Nel quarto anno della guerra contro la scuola pubblica è arrivato il tempo di interderci sulle parole. Quando il ministro dell’Istruzione Gelmini sostiene, com’è avvenuto ieri in occasione della conferenza stampa sull’inizio dell’anno scolastico, che sarà «regolare» significa che è confermato il blocco degli scatti di anzianità che colpisce docenti e personale amministrativo. Quando Gelmini afferma che la scuola è stata risparmiata da un nuovo tsunami di 11 miliardi di tagli alle spese dei ministeri previsto dalla manovra correttiva non dice il vero, salvo correggersi in tempo reale: il taglio all’istruzione ci sarà, ma non inciderà sugli organici e sul funzionamento delle scuole. Verrà riassorbito da una razionalizzazione della spesa: 700 milioni di euro ottenuti dalla digitalizzazione e 300 dalla rescissione dei contratti con le ditte esterne delle pulizie.
Non è la prima volta che questa cifra viene rivendicata dal ministro. Ammesso che sia vera, e non il consueto gioco delle tre carte, si può concludere che il «risparmio» sulla scuola sarà di un miliardo e andrà ad aggiungersi agli otto tagliati da Tremonti dal 2008. Ma non è finita qui. Sempre ieri Gelmini ha rivenduto alla stampa l’assunzione degli oltre 66.300 docenti (30.300) e personale Ata (36 mila).
La cifra è vera, ma nasconde un’altra realtà inquietante: le assunzioni annunciate nel biennio 2012-2013 verranno autorizzate dal ministero dell’Econonia. Quindi il numero massimo di assunzioni preventivate, 29 mila tra docenti e personale Ata, all’anno è solo una previsione e dipenderà dai capricci di Tremonti.
Il Ministro non si è soffermata nemmeno su un aspetto forse per lei minore, ma di sicuro sostanziale per i nuovi assunti: per effetto del blocco dei contratti per il pubblico impiego e del blocco degli scatti di anzianità, i nuovi docenti percepiranno un salario differenziale. Dovranno cioè aspettare sei anni prima di avere un aumento di stipendio. Per la prima volta nella scuola ci sarà una categoria di insegnanti, assunti regolarmente, che percepirà meno dei colleghi pari grado.
Quella dei neo-assunti è una vicenda che nasconde particolari ancora più imbarazzanti. E’ come se il governo avesse fatto una concessione e, dopo averla dovuta ingoiare, ha iniziato a vendicarsi complicando sempre di più modalità e condizioni vessatorie.
Tra gli oltre 66 mila posti elargiti, almeno 10 mila docenti verranno assegnati sulla base delle vecchie graduatorie.
Si tratta di una norma di dubbia legittimità costituzionale destinata ad aumentare il caos durante le operazioni di inizio d’anno. E non basta ancora: i docenti immessi in ruolo a partire dal 1 settembre non potranno spostarsi di provincia per i primi cinque anni.
Sempre nel saluto di inizio anno Mariastella Gelmini ha sottolineato che l’accorpamento degli istituti scolastici contenuto già nel decreto sviluppo non comporta la riduzione di 3 mila dirigenti scolastici, ma solo di mille.
Per capire questo concetto bisogna ricorrere ad un’equazione.
Se saranno mille i presidi ridotti, e si sopprimono allo stesso tempo 1100 scuole, mentre quelle che non avranno un preside saranno almeno il doppio – è la stima della rivista Tutto Scuola – il risultato è il seguente: ci saranno dirigenti che seguiranno due scuole allo stesso tempo. Se invece la riduzione fosse di 3 mila, il numero di scuole per dirigente scolastico potrebbe aumentare.
La vera chicca del discorso di ieri è stato l’augurio che Gelmini si è fatta a proposito del «rafforzamento del patto tra le generazioni, sperando che i ritocchi alle pensioni non penalizzino i giovani». Questa frase è stata pronunciata poco dopo l’affondamento della norma che sopprimeva il riscatto della laurea. «Non commento la retromarcia dell’esecutivo – ha commentato Gelmini – l’importante però è non creare un dislivello pensionistico».
Se ne faccia una ragione, il Ministro: quel «dislivello» resta, con o senza norma. In compenso, gli spin doctor di Viale Trastevere avrebbero potuto suggerirle che, almeno su questo punto, Gelmini aveva visto giusto. A nessuno però è venuta in mente un’idea così balzana.
Il Manifesto 01.09.11