata inferiore ai 2 anni. Tra i secondi matrimoni il fenomeno è attestato sui 5 anni anche nelle coorti recenti. Prima degli anni ’70 le convivenze prematrimoniali erano brevi e finalizzate direttamente al matrimonio.

Con il passare degli anni è cresciuto il modello convivenza come periodo di prova dell’unione. È raddoppiata, infatti, la quota di coloro che erano indecisi se sposarsi o no (dal 18% al 36,7%) e triplicata quella che non aveva previsto di sposarsi (dal 5,3% al 17,6%). Tra questi ultimi la percentuale di chi si è sposato perché il periodo di prova ha funzionato ha raggiunto nelle ultimi coorti il 55,8% dal 10,6% di prima del 1974. Nel Centro-nord il fenomeno delle convivenze prematrimoniali risulta essere più diffuso nel complesso; nel Mezzogiorno riguarda più le Isole (6,7%). Nelle coorti 2004-2009 il fenomeno riguarda la metà delle coppie del Nord-est e del Centro, il 40,6% di quelle del Nord-ovest (il 19,5% nelle Isole e l’11,9% del Sud). La convivenza prematrimoniale diventa sempre più un momento di passaggio prima del matrimonio soprattutto nel Centro-nord.

Anche i matrimoni religiosi sono toccati dalla convivenza prematrimoniale, sebbene il fenomeno riguardi di più quelli civili. Nei dati più recenti (2004-2009) si tratta del 50% dei matrimoni civili (con punte del 57,1% nel Nord-est e del 60,9% nel Centro) e del 26,8% di quelli religiosi. Soprattutto nel Centro-nord anche i matrimoni religiosi sono fortemente toccati da questa pratica: si arriva al 45,7% dei matrimoni religiosi del Nord-est.

da Redattore Sociale

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