“Un corpo in vendita: la violenza sulle donne e i media”con l’attrice Claudia Mori, Stefano Di Traglia – Responsabile della comunicazione del Pd, Marco Pontecorvo – regista figlio d’Arte, Marina Magistrelli – avvocato e senatrice del Partito Democratico. Incipit del dibattito tutto incentrato sulla polemica relativa alla fiction, o meglio a quello che avrebbe dovuto essere un ciclo di film prodotti da Claudia Mori con la sua casa di produzione Ciao Ragazzi, in co-produzione con Rai Fiction. Si tratta di quattro film che raccontano storie di donne vittime di violenza: “Troppo amore” firmato da Liliana Cavani incentrato sullo stalking, “La fuga di Teresa” di Margarethe Von Trotta, con la sceneggiatura di Andrea Purgatori, sulla violenza familiare, “Il segreto del web”, con la regia di Marco Pontecorvo, che affronta il tema dell’esibizione del proprio corpo a pagamento sul web e “Helena e Glory”, dello stesso regista, sullo sfruttamento della prostituzione dell’Est.
Un prodotto televisivo che non solo è stato ridotto di due episodi (i film avrebbero dovuto essere 6), ma è anche oggetto di un imbarazzante silenzio portato avanti dai vertici RAI sulla sua collocazione nel palinsesto annuale della rete, con una forte possibilità di slittamento di ben un anno. “Non sono molto convinta di questa scelta” dichiara l’attrice, “se fossi stata nei vertici Rai avrei gestito la questione diversamente, visto che si tratta di un prodotto di altissimo livello.”
La visione del trailer del film, proiettato in Piazza, porta a domandarsi sulla vera natura del paese che appare come un paese violento. “Assolutamente si”, conferma l’avvocato Magistrelli. E porta delle cifre: “il 20% della popolazione italiana è stata oggetto di stalking, ogni due giorni una donna muore per una violenza subita. E il 90% delle vittime conosceva l’aggressore.” Di buono però c’è che “lo stato e la legislazione italiana sono capaci di tutelare veramente le persone che hanno il coraggio di denunciare queste violenze”.
Pontecorvo tornando alla presentazione del suo lavoro ha definito comunque buono il clima sul set, in cui il tema coraggioso proposto è stato accolto da tutti gli attori, che hanno creduto fin da subito al progetto. “I film prodotti sono ottimi, e se ne è accorta anche la RAI, che come noi è rimasta contenta”.
La discussione sarà d’ora in avanti monopolizzata dalla questione RAI e i requisiti ritenuti auspicabili per un servizio pubblico di qualità. Di Traglia e la Mori si fanno voce di una diffusa preoccupazione relativa alla televisione di stato, definito “un servizio pubblico che rischia di essere senza pubblico, che commette un suicido lasciando scappare le sue migliori personalità. ” Insomma una televisione che aveva coraggio di osare e mandare in onda nuovi format e contenuti e che invece oggi da risposte vaghe, come quelle che ha ricevuto la produttrice: “non so se possiamo mandare in onda questa cosa, le faremo sapere”. Marina Magistrelli definisce l’industria tv un’industria che torna indietro, e quella dell’informazione come un insieme di meccanismi che distorcono e mistificano la realtà.
“Questo binomio ci cambia la vita in peggio”. Ma il paese secondo Di Traglia “è in grado di reagire, e in parte lo ha fatto: non si fa più tanto abbindolare da tg di partito e notizie inverosimili. Serve però maggiore partecipazione di tutti, non per forza all’interno di un partito ma sfruttando le numerose occasioni che la società offre”.
Il messaggio conclusivo lanciato dagli ospiti del dibattito verte essenzialmente su pochi ma significativi punti.
Claudia Mori auspica un mondo femminile che riesca a volersi bene, e una tv di stato finalmente libera dai meccanismi politici, con il coraggio e l’abilità di trattare al meglio anche i temi più spinosi e significati della nostra società. Idea fortemente appoggiata da Di Traglia e Magistrelli, che si auspica inoltre un ritorno all’impiego di risorse non solo finanziarie nel settore dell’innovazione tecnologica. “Speriamo si volti pagina”.
Redazione web Feste Democratiche – Francesco Gennari