Non sono mica politici. Sono prestigiatori. Uno è lì che si domanda che fine avrà fatto il dimezzamento dei parlamentari e quelli invece con un colpo di mano si dimezzano i tagli allo stipendio. Dopo aver votato senza battere ciglio l’anticipo dell’età pensionabile per le donne e l’inasprimento dell’Iva per tutti, i senatori prendono in esame l’unica parte della stangata che li interessi davvero: la riduzione delle indennità per i parlamentari forniti di un’altra fonte di reddito. La Manovra del 13 agosto (ormai bisogna specificare la data come sulle etichette dei vini) aveva previsto un taglio agli emolumenti del 50 per cento. Un atto di generosità scriteriata, ora sapientemente ridotto al 20% per la parte eccedente i 90 mila euro. Dai, basta il pensiero. D’altronde fra Iva, pensioni e supertasse per superpirla che non possono evadere, la nuova stangata era già sufficientemente sanguinosa. Perché infierire anche su una categoria disagiata come gli onorevoli con doppio lavoro? Avvocati, medici e commercialisti che lasciano sguarnito l’ufficio professionale per due, a volte addirittura tre giorni la settimana. E lo fanno per noi.
Diciamola tutta. I senatori si aspettavano che i cittadini indicessero una sottoscrizione popolare in difesa delle indennità. Ma il clima vacanziero deve averci distratti e così hanno provveduto direttamente loro, allestendo una raccolta di firme «bipartisan» per scongiurare l’attentato alle proprie tasche. Signore, non perdonare loro perché sanno quello che fanno. E continuano a farlo, pur sapendo che anche noi lo sappiamo.