Su Filippo Penati continua il pressing di esponenti Democratici che gli chiedono di rinunciare alla prescrizione o di dimettersi dal consiglio regionale lombardo. E lo stesso Pd fa quadrato davanti alla sfacciataggine del Pdl, che con Gasparri, Cicchitto e Giovanardi si arrampicano su strani sillogismi e su spudorate considerazioni sulla prescrizione, quel toccasana che Berlusconi ha voluto imporre al Parlamento per evitarsi un buon numero di processi e di probabili condanne. Così la maggioranza, davanti alla richiesta del Pd verso il suo esponente (che si è autosospeso, pratica sconosciuta a tutti gli indagati del Pdl), insiste: «Non basta». Gasparri è al solito il più dozzinale: «Si scrive Penati, si legge Bersani». Repliche e controrepliche, finchè in serata giunge la notizia della querela che Walter Veltroni intenterà verso il capogruppo Pdl a PalazzoMadama.«Il sistema di potere dei Ds-Pd – aveva detto, a spanne, Gasparri – emerge con chiarezza dalle vicende di Sesto San Giovanni. Continuazione delle tradizionali vicende che hanno visto il principale partito della sinistra al centro di un sistema finanziario ricco di risorse e povero di trasparenza, per non dire altro. Bersani spera di farla franca come capitò ai suoi predecessori graziati dal Di Pietro magistrato che così, salvati dalla tangente Enimont i capi Pds D’Alema, Veltroni, Fassino ecc, si avviò verso la carriera ministeriale insieme alla sinistra a cui aveva garantito immeritata impunità». Giovanardi è sulla stessa nota, Cicchitto si allarga e vi legge una guerra di posizioni interna al Pd, con sfondo sulla «legge elettorale». Oltre all’iniziativa giudiziaria di Veltroni («da Gasparri affermazioni gravi, ancor di più visto che ricopre importanti incarichi istituzionali»), dal Pd rispondono ribadendo quella «distanza etica» che li distingue dal centrodestra. In particolare mettono in risalto l’ apertura di «un percorso interno», ovvero la convocazione, il 5 settembre, della commissione di garanzia. «C’ è stato il massimo rigore e la massima trasparenza dal nostro partito che – dice il responsabile
organizzativo Nico Stumpo – in queste ore è oggetto di attacchi da parte di forze politiche che hanno adottato sempre condotte ben differenti… con Verdini, Cosentino, Milanese e Brancher». «È partita purtroppo una campagna di sciacallaggio contro il Pd che – osserva Francesco Boccia – si commenta da sola». Il vicecapogruppo al Senato Luigi Zanda sottolinea la «malafede politica di chi da sempre ha garantito l’immunità a Berlusconi con leggi ad personam». Poi, in serata, i grossi calibri: «Il Pdl vuole delegittimare il ruolo di governo e la credibilità del Partito democratico per distogliere l’attenzione dalle difficoltà della maggioranza di fronte alla pesante e iniqua manovra di ferragosto. Noi invece non abbiamo affatto nascosto la testa sotto la sabbia, né alzato polveroni su complotti, né cercato di intimidire o fermare le indagini della magistratura. E abbiamo chiesto a Penati di distinguere la sua posizione da quella istituzionale e di partito ». Così, in una nota, il presidente dell’assemblea nazionale del Partito democratico, Rosy Bindi. E il vicesegretario Enrico Letta ha ribadito: «Non c’è dubbio che Filippo Penati debba rinunciare alla prescrizione. Sta qui la differenza tra il nostro atteggiamento e quello di altri: da noi chi viene toccato da vicende così fa un passo indietro, si deve dimettere e far processare; altri diventano ministri. C’è una differenza di fondo. Per noi non deve rimanere alcuna macchia su questa vicenda».
L’Unità 39.08.11
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“PRESCRITTI E SMEMORATI”, di Pietro Spataro
Non può restare nemmeno la più piccola ombra. Non si può consentire che un sospetto possa offuscare il ruolo del Pd e creare disorientamento tra i suoi elettori e i suoi militanti. Per questo la strada che ha davanti Filippo Penati appare sempre più stretta. Le accuse dei pm sono pesanti Lo abbiamo detto sin dall’inizio: massimo rigore e massima trasparenza. Come ha scritto Alfredo Reichlin un mese fa su questo giornale un partito che ha l’ambizione di contribuire alla ricostruzione del Paese deve essere inflessibile. Finora ha cercato di esserlo: ha espresso fiducia nei giudici, ha spinto Penati a fare un passo indietro, ha convocato la Commissione di garanzia per valutare i provvedimenti da prendere. Ora, però, ci si aspetta che sia lo stesso Penati a fare gesti ancor più netti. Come si sa, si è autospeso dal Pd e si è dimesso da vicepresidente del consiglio regionale lombardo nonostante continui a professarsi innocente. L’accusa che resta a suo carico (cassata dal gip quella di concussione) è corruzione per la quale il reato è già prescritto. Una condizione che mette Penati al riparo dal processo.
Ma ciò che è sufficiente per un normale cittadino non lo è per un dirigente politico e tanto meno per un partito: Penati deve riuscire a dimostrare la sua completa estraneità. E a questo punto per farlo non ha altra strada che rinunciare alla prescrizione e presentarsi in dibattimento. Dopo che il Pd si è battuto contro la prescrizione voluta da Berlusconi, non sarebbe serio né ammissibile che un suo esponente se ne avvalesse o la considerasse quasi un’assoluzione. Certo, si tratta di una scelta difficile, perchè ognuno è solo davanti alla legge e valuta liberamente le strategie difensive. Ma è evidente che se una scelta del genere non venisse compiuta per Penati si determinerebbe una condizione di assoluta incompatibilità con il suo partito. L’etica, il rigore e la trasparenza sono questioni politiche di prima grandezza per chi vuole cambiare il Paese e si batte per l’equità e la giustizia. Anche per questo motivo Penati, per essere libero nel difendersi, dovrebbe valutare seriamente se lasciare il suo posto di consigliere regionale che ha conquistato con la fiducia di tanti elettori di centrosinistra che ora non sanno più per chi hanno votato. Sosteniamo questo dal primo giorno e lo ribadiamo in modo chiaro e netto affinché non ci siano equivoci. Ma la girandola di dichiarazioni di autorevoli esponenti del centrodestra che ieri ha vorticato sulle agenzie o i titoli di certi giornali (quelli di famiglia e non) che hanno già scritto la sentenza definitiva e accusato tutti i leader dal Pci al Pd delle peggiori nefandezze, sono davvero indecenti. Sentire usare argomenti giustizialisti da quelli che hanno difeso Berlusconi ad ogni processo, ad ogni rinvio a giudizio o ad ogni accusa gridando contro i «giudici comunisti» fa impressione e dimostra a quale livello di spregiudicata demagogia si sia arrivati nell’era berlusconiana. Sentirli tuonare contro «Penati salvato dalla prescrizione» fa ancora più impressione visto l’uso che di quello strumento (ostinatamente voluto) ha fatto il premier. E vederli accusare il Pd per la sua debolezza contro la corruzione è ancora più sorprendente visto il numero di esponenti del centrodestra che, in presenza di inchieste giudiziarie, accuse e rinvii a giudizio, hanno fatto carriera diventando persino ministro. E’ una schiera di smemorati questa che si muove disinvoltamente sulla scacchiera della politica e opera cambi di fronte senza alcuna vergogna. Avremmo voluto sentirli prima moralisti o inflessibili fustigatori come Gasparri, Cicchitto, Giovanardi. O ancora i custodi della moralità come Belpietro e Sallusti. Ma erano altrove, tutti insieme impegnati fino allo spasimo a difendere il Capo dal complotto delle “toghe rosse”. Vedete, purtroppo così va il mondo dalle parti del Partito Personale. Nel centrosinistra che noi vogliamo, invece, si può anche chiedere a un dirigente che non è stato nemmeno rinviato a giudizio di rinunciare alla sua protezione processuale. Se a destra avessero usato lo stesso metodo, chissà come sarebbe andata la nostra storia. Verdini, Cosentino, Romano e imputati vari non avrebbero più alcun incarico. E Silvio Berlusconi, con il suo fardello di imputazioni (e con la prescrizione scambiata, anche dal Tg1, per assoluzione) non starebbe più a Palazzo Chigi. Solo fantasie, ovviamente: perché tutti in coro avrebbero gridato al tradimento del voto popolare. Non c’è niente da fare, il populismo genera brutti mostri.
L’Unità 29.08.11