Caro direttore, è entrata in vigore la legge Levi approvata in via definitiva al Senato sabato 20 luglio. La legge disciplina il prezzo dei libri e pone un tetto massimo di sconto del 15% sul prezzo del libro sia al dettaglio che per il commercio elettronico. Stabilisce alcune regole sulle promozioni. Si possono effettuare campagne promozionali stabilite solo dall’editore non superiori ad un mese, non ripetibili sulle stesse collane e ad esclusione del mese di dicembre. Lo sconto massimo sulle campagne è del 25%. Per le biblioteche e le scuole è possibile uno sconto massimo del 20%.
Questa legge che ha creato scontri e lacerazioni all’interno del mondo editoriale è finalmente stata approvata ed è un punto di partenza su cui librai, editori e altri operatori del mondo del libro, bibliotecari, insegnanti e quanti a vario titolo si occupano di libri e di lettura possono ripartire per arrivare a una legge più organica sul libro e la lettura di cui il nostro Paese ha bisogno. L’approvazione di questa legge ha scatenato polemiche che si sono levate da più parti e a cui bisogna provare a rispondere chiarendo alcuni passaggi non chiari a chi non è addentro.
Stefano Mauri (amministratore del Gruppo Gems) proprio a questo proposito sul Il Fatto del 26 agosto dice: «Confesso che se non mi occupassi da trent’anni di studiare il mercato del libro mi unirei con leggerezza al coro di voci che gridano allo scandalo di fronte a una legge, la legge Levi, che dal primo settembre restringe la libertà di sconto per i librai al 15%, proprio in tempi di crisi. Leggendo i giornali e i blog mi sarei fatto un’idea molto superficiale del problema». Quasi tutti i giornali hanno dato spazio alla polemica e non all’approfondimento.
La prima cosa da evidenziare è che in tutti i Paesi europei, ad eccezione del Regno Unito, il prezzo dei libri è regolamentato; in Francia e in Spagna lo sconto regolamentato è del 5%, in Germania non esiste sconto. Nonostante la flessibilità di sconti il nostro Paese è molto indietro rispetto a Francia e Germania come percentuali di lettori. Non sono gli sconti che fanno crescere i lettori ma le politiche di promozione della lettura che nei Paesi citati esistono e in Italia sono inesistenti. In Italia la metà della popolazione non legge neanche un libro all’anno ed è su questo che dobbiamo concentrarci. Quanto spostano i 1200 festival e i 18.00 premi letterari? Evidentemente poco, molto poco se la situazione è quella descritta.
Molti hanno sostenuto che questa legge salvaguarda piccoli e medi librai ed editori. Sono d’accordo solo in parte. Questa legge pone solo qualche regola che prima non c’era e riporta la competizione non sullo sconto ma sul servizio. Come può una libreria competere con Amazon o con un supermercato che arrivano a fare sconti del 35% laddove la libreria stessa acquista i libri con il 30%? Come può un piccolo editore con poche risorse rincorrere questa politica suicida degli sconti? La libreria deve potersi misurare sul servizio e non sullo sconto. L’editore sulla qualità del suo prodotto e non su quanto sconto fa. Finché in Italia non si riconosce il ruolo fondamentale delle librerie sul territorio al pari delle biblioteche continueremo a fare inutili dibattiti. In Francia si è arrivati ad assegnare un marchio di qualità alle librerie che rispondono a certe caratteristiche e sono un riferimento sia per l’assortimento che per la loro attività culturale.
E per allargare la base dei lettori c’è necessità di biblioteche, scuole e librerie che funzionino. Al Sud mancano biblioteche e librerie. Lo sviluppo di queste zone e la crescita economica sono legati alla modernizzazione sociale e culturale. Nelle statistiche recenti alti indici di lettura sono connessi ad alti indici di reddito. Quindi la promozione della lettura è un obiettivo strettamente connesso con lo sviluppo economico del nostro Paese.
Il lettore deve comprendere che le politiche degli sconti di questi anni spesso sono state aleatorie ed ingannevoli. Che senso ha lievitare i prezzi continuamente per poi continuamente ribassarli del 30% come è capitato in questi anni? E’ possibile per gli operatori essere in promozione continua?
Perché l’Italia non è capace di fare politiche nazionali di promozione della lettura e non riesce a fare una festa del libro sull’esempio di altri Paesi europei che potrebbe rappresentare un secondo Natale per gli operatori? Non siamo neanche capaci di copiare da chi fa meglio di noi. La Spagna ci ha superati da questo punto di vista. Se qualcuno ha fatto bene, perché non copiare? Questo lo diceva Bruno Munari.
* libraio indipendente
LA Stampa 03.09.11