Al di là dell’imbarazzante retromarcia sul riscatto degli anni di università o di leva ai fini della pensione, un caso in cui il dilettantismo e l’improvvisazione hanno sicuramente superato ogni limite, quello che colpisce in queste settimane di fine estate è un’impressione più preoccupante. Il drammatico scarto, cioè, fra la gravità dei problemi dell’Italia e il livello di consapevolezza politica, di competenza professionale e di responsabilità morale con i quali chi ci governa affronta una situazione certamente molto difficile.
Il nostro Paese, infatti, soffre di tutti i problemi finanziari, economici e sociali dell’Europa e dell’intero Occidente con l’aggravante di due cospicui handicap rispetto alle altre nazioni: un pesantissimo debito pubblico e un livello di crescita nettamente inferiore. Ridurre il peso del primo sui conti dello Stato senza innescare una recessione, anzi cercando di stimolare investimenti e consumi, è compito arduo, soprattutto in una società come la nostra, dove il potere delle corporazioni sulle scelte della politica è molto forte.
In queste condizioni, solo l’autorevolezza e la credibilità di una intera classe politica e, soprattutto, della sua espressione governativa potrebbe convincere i due fondamentali interlocutori, le istituzioni internazionali e i cittadini italiani, di essere in grado di fronteggiare la situazione. Occorre dimostrare ai primi di aver compreso la gravità dell’emergenza in cui si trova l’Italia e di avere la forza e il coraggio di imporre le misure indispensabili. Ai secondi è necessario parlare con la serietà che il momento richiede e non nascondere la verità, amara ma incontrovertibile: per riprendere il cammino della crescita sono necessari sacrifici, ma di tutti. Certamente graduati secondo le disponibilità economiche di ciascuno, senza illudere, però, che i problemi possano essere risolti con qualche estemporanea trovata punitiva contro chi è meno caro ai partiti della maggioranza o con le solite promesse di un radioso futuro in cui gli evasori saranno finalmente scovati e la politica sarà capace di tagliare i suoi costi. Promesse a cui ormai nessuno, neanche il più ingenuo, crede più.
Lo spettacolo che la politica italiana offre alle istituzioni finanziarie internazionali, ai Paesi partner dell’eurozona e soprattutto ai cittadini è, a dir poco, sconcertante. I due leader della maggioranza governativa, Berlusconi e Bossi, sono apparsi, nei giorni scorsi, silenti e persino defilati, proprio quando ci sarebbe la necessità di esercitare una guida energica, lucida, autorevole. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a suo agio nelle discussioni intellettuali sui destini del mondo, sembra patire un oscuramento preoccupante, non si sa se dovuto ai guai giudiziari che l’hanno sfiorato o all’offensiva che una parte del suo partito sta conducendo contro di lui. Con risultati, in ogni caso, negativi. Perché questa offensiva non è sufficiente per costringerlo alle dimissioni, ma è sufficiente per metterlo in grande difficoltà.
Questo sostanziale vuoto di una leadership all’altezza del grave momento in cui si trova il nostro Paese ha prodotto una confusione di idee assoluta, in cui la modestia delle competenze e l’irresponsabilità dei ruoli garantiscono una sfrenata libertà alla fantasia. Si avanzano proposte, come quest’ultima sugli anni di studio per raggiungere la pensione, senza calcolare le conseguenze economiche, valutare i rischi di incostituzionalità, comprendere gli enormi danni nel rapporto tra i nostri concittadini e lo Stato che una norma del genere avrebbe arrecato. L’unica preoccupazione sembra quella di scaricare i sacrifici su quella categoria che è più lontana dal proprio elettorato. Così il compromesso, soluzione inevitabile e anche accettabile quando riesce a evitare troppe ingiustizie, diventa una trappola, perché si trasforma in un veto di tutti contro tutti. Il risultato è inevitabile: la manovra non c’è più e i conti non tornano. Allora, almeno così pare, si dovrà ricorrere all’arma finale: l’aumento dell’Iva. Come tutte le armi finali, con effetti dirompenti. Sicuramente utili per garantire i saldi promessi all’Europa, ma rischiosi per i già modestissimi livelli di crescita economica del nostro Paese.
E’ comprensibile che un governo, qualsiasi governo, si preoccupi delle conseguenze elettorali, quando decide provvedimenti che comportano sacrifici. Ma è incomprensibile come non si capisca come questo modesto carosello di proposte, pasticciate e incoerenti, suscitino negli italiani una irritazione e una indignazione ben maggiore di quella che produrrebbe un serio appello alla responsabilità collettiva. Peccato che i nostri politici disprezzino così tanto l’intelligenza e la maturità di coloro che governano.