Brutto risveglio, l’incredibile strage di Arpino. Bruttissimo, dopo i trionfalistici annunci di qualche mese fa, quando ci hanno detto che il numero dei morti sul lavoro nel 2010 si era fermato sotto quota mille. Come se 982 cadaveri fossero pochi. E la mattanza continua. Gli esperti diranno che in casi come quello di ieri entra sempre in gioco la «fatalità». Ci spiegheranno che le nostre regole in materia di sicurezza sul lavoro sono avanzatissime. E argomenteranno che il numero dei decessi da qualche anno è in calo progressivo. Almeno, di quelli ufficiali. Perché proprio questo è il punto: che cosa nascondono le cifre «ufficiali» sugli infortuni?
A proposito del drammatico incidente avvenuto in provincia di Frosinone è presto per dare giudizi. Ma è inevitabile trarre intanto una conclusione: guai ad abbassare la guardia sulla sicurezza in un Paese la cui ossatura è costituita da piccole e piccolissime imprese. Caratteristica che favorisce oggettivamente il diffondersi della piaga del lavoro nero e irregolare. Che automaticamente significa minore (quando addirittura inesistente) sicurezza. Non a caso le verifiche degli enti di previdenza e del ministero del Lavoro fanno sempre emergere percentuali allucinanti di irregolarità. Intendiamoci: non che i lavoratori regolari della grande industria siano in una botte di ferro, come dimostra la tragedia della Thyssen Krupp di Torino. Ma certo è che questo stato di cose, considerando che in Italia le «morti bianche» sono ancora ai massimi livelli fra i grandi Paesi europei, dovrebbe indurre a investire massicciamente nei controlli.
C’è invece il fondato sospetto che accada perfino il contrario: se è vero che fra gli effetti deprecabili dei tagli di bilancio c’è anche la riduzione delle ispezioni. Una analisi compiuta dalla Uil sui bilanci sanitari di alcune Regioni ha dimostrato che nel 2010 le spese per le attività di prevenzione della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro di competenza delle Asl hanno registrato un calo del 60% nel Lazio e del 75% in Abruzzo. Decisamente non era questo che intendeva il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lanciando qualche tempo fa un drammatico appello per le morti sul lavoro.
Il Corriere della Sera 13.09.11